giovedì,Marzo 28 2024

Figurine? No, figuracce

  l’editoriale di Federico Bria È arrivato il momento di non accettare più le piccole canagliate di chi ha assunto l’arroganza del “più furbo”. Se non lo facciamo ora, quando lo faremo? Domani potrebbe essere già troppo tardi. C’ero anch’io sabato scorso al pullman della Panini, contentissimo di accompagnare mio figlio in un mondo che

 

l’editoriale di Federico Bria

È arrivato il momento di non accettare più le piccole canagliate di chi ha assunto l’arroganza del “più furbo”. Se non lo facciamo ora, quando lo faremo? Domani potrebbe essere già troppo tardi.

calciatori_tour_2011_panini_tirC’ero anch’io sabato scorso al pullman della Panini, contentissimo di accompagnare mio figlio in un mondo che ha appassionato i giorni della mia adolescenza. Come molti genitori cercavo di ostentare distacco, dissimulando il riemergere di antiche passioni fanciullesche. Eravamo in fila da un’ora, quando, finalmente, siamo riusciti ad entrare nello spazio allestito per l’occasione. All’interno, tre ragazzi cercavano di arginare la passione dei cosentini. Dopo una prima sensazione, però, il senso di inadeguatezza ha preso il sopravvento. Davanti al bancone c’erano alcuni ragazzini. Il primo chiedeva figurine per se, per suo fratello, per suo cugino, per sua zia… “anche per mia nonna” ha aggiunto alla fine; il secondo aveva presentato talmente tante schede da far pensare ad un clan piuttosto che ad una famiglia; il terzo non si capiva bene cosa avesse inventato, ma l’espressione degli incaricati Panini la diceva lunga: “… ancora tu?”. Piccoli furbetti di periferia, insomma, che avevano individuato i punti deboli nella organizzazione Panini e ne stavano approfittando alla grande. La loro età media non doveva superare i dodici/tredici anni. Erano compiaciuti dal buon esito dei loro tentativi e, totalmente presi dal contare le figurine di cui entravano in possesso, non facevano caso al pubblico che stava intorno a loro. Avevano un sorriso meraviglioso, tipico della loro età. Tutto strideva, però. Non c’era alcuna allegria in quel pullman, ma solo la plastica dimostrazione del prodotto di una cultura, anzi di una sottocultura: quella del più furbo. Ridevano sotto i baffi che verranno, quei bambini. Ma quel che più colpiva era il palpabile senso di ammirazione con il quale gli adulti seguivano le loro gesta. Non so se fossero i genitori, non importa. Quel che più conta era il senso di ammirazione che esprimevano quegli adulti: “questi si che sono ragazzi in gamba!” sembravano voler dire con i loro sorrisi. Qualcuno, addirittura, li incitava a proseguire, come se stessero compiendo un gesto eroico. Che adulti saranno quei ragazzi e, se mai dovessero entrare in politica, come amministreranno la cosa pubblica? Lo sport, e tutto ciò che lo circonda, dovrebbe essere un ambito “protetto”, all’interno del quale apprendere valori veri come la lealtà, la cooperazione, lo spirito di sacrificio. Sono uscito da quel pullman amareggiato, compiangendo quei poveri ragazzi della Panini che avrebbero dovuto sorbirsi ore e ore di quello spettacolo, ma anche la mia città, che ormai si nutre di raggiri e stende tappeti rossi per truffaldini e ciarlatani. Ma non avrei mai pensato che si trattava solo di un’avvisaglia. Il giorno dopo, infatti, sfogliando il giornale, ho letto del vero e proprio saccheggio che hanno subito gli incaricati della Panini. Gli hanno letteralmente svaligiato il camion, in una orgiastica manifestazione di potenza. E dire che erano venuti qui per regalarci le figurine… Ma, che posto stiamo diventando? La città dei ruba palloni; nella quale mostrare i trofei arraffati è simbolo di un successo da ostentare. Cos’hanno ottenuto i saccheggiatori del pullman Panini? Null’altro che infangare il nome della città. Già, ma la maggioranza silenziosa sta perdendo troppe occasioni per farsi sentire e vedere. Per non restare che nel calcio, non ci si ricorda di proteste collettive di fronte al furto dei palloni durante le partite di allenamento, né di clamorose prese di distanza quando, come ad Eboli cinque anni fa, venne saccheggiato un bar suscitando la rabbiosa reazione dei residenti. La maggioranza di chi ci ha scritto dopo il gol di Biancolino a Foggia, non lo ha fatto per complimentarsi, anzi. E così, mentre siamo in procinto di assistere ad un’altra fine annunciata, riusciamo a perdere non solo qualche partita e, forse (finché è possibile, continuiamo a sperare…), il titolo sportivo. Perdiamo la faccia dinanzi ad uno specchio, quello della Panini, che rifletteva la nostra immagine lunga cinquant’anni. Dove sono finiti quei ragazzi che avevano voglia di cambiare il mondo e di andare in serie A? Non sono solo invecchiati, quello sarebbe naturale. Si sono modificati al punto da insegnare ai loro figli che non è bello stare uniti e lottare insieme agli altri per lo stesso ideale. Arroccati in miseri mondi artificiali, spinti da interessi  personali meschini, hanno costruito tante piccole bande, animate solo dalla voglia di accaparrarsi quello che gli capita a tiro. Tutto ciò è molto triste, molto più triste di ogni possibile retrocessione. Perché nello sport, come nella vita, si può vincere o perdere, ma non si dovrebbe mai perdere la dignità. La città dei furbi sta dilapidando un patrimonio fatto di onestà, capacità, probità. È ora che i cosentini onesti – intellettualmente onesti – che sono la stragrande maggioranza, la smettano di tollerare. È arrivato il momento di non accettare più le piccole canagliate di chi ha assunto l’arroganza del “più furbo”. Se non lo facciamo ora, quando lo faremo? Domani potrebbe essere già troppo tardi.