giovedì,Marzo 28 2024

E’ proprio una… palla

–l’editoriale di Federico Bria Quando si dice che il calcio è un gioco non si offende l’intelligenza di nessuno. Al giorno d’oggi, sarebbe difficile farlo credere a chi investe milioni di euro per la propria squadra o spiegarlo a chi è stato costretto a piangere una persona cara morta dentro o intorno a un campo

l’editoriale di Federico Bria
federico
Quando si dice che il calcio è un gioco non si offende l’intelligenza di nessuno. Al giorno d’oggi, sarebbe difficile farlo credere a chi investe milioni di euro per la propria squadra o spiegarlo a chi è stato costretto a piangere una persona cara morta dentro o intorno a un campo di calcio. Però è così.
Il calcio ha tanto seguito perché è discendente di uno dei più bei passatempi della vita di un uomo. E della storia, aggiungerei. L’uomo ha cominciato a giocare con la… sfera, ben prima di accorgersi di viverci sopra. Sarebbe bello tornare indietro nel tempo, anche se il rischio è quello di tralasciare troppe cose. Ma voglio correrlo, questo rischio e ci provo.Estremo Oriente – antichi documenti riportano che in Giappone, mille anni prima di Cristo, si praticava un gioco chiamato Kemari, in cui due “squadre” giocavano con una sfera. In Cina, invece, scavi archeologici recenti hanno portato alla luce palloni di pietra o, come il famoso esercito, di terracotta risalenti al neolitico. Un grande storico cinese cita il termine ju, che vuol dire pallone di cuoio. Ma all’origine pare non fosse una attività ludica, quanto, piuttosto, una esercitazione militare. Successivamente, nel Libro degli Han si legge che: “lo ju è fatto di pelle conciata, all’interno è riempito di materiale vario, si calcia per divertimento”. Pare che il libro contenesse anche un capitolo dedicato al gioco del pallone, ma non se ne trova più traccia se non nelle citazioni di autori successivi.America Precolombiana – I Maya giocavano a palla nello sferisterio delle stelle. Che fosse uno “sport” particolarmente seguito è testimoniato dal numero di impianti. Tra le rovine della città di Chichén ltzá sono stati individuati ben sette sferisteri per il gioco della palla. Ma come si giocava? Non sono stati tramandati veri e propri manuali e non garantiamo sulla incolumità finale dei partecipanti. Sembra certo che la palla, una sfera di gomma dura, dovesse essere infilata in un anello di pietra conficcato perpendicolarmente nel muro, una sorta di canestro posizionato a 90°. Non si poteva tirare con le mani, ma la palla andava colpita con gomiti, polsi, ginocchia, cosce. Diciamoci la verità: il risultato più probabile era lo 0-0. Era così difficile far passare la palla dentro al cerchio che il pubblico era costretto a tassarsi e pagare con abiti e preziosi chi ci riusciva. Da queste poche informazioni possiamo dedurre che il risultato più probabile era lo 0-0 ma che, per non correre rischi, gli spettatori se ne stavano alla larga.Antica Grecia – gli antichi greci giocavano con la palla e la cantavano anche, secondo i canoni di Omero. Chi non ricorda (?!?) che, mentre Ulisse si nasconde nudo dietro a un cespuglio, la bella Nausicaa giocava a palla con le sue ancelle? E Platone? Una “voce” ricorrente lo vuole particolarmente attento al gioco, soprattutto al valore educativo e alla capacità di mettere in evidenza la vera natura degli uomini.La sferomachia greca si declinava in diverse discipline, tra le quali l’Episciro potrebbe essere accostato ai moderni football e a rugby. Lo giocavano due squadre in un campo diviso da una linea centrale, chiamata skyros. Si trattava di giochi largamente seguiti dal popolo che, tuttavia, non furono mai inseriti tra le discipline dei giochi di Olimpia.Nella “tribuna Stampa” dei giochi olimpici o dei giochi pitici era seduto Pindaro, ma una delle cronache più belle legate ai giochi di palla ci è stata tramandata da un poeta della commedia di mezzo, Antifane, che nel 388 scriveva: “…Prese la palla ridendo e la scagliò ad uno dei suoi compagni. Ruscì ad evitare uno dei suoi avversari e ne mandò a gambe all’aria un altro. Rialzò in piedi uno dei suoi amici, mentre da tutte le parti echeggiavano altissime grida “E’ fuori gioco!”, “E’ Troppo lunga!”, “E’ troppo bassa!”, “E’ troppo alta!”, ” E’ troppo corta!” “Passala indietro nella mischia!”Insomma, una bolgia. Già allora…Antica Roma – anche i Romani si dedicarono ai giochi con la palla e importarono l’espisciro con la denominazione di Harpastum. Per la verità, i Romani non cambiarono solo il nome ma caricarono il gioco anche di una violenza fino ad allora poco usuale. Era una pratica diffusa soprattutto tra le legioni e, pare, che proprio alcuni legionari insegnarono questo passatempo ai britanni, al di là della Manica.Riguardo all’aplomb dei calciatori, doveva ancora essere inventato lo stile britannico.Inghilterra – Tra normanni e bretoni era diffusa la soule e l’hurling, lontani eredi dell’harpastum romano. In entrambi i casi si trattava di passatempi piuttosto violenti e pericolosi. Il martedì grasso a Chester, città fondata dai Romani nel 79 d.C., si praticava l’hurling. Ma il gioco era così brutale che le autorità erano spesso costrette ad intervenire con limitazioni o divieti.Il popolo, però, amava giocare rincorrendo una palla e questa pratica divenne così popolare che anche i poeti cominciarono a servirsene come strumento di captatio nei confronti del lettore. Shakespeare fa dire a Re Lear una frase incredibile. Nell’atto I, scena 4, il re insulta Osvaldo dicendogli, tra l’altro, “tu sporco giocatore di football”.Insomma, tra Omero e Antifane si perde la leggerezza e la leggiadrìa. Dopo Shakespeare, però, siamo pronti ai moderni giornalisti ultrà con tutto il loro apparato di violenza verbale.