giovedì,Marzo 28 2024

Speciale: I’m not a bad boy (III parte)

Pavone è onesto ed ammette: “Il calciatore fa ciò che più gli piace nella vita, è pagato per giocare e può permetterti lussi che purtroppo tanti onesti lavoratori non hanno”. Arcidiacono con la sua maglia fotoshoppata in mezzo a Matteini e Pavone Cosenza. In quella annata i rossoblù stupirono l’Italia facendo la voce grossa in

Speciale: I’m not a bad boy (III parte)

Pavone è onesto ed ammette: “Il calciatore fa ciò che più gli piace nella vita, è pagato per giocare e può permetterti lussi che purtroppo tanti onesti lavoratori non hanno”.

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Arcidiacono con la sua maglia fotoshoppata in mezzo a Matteini e Pavone

Cosenza. In quella annata i rossoblù stupirono l’Italia facendo la voce grossa in Serie B, e Cristiano Pavone, autore di tre reti, diventò ben presto uno degli atleti preferiti del San Vito. Genio e sregolatezza, l’esterno in campo rispecchiava il suo modo di essere. Un giocatore estroso, divertente e incisivo. Ci ha raccontato il suo modo di vedere il calcio e tutto ciò che gravita intorno a questo sport. Ora Pavone è un procuratore che lavora con i giovani. Sampirisi e Valoti sono solo alcuni dei talenti di cui si occupa l’ex calciatore milanese. Prima di partire però, è inevitabile parlare di Cosenza.
UN MONDO FANTASTICO. “L’esperienza in rossoblù la porto nel cuore e non la dimenticherò mai. Ho lasciato amici veri in città e sono stato accolto alla grande. In quella stagione riuscimmo a fare ottime cose, sfiorando risultati impensabili. Nella città dei Bruzi si viveva davvero bene. Fuori dal campo i tifosi ti coccolavano e nel campo pensavi solo a rispettare la maglia che portavi e a fare il tuo dovere. Quando sei messo nelle condizioni giuste per fare ciò per cui sei pagato, riesci ad esprimerti al meglio ed io ho avuto tanto dall’esperienza in maglia rossoblu.
BUONI O CATTIVI? “Credo che sia importante avere rispetto. Se in campo dai il massimo e fuori dal terreno di gioco fai la vita da atleta, puoi permetterti di vivere facendo ciò che ti piace. Spesso i calciatori sono nell’occhio del ciclone per alcuni comportamenti particolari fuori dal rettangolo verde. La spiegazione è molto semplice. Chi fa questo mestiere è un privilegiato. Fai ciò che più ti piace nella vita, sei pagato per giocare e puoi permetterti lussi che purtroppo tanti onesti lavoratori non hanno. Bisogna capire che è una fortuna avere questo tenore di vita e ricambiare chi ti dà affetto mettendo in ciò che fai il massimo della professionalità. C’è da dire però che anche i calciatori sono esseri umani con sentimenti e debolezze. Ormai le televisioni e le radio scovano tutti i particolari della vita dell’ atleta ma spesso non sanno cosa c’è dietro. Ogni gesto può essere esasperato e spesso si parla troppo e magari anche male di un episodio che vede coinvolto un calciatore. Ritengo che ci voglia equilibrio. In tutto ciò che si fa. E’ brutto usare questa parola ma chi guadagna calciando un pallone spesso è vittima dell’invidia di chi non capisce anche i sacrifici che ci sono dietro. Non si arriva facilmente a calciare campi importanti. Ci vuole abnefgazione e se un giocatore riesce a farlo può godersi anche quello che sta intorno al calcio. Sempre che abbia bene in testa il rispetto per le regole.
CROCE E DELIZIA. Pavone era uno di quei calciatori amati dalle tifoserie. Uno di quegli atleti a cui un allenatore difficilmente è capace di rinunciare. Il suo rapporto con i mister però non è mai stato difficile. “Ribadisco che nella vita privata chiunque può fare ciò che vuole ma è fondamentale apprezzare chi ti dà la possibilità di esprimerti al meglio. Io in campo davo sempre il massimo. A Cosenza ho sempre sudato la maglia e non mi sono mai risparmiato. Ero un combattente, non mi tiravao mai indietro. Il mio lavoro lo ho svolto al meglio ed un mister serio ed esperto questo lo riconosce. E’ chiaro però che se fuori dal campo fai una vita sregolata, il tuo rendimento ne risente e i problemi arrivano.
L’ALANO. “Voglio raccontarvi un aneddoto particolare che i tifosi del Cosenza ricordano sicuramente. Era un Cosenza-Siena di Serie B e la categoria maggiore riposava. Io segnai un gol pesante, il primo della gara, e andai verso la bandierina alzando la gamba e mimando il gesto del cane. Nelle tv importanti a livello nazionale misero l’accento sulla mia esultanza e fui pesantemente attaccato. La verità invece era diversa. Il mio alano stava morendo e come ogni persona che rispetta gli animali, soffrivo per questo. Era un tributo al mio cane, nulla di più, ma ne parlarono tante testate senza neanche chiedere cosa volesse significare. Con questo voglio dire che spesso un gesto non viene capito e si cerca magari anche di ingigantirlo per farne un caso. I calciatori non sono macchine. Hanno sentimenti, passioni ed emozioni. E come tutti le portano a volte anche in campo. Bisogna però sempre avere rispetto per tutti.
L’ESEMPIO.
Da professionista attento al panorama calcistico e non solo, l’ex calciatore milanese ha seguito la vicenda Arcidiacono e la chiave di lettura data all’accaduto risulta interessante. “Credo che il gesto sia stato brutto. Quando maturi, impari a vedere diversamente le cose e da papà ho pensato ai figli di Raciti. Hanno sofferto sicuramente tanto quindi ogni gesto che possa anche minimamente sfiorare il ricordo di una figura paterna è da evitare. Ritengo però che con il Daspo abbiano voluto dare un esempio. Punire il calciatore per lanciare un messaggio forte. Mi spiego meglio. C’è stato il derby fra Catania e Palermo e si mirava sicuramente ad evitare i gesti di qualche sconsiderato. In questo modo si è lanciato un messaggio importante. Io non sono nessuno per stabilire se il Daspo è un provvedimento giusto o meno, ma va letto sicuramente come un gesto per educare qualcuno”. La carriera di Pavone intanto si trasforma e parlare con lui è molto piacevole. L’ex calciatore ora è proiettato nel mondo dei procuratori ma non dimentica il passato. “Voglio salutare l’intera città. Non dimenticherò mai le esultanze sotto la curva e una tifoseria spettacolare. Li saluto con piacere e quando penso a Cosenza sorrido”.  (Francesco Palermo)