giovedì,Giugno 19 2025

Siamo senza calciatori adeguati? No, Cosenza senza un gioco ben definito

– l’editoriale di Piero Bria – Sotto la lente d’ingrandimento la rosa poco competitiva. Ma è l’allenatore a dare una mentalità alla squadra. E quando “provi a non prenderle” il rischio è di stravolgere l’autostima del gruppo.Il gol di Branzani che ha indirizzato l’incontro del Puttilli sui binari sbagliati (foto Alosito)Se il credo di Cappellacci prevede

Siamo senza calciatori adeguati? No, Cosenza senza un gioco ben definito

– l’editoriale di Piero Bria – 
Sotto la lente d’ingrandimento la rosa poco competitiva. Ma è l’allenatore a dare una mentalità alla squadra. E quando “provi a non prenderle” il rischio è di stravolgere l’autostima del gruppo.
barletta-cs 1-o brnzaniIl gol di Branzani che ha indirizzato l’incontro del Puttilli sui binari sbagliati (foto Alosito)
Se il credo di Cappellacci prevede il “prima non prenderle” crediamo sia consigliabile, soprattutto da parte di Guarascio, far riflettere l’allenatore e cercare di rivedere un minimo i piani. Perché un anno fa era tutt’altro campionato. Cullarsi pensando che ci siano “squadre molto più deboli” è l’errore che potrebbe portare ad una catastrofe senza precedenti. Il Cosenza di Barletta è figlio della mentalità del tecnico e non della forza dei calciatori. Anche in questo caso nascondersi dietro frasi del tipo “la squadra non è adeguata alla categoria” è riduttivo e offensivo verso giocatori professionisti che hanno diversi campionati, seppur di serie C, alle spalle. Bisogna necessariamente capire che nel calcio non si vince sulla carta bensì sul campo. Non sempre si vince con i campioni, non sempre si perde con gli scarti. I risultati dipendono anche da come si gestisce una rosa e come vengono utilizzati i calciatori. Senza dimenticare l’aspetto preparazione, non indifferente. Analizzando la gara contro il Foggia e la successiva di Barletta sono diverse le considerazioni da fare. La prima riguarda il pacchetto arretrato. I terzini, spesso bloccati, raramente si propongono e quando lo fanno hanno gli spazi ingolfati dagli esterni d’attacco di cui uno (leggi Alessandro) parte da posizione arretrata dovendo macinare chilometri prima di arrivare in zona cross, mentre l’altro (leggi Calderini) è bravo a saltare l’uomo e molto meno a proporre palloni invitanti per i compagni. A centrocampo il Cosenza ha dei mediani statici e poco propensi ad inserirsi senza palla. Di questi solo uno (leggi Arrigoni) è tecnicamente superiore agli altri ma troppo lento a far girare palla o provare soluzioni alternative come il cambio campo o la verticalizzazione. In attacco, avendo già detto degli esterni, c’è il fattore punta centrale. Cori è fisicamente valido ma non è mai riuscito sino ad ora a proteggere la sfera per far salire la squadra. Non solo. Quando i compagni lo servono con palloni alti l’ex Venezia è pronto a spizzicare ma non trova nessuno pronto ad inserirsi negli spazi. E ci sarebbe tanto altro da dire. I discorsi da fare a Cappellacci sarebbero molteplici. In primis cambiare l’atteggiamento rinunciatario cercando di essere propositi e, anche con tre passaggi, cercare di arrivare nei pressi dell’area di rigore evitando giri palla snervanti e poco produttivi. Cercare di avere almeno un centrocampista uno capace di attaccare gli spazi (e se fosse Fornito?) e un altro pronto a verticalizzare. Se proprio Cori deve giocare bisogna cercare di avere un uomo di spinta pronto a guadagnare il fondo per crossare in area di rigore. Sovrapposizioni, verticalizzazione, movimenti senza palla, inserimenti. Il Cosenza non è senza giocatori adeguati, il Cosenza è senza un gioco. Che sia chiaro.
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