Caccetta, capitano dei giorni nostri
l’editoriale di Piero Bria –Anni fa essere capitano significava avere un ruolo fondamentale. Il capitano era il trascinatore, colui che identificava una squadra. Oggi di capitani veri non ne esistono più.Cristian Caccetta prima dell’inizio della partita contro la Salernitana (foto mannarino)Anni fa essere capitano significava avere un ruolo fondamentale. Il capitano era il trascinatore, colui
l’editoriale di Piero Bria –
Anni fa essere capitano significava avere un ruolo fondamentale. Il capitano era il trascinatore, colui che identificava una squadra. Oggi di capitani veri non ne esistono più.Cristian Caccetta prima dell’inizio della partita contro la Salernitana (foto mannarino)
Anni fa essere capitano significava avere un ruolo fondamentale. Il capitano era il trascinatore, colui che identificava una squadra. Oggi di capitani veri, quelli di appartenenza per intenderci, non ne esistono più. Non fa eccezione Cristian Caccetta dal quale tutti, il sottoscritto in primis, si sarebbe aspettato un comportamento diverso. Sono dell’idea che Caccetta sia un giocatore di categoria superiore. Già dalla prima gara, dai primi passi in maglia rossoblu, si capiva che aveva doti al di sopra della miriade di centrocampisti che gravitano in Lega Pro. La sua crescita è stata graduale e costante fino a trovare la fascia di capitano. Una fascia che era di Manolo Mosciaro (e la decisione ha pesato e molto sul comportamento dell’attaccante). E’ salito di grado il palermitano ma, probabilmente, controvoglia. Perché Cosenza per lui è di passaggio. L’ennesima storia di un calciatore che, dopo un infortunio, vuole rilanciarsi a prescindere dalla maglia che indossa. Fin qui nulla di particolare se non fosse per le dichiarazioni rilasciate da Caccetta al termine della gara di ieri sul “mal di pancia” dei giorni scorsi. Nessuno imputa al calciatore di “rubare lo stipendio” (sua dichiarazione al termine di Cosenza-Salernitana) ma quantomeno si richiede un atteggiamento consono al ruolo che gli è stato assegnato. Perché un minimo di gratitudine sarebbe cosa giusta visto che il Cosenza è stata l’unica squadra a credere veramente nella rinascita di un giocatore che veniva da un brutto e lungo infortunio. Credevamo in Caccetta e pensavamo che da lui potesse iniziare una storia diversa. Oggi, invece, dobbiamo constatare che Caccetta è uguale a tanti altri. Onorare la fascia che si indossa è doveroso nel rispetto della gente che ancora crede in un calcio romantico e fatto di condottieri che sudano per la maglia e trascinano un gruppo verso un obiettivo comune. Cosenza ha bisogno di certezze su cui puntare per il futuro. Di giocatori che sposano la causa e che (come avvenuto a Verona con Rafael o al Sassuolo con Magnanelli) consentono alla società di avere delle figure di riferimento idonee a creare un progetto dalle basi solide e duraturo. Credevamo che una di queste fosse Caccetta (insieme al giovane Fornito). Essere capitani al giorno d’oggi non fa differenza. E’ l’ennesima delusione di un calcio che non ci appartiene più e dove i soldi e la fama vengono prima di ogni cosa…a costo di ogni cosa! Triste ma dolorosamente vero…
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