Se la giustizia mette in crisi l’azienda. Ecco la storia di un imprenditore (innocente)
Il titolare di un’azienda di Colosimi nei giorni scorsi è stato assolto dall’accusa di truffa ai danni dello Stato. In realtà mancavano sin dall’inizio i presupposti per aprire un procedimento penale. I lavori erano pienamente in regola. La storia che vi raccontiamo oggi è di un imprenditore cosentino che negli ultimi anni ha vissuto momenti
Il titolare di un’azienda di Colosimi nei giorni scorsi è stato assolto dall’accusa di truffa ai danni dello Stato. In realtà mancavano sin dall’inizio i presupposti per aprire un procedimento penale. I lavori erano pienamente in regola.
La storia che vi raccontiamo oggi è di un imprenditore cosentino che negli ultimi anni ha vissuto momenti molto difficili a causa di un procedimento penale che l’ha visto coinvolto in prima persona, conclusosi con un’assoluzione piena nei giorni scorsi. A mettere in crisi la sua azienda, però, non furono le banche o la mancanza di lavoro ma un’inchiesta aperta dalla Procura di Cosenza a seguito degli accertamenti fatti dal Ministero dello Sviluppo Economico che nel 2009 segnalò presunte anomalie all’autorità giudiziaria per un finanziamento erogato a Filippo Mancuso, grazie alla famosa legge 488. I provvedimenti dei magistrati furono immediati e dal punto di vista investigativo molto duri, tanto da arrivare al sequestro e alla revoca di quel contributo statale pari a 600mila euro – come ha scritto pochi giorni fa il Quotidiano del Sud – che mandò in tilt tutta la gestione dell’impresa fino a produrre effetti negativi anche in quelle famiglie che erano alle dipendenze dell’imprenditore di Colosimi. A sette anni di distanza – e parliamo solo della sentenza di primo grado – Mancuso ha avuto ragione, portandosi sulle spalle tanti (e altri) sacrifici e soprattutto avendo dalla sua parte la certezza di aver fatto tutto in regola. Lo accusarono di aver non aver ultimato i lavori, ma in realtà il più fu fatto seguendo la norma che aveva permesso di ottenere quella grossa somma. Non dichiarò il falso, dunque, Filippo Mancuso così come hanno dimostrato i suoi legali Pasquale Vaccaro e Pietro Sammarco, soddisfatti della sentenza emessa dal giudice monocratico Alfredo Cosenza del tribunale di Cosenza. I collaudi tecnici – riteneva la pubblica accusa – avevano evidenziato la mancanza dell’allaccio elettrico, dei servizi igienici, delle celle frigorifere e dell’attacco della tubatura dell’acqua dalla rete ai macchinari, provvedendo di conseguenza ad inviare una relazione negativa alla banca che prima erogò e poi revocò il finanziamento. Un abbaglio in piena regola, poiché le uniche opere materiali non realizzate erano da considerarsi tutte non essenziali visto che riguardavano la pavimentazione in resina e l’impianto di riscaldamento. «Allo stato del collaudo – si legge nella memoria difensiva – l’impianto si presentava completo e con tutti i macchinari necessari alla produzione». E la questione relativa all’allaccio elettrico era da imputare esclusivamente a un problema burocratico dovuto agli accatastamenti dei terreni espropriati, i quali non furono comunicati dal Comune di Colosimi all’Agenzia per il territorio di Cosenza. Richiesta successivamente espletata, avendo ricevuto l’ok anche da parte dell’Enel. Insomma, la Fungosila Junior Srl e il suo titolare non commisero alcun reato. Ci sono voluti anni per accertarlo quando sarebbe servita un’indagine più approfondita per capire che le procedure prima e dopo il finanziamento erano state regolari. Un caso, quello descritto, in cui è la giustizia a piegare le gambe alla piccola industria. (Redazione cronaca)
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