venerdì,Marzo 29 2024

Operazione “Costa Pulita”, indagati anche due cosentini per intestazione fittizia di beni

Secondo la Dda di Catanzaro avrebbe fatto da prestanome al presunto boss Antonino Accorinti per evitare che a quest’ultimo fossero applicate misure di prevenzione patrimoniale. Ai due inquisiti è contestato anche l’articolo sette Ci sono anche due cosentini coinvolti nell’inchiesta della Dda di Catanzaro che nella giornata di ieri ha emesso un decreto di fermo

Secondo la Dda di Catanzaro avrebbe fatto da prestanome al presunto boss Antonino Accorinti per evitare che a quest’ultimo fossero applicate misure di prevenzione patrimoniale. Ai due inquisiti è contestato anche l’articolo sette

Ci sono anche due cosentini coinvolti nell’inchiesta della Dda di Catanzaro che nella giornata di ieri ha emesso un decreto di fermo nei confronti di 23 persone accusate a vario titolo di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni, detenzione e porto illegale di armi ed esplosivo. I pubblici ministeri Camillo Falvo e Pierpaolo Bruni hanno iscritto nel registro degli indagati anche Roberto Caruso, ingegnere, e il giovane Vincenzo Perugini. La pubblica accusa ritiene che i due si siano intestati fittiziamente alcuni beni per agevolare Antonino Accorinti, detto “Nino”, reale proprietario delle quote partecipative nella “Costadei srl”, società di costruzioni della quale detenevano metà delle azioni. L’ubicazione dell’azienda a Cosenza – ritengono gli inquirenti – «è un tentativo di mascherare la reale matrice briaticese» per evitare che al presunto boss fossero applicate misure di prevenzione patrimoniali. Ai due indagati viene contestato anche l’articolo sette. (redazione cronaca)

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