Diario di un curato di campagna, Don Tommaso Scicchitano si confessa
Intervista al parroco barricadiero di Donnici tra sesso, Vangelo e politica: “Su certi temi abbiamo usato Gesù soltanto come un bandiera”. Lo vedi arrivare coi guanti di pelle a cavallo della sua Honda e capisci da subito che don Tommaso Scicchitano, 40enne parroco di Donnici (piccola frazione di Cosenza), non è il più classico dei preti. Sarà per
Intervista al parroco barricadiero di Donnici tra sesso, Vangelo e politica: “Su certi temi abbiamo usato Gesù soltanto come un bandiera”.
Lo vedi arrivare coi guanti di pelle a cavallo della sua Honda e capisci da subito che don Tommaso Scicchitano, 40enne parroco di Donnici (piccola frazione di Cosenza), non è il più classico dei preti. Sarà per questo che è finito in diverse tesi universitarie e, soprattutto, al centro delle polemiche con la Curia e la politica per il suo impegno in battaglie a difesa dell’ambiente e della libertà di stampa. Diventò perfino un caso quando il suo profilo Facebook fu oscurato in seguito ad una presa di posizione contro degli striscioni omofobi esposti dai tifosi del Catanzaro nel derby con il Cosenza. Il tutto finì anche su Repubblica.it.
Quando ha deciso di diventare prete?
«Facevo le medie quando l’ho detto a mia madre per la prima volta, mi ha risposto: “Prima diplomati, poi fai quello che vuoi”. Per 5 anni non ci ho più pensato e ho preso il diploma da geometra, poi sono entrato in seminario».
Da quanto tempo è a Donnici?
«Ho concluso da poco i nove anni del mio primo mandato. Il vescovo lo ha rinnovato, ma ritengo che, per quanto io qui stia benissimo, un prete non debba stare troppo tempo nello stesso posto perché se sposa la parrocchia rischia di farne la propria bottega. Se io fossi stato in Nunnari avrei cambiato».
Potreste essere d’accordo per la prima volta da tempo… in passato le ha dato dell’agitatore sociale quando ha lottato contro il progetto di un centro per la raccolta dei rifiuti a Donnici: era così scomoda la sua battaglia?
«Qualcuno si sarà offeso perché facevo domande sui progetti del Comune. E in una società in cui la politica è incoerente tutte le domande sono scomode. L’ultima volta che ho parlato con Nunnari mi sembrava tutto a posto, non ho altro da dire perché ritengo di non aver fatto nulla di male. Non ho mai appoggiato alcun partito, nemmeno i parrocchiani più fidati sanno per chi ho votato. Ho cercato sempre di educare i donnicesi al rispetto delle istituzioni, ma le istituzioni mi devono delle risposte, come pastore e come cittadino. La Chiesa, poi, non deve essere distante dalla gente sui temi ambientali: Dio ci ha messo sulla terra come custodi del creato».
Fatto sta che si è creata una sorta di Don Camillo e Peppone al contrario, con un sindaco ultracattolico contrapposto a un prete a cui danno del comunista…
«Mai votato comunista, né tesserato al partito. Io ho rispetto per uno Stato che difende le libertà individuali di tutti e considero importante la proprietà privata: non direi proprio di essere comunista. Mi etichetta così la parte becera della politica che abusa della Chiesa. Non mi offende, anzi. Vista la qualità umana di tanti comunisti e visto il pulpito da cui mi criticano, mi fa pure onore. La parrocchia deve stare distante dai partiti, la gente deve pensare al crocefisso in chiesa.
Deve farlo anche in altri luoghi pubblici o è giusto rimuoverlo da tribunali, scuole etc. ?
«Vederlo levare mi dispiace perché lo considero comunque un baluardo di giustizia ed equità. Mi rendo conto che per qualcuno c’è però difficoltà ad accettarlo e, soprattutto, che su tante cose la Chiesa combatte guerre sbagliate. La battaglia non può essere sul crocefisso come simbolo, ma sul suo senso. Prendiamo la Sanità: dovremmo batterci per un modello di cura che sia cristiano, basato sulla misericordia, noi invece lottiamo per vedere nella stanza dell’ospedale il crocefisso. Mi rendo conto che per un cristiano vederlo sia una compagnia importante, anche io lo vorrei, ma credo che su certi temi abbiamo usato Gesù solo come una bandiera».
A proposito di Chiesa e ospedali, cosa pensa dell’aborto?
«Quello che è scritto nel Vangelo, sono contrarissimo. Credo, però, ci sia un problema d’approccio e che dobbiamo mettere al centro la responsabilità. Io farei di tutto per non fare abortire una donna, ma quel di tutto che significa? Non mi sento di poter dire a una donna di non abortire se poi la lascio sola. Da pastore non ne ho mai condannato una che ha abortito, perché mi sono reso conto che dietro c’era una storia che l’aveva costretta a pensare di farlo».
[quote font=”arial” font_size=”16″ bgcolor=”#” color=”#” bcolor=”#” arrow=”no”]«Dell’aborto penso ciò che è scritto nel Vangelo, sono contrarissimo. Non mi sento però di poter dire a una donna di non abortire se poi la lascio sola. Da pastore non ne ho mai condannato una che ha abortito, perché mi sono reso conto che dietro c’era una storia che l’aveva costretta a pensare di farlo»[/quote]
Ha anche celebrato il funerale di un suicida, non è vietato?
«Ho chiamato il vescovo annunciandogli la mia decisione e non ha battuto ciglio».
Domanda a bomba, viste le polemiche ricorrenti su ‘ndrangheta e processioni religiose: la Chiesa calabrese è corrotta?
«Direi una bugia se dicessi che il Vangelo è al centro di tanti ambienti ecclesiastici, ma non è questione solo calabrese: a Venezia, Taranto, chi ha corrotto i politici ha cercato di acquistare anche la benevolenza della Chiesa. Perché la Chiesa ha un ruolo nella società, ha potere, e chi vuole potere cerca la sua approvazione: non significa fare affari assieme, ma quasi…».
«Questo papa può cambiare davvero il Vaticano?
«Lo stile che porta avanti è molto chiaro. L’autorità deve essere affiancata dall’autorevolezza e quella si conquista con la coerenza. Noi invece, a volte, sembriamo una macchina politica che vuole acquistare rilevanza sociale agendo come se non esistesse il vangelo. Sono convinto che i religiosi e il potere abbiano poco da spartirsi, al di là del rispetto che dobbiamo alle istituzioni, ma vedo che c’è scollamento tra quello che dice il papa e quello che stiamo facendo».
[quote font=”arial” font_size=”16″ align=”left” bgcolor=”#” color=”#” bcolor=”#” arrow=”no”]«Io non mi scandalizzo se la Chiesa ha conti correnti voluminosi, ma mi chiedo: che ci fa con gli interessi? Quanto spendiamo per la carità? E quanto, invece, per accrescere il nostro potere?»[/quote]
Un esempio?
«La finanza: noi abbiamo immobili vuoti che non sono altro che beni da scambiare all’interno del circuito delle banche e altri che affittiamo senza sapere che fine facciano quei soldi. Io non mi scandalizzo se la Chiesa ha conti correnti voluminosi, ma mi chiedo: che ci fa con gli interessi? Cosa c’è dietro certi fondi? Ci sono le banche etiche, perché la Chiesa non mette i suoi soldi lì? Forse ha buoni motivi che mi sono oscuri».
Forse vuole entrare nel paradiso… fiscale?
«Io non toglierei nulla a quello che ha il Vaticano, ma cambierei il modo in cui gestisce il denaro. Marcinkus diceva che la Chiesa non si manda avanti solo con gli Ave Maria e io sono d’accordo, i conti devono tornare per tutti, ma noi in quel conteggio dobbiamo mettere anche il Vangelo: quanto spendiamo per la carità? E quanto, invece, per accrescere il nostro potere?».
Il “Diavolo” è il potere?
«Sì, ed è anche nella Chiesa. Nei piccoli paesini spesso il parroco ha un potere spropositato, se io mi mettessi a parlare male di qualcuno dall’altare potrei distruggerlo».
Dicono che lei lo abbia fatto…
«Mai. Tant’è che da qualche mese metto online le mie omelie a scanso di equivoci. Un prete non deve aderire a nessun partito, ma questo non vuol dire che io non mi debba interessare alla politica. Se incontro un leghista devo dirgli che sui temi dell’accoglienza non siamo d’accordo. Il Vangelo non si legge solo in chiesa, va portato nella società».
Lei per farlo usa spesso i social network: è una mosca bianca tra i parroci?
«La maggior parte dei preti usa Facebook come la bacheca della parrocchia. I social network ci mettono in difficoltà perché noi preti abbiamo gravi difficoltà relazionali, è inutile nasconderlo. Anche sull’omosessualità e il matrimonio dei religiosi non abbiamo risolto ancora il modo di rapportarci alla gente. Non siamo cresciuti emotivamente a volte».
L’obbligo di castità andrebbe tolto?
«Secondo me no, non si risolverebbe il problema. Io mi sento eterosessuale, ma non un castrato: anche un prete può vivere interamente la sua sessualità, che è anche psicologia, senza andare contro il celibato».
Nella Chiesa “si fa ma non si dice”?
«Non ci troverei nulla di scandaloso. Il problema è che i preti non si sanno relazionare e credo che lo farebbero male anche con una donna. La conquista affettiva noi non l’abbiamo mai sudata, mai fatta la fatica di innamorarci. A volte mi chiedo: come faccio a sapere di amare davvero Dio se non ho provato quelle esperienze?»
[quote font=”arial” font_size=”16″ align=”left” bgcolor=”#” color=”#” bcolor=”#” arrow=”no”]«Se scoprissi che il papa è gay non mi cambierebbe nulla, mi interessa solo sapere che prete sia»[/quote]
E l’omosessualità? Sposerebbe una coppia gay?
«Per me sono persone, prima che omosessuali, ma non posso dar loro il sacramento. Grazie a Dio ho ottimi rapporti con molti omosessuali dichiarati, li apprezzo e ci vogliamo bene. Spero che questo papa ci dia l’opportunità di aprire una discussione diversa su questi temi perché dobbiamo fare ancora passi da gigante. Ma davvero noi cristiani crediamo che non ci sia salvezza per i gay? Non credo, da qualche parte ci sarà un omosessuale santo che segue il vangelo anche meglio di me. Anche la scienza deve aiutarci. Io credo che lo studio delle questioni di genere sia il futuro della medicina e dell’etica cristiana. I preti omosessuali dovrebbero darci una mano ad affrontare questi argomenti, ma abbiamo paura di dire che ne esistono. Se scoprissi che il papa è gay non mi cambierebbe nulla, mi interessa solo sapere che prete sia. Per me oggi la Chiesa sull’omosessualità ha una proposta di vangelo monca: possibile che tutto si riduca al sesso? Dovremmo dire al mondo che una cosa così importante come il sesso non è tutto, ma non ci riusciamo perché non lo viviamo in modo limpido».
Influisce la centralità del peccato nella dottrina cattolica?
«C’era un prete in seminario che quando mi confessava chiedeva dove mettessi le mani a letto. Io rispondevo ridendo: “Dove capita”. Il problema non è dove le metto ma cosa ci voglio fare. Dobbiamo cambiare prospettiva. Basta con i “non fare”, “non dire”, “non toccare”… siamo legati a una proposta antiquata che può andar bene per le vecchiette che frequentano la messa feriale. Parlare della donna come angelo del focolare 50 anni fa aveva un senso, ora non è più sufficiente».
Ma se non fate nemmeno celebrare messa alle suore…
«Quella è una questione chiusa, all’ultima cena c’erano Gesù e 12 apostoli maschi. Il ruolo della donna se “facesse il prete” non risalterebbe per me. Io, però, sogno una Chiesa in cui alcuni ruoli di potere siano in mano a donne.
Quote rosa in Vaticano?
«Non mi sembra un’eresia, anzi, immaginare un po’ di cardinali donne, e sarei felice se papa Francesco facesse anche qualche cardinale laico visto che non è scritto da nessuna parte che possano diventarlo solo i prelati. Vorrei vedere in un primo Consiglio del vescovo anche madri di famiglia e non necessariamente suore. Auspico non solo quote rosa ma anche per i laici nei luoghi dove si discute l’indirizzo pastorale della diocesi. Quello è un luogo di confronto, ma forse la Chiesa pensa sempre di risolvere tutto tenendo nascosti i peccati che abbiamo… si è visto con i pedofili: invece di curarli li “aiutiamo” mandandoli a far messa ai chierichetti di un’altra parrocchia, perché un prete pedofilo fa vedere che la Chiesa è ferita».
Cosa vi impedisce di cambiare?
«La Chiesa è una casa così piena di insicuri che non ne hai idea: ci apparteniamo per trovare certezze, ma viviamo male».
Ha mai pensato di aver sbagliato diventando prete?
«I dubbi li hanno tutti, poi penso che ci sia il passaggio di Dio in tutte le scelte fatte. Il mio radicamento non è nelle battaglie che combatto, ma nelle esperienze spirituali che faccio: quando mi rendo conto che i donnicesi in questi anni hanno fatto un percorso come comunità e io gli ho fatto fare un pezzo di strada sono contento». (Camillo Giuliani)