venerdì,Giugno 9 2023

Il calvario (elettorale) del Pd calabrese: chi ha tradito Matteo Renzi?

di Antonio Alizzi  Parliamoci chiaro: il 10% delle persone che hanno votato “No” volevano difendere la Costituzione, il restante 50% ha deciso di mandare a casa il Governo. Appena Matteo Renzi più di un anno fa decise di personalizzare il Referendum Costituzionale si è messa in moto la macchina dei traditori che, radunati occultamente in

Il calvario (elettorale) del Pd calabrese: chi ha tradito Matteo Renzi?
  • di Antonio Alizzi 

Parliamoci chiaro: il 10% delle persone che hanno votato “No” volevano difendere la Costituzione, il restante 50% ha deciso di mandare a casa il Governo. Appena Matteo Renzi più di un anno fa decise di personalizzare il Referendum Costituzionale si è messa in moto la macchina dei traditori che, radunati occultamente in tutta Italia, hanno tirato il pacco all’ex presidente del Consiglio dei Ministri. Davvero credete che le percentuali calabresi siano figlie solo di un disagio dei cittadini? Davvero credete che i Big calabresi del Pd appoggiassero senza se e senza ma il “Sì”? Davvero credete che i consiglieri regionali del Pd e di liste vicine ad Oliverio, eletti nel 2014, avrebbero rinunciato a quasi 8mila euro al mese approvando la riforma costituzionale che tagliava gli stessi stipendi? Davvero credete che i renziani della prima ora non abbiano abbandonato la nave del “Sì” che affondava, passando tacitamente e concretamente nel segreto dell’urna – con il fronte del “No”? Loro, forse, hanno fiutato più di alcuni giornalisti l’aria che tirava in Calabria e in particolare in Italia. Hanno intuito che il popolo voleva mandare a casa Matteo Renzi che, obiettivamente, aveva l’1% di possibilità di vincere il Referendum. Le stesse che ha il Leicester di rivincere la Premier League. Eppure, l’ex sindaco di Firenze ci ha messo la faccia, gli altri invece hanno deciso di affiancarlo pubblicamente ma scaricarlo nel momento decisivo. Sono stati “costretti” a fare così perché il successore di Renzi doveva garantirgli un posto nel nuovo Parlamento e un segnale come quello di tradire il segretario nazionale del Partito democratico avrà il suo peso in futuro. Ma è la storia italiana che insegna come i tradimenti abbiano un valore politico.

RENZI CADE DALLE NUVOLE. Sentendo il discorso di Matteo Renzi, tra gli italiani è sorto un dubbio: “Ma abita sulla Luna?”. In effetti, al di là delle parole di circostanza e delle rivendicazioni programmatiche che purtroppo i cittadini non vedono, l’ex Premier è sembrato scendere dalle nuvole quando a microfoni spenti – come riporta la stampa nazionale – è rimasto folgorato dalle percentuali del “No”. «Non credevo mi odiassero così tanto». Renzi ha risparmiato agli italiani il pianto del coccodrillo e si è chiuso nell’appartamento di Montecitorio fino all’alba. Tuttavia non è comprensibile che un Presidente del Consiglio dei Ministri, che ha governato l’Italia per 1000 giorni, non si sia reso conto che il popolo era disgustato, stanco e pronto a cambiare la guida del Paese. Un assist migliore i cittadini non potevano sognarlo. Così, Matteo Renzi se ne va con un Pd sempre più lacerato e ingestibile.

Matteo Renzi si dimette
Matteo Renzi si dimette

Le sue riforme finalmente hanno avuto una reazione popolare. Un Jobs Act che produce più danni che benefici; una “Buona Scuola” solo sulla carta visto che al Nord classi intere sono scoperte da settembre e chi accetta di trasferirsi dal Sud è costretta a “spaccare” la sua famiglia; le tasse aumentano e la disoccupazione sale. Di Renzi ricorderemo gli 80 euro dati ai lavoratori dipendenti con un reddito superiore a 8mila euro ma inferiore a 26mila, più bonus una tantum alla scuola e ai ragazzi che compiono il 18esimo anno di età. E poi? Solo favole. Come quella raccontata al mondo industriale: abolita la legge 407 del 1990 che agevolava le aziende a non pagare i contributi Inps e Inail se assumevano lavoratori dipendenti disoccupati da almeno 24 mesi oppure cassintegrati, per fare posto a una nuova legge che prevede l’assunzione di dipendenti disoccupati da almeno 6 mesi con uno sgravio contributivo solo Inps di circa 8mila euro all’anno per tre anni. In realtà la somma è durata solo per il 2015, mentre gli 8mila euro per il 2016 sono stati dimezzati a circa 4mila euro, cifra ancora diminuita nell’ultimo periodo. 

A MAGORNO PIACE LA POLTRONA… Se c’è qualcuno che avrebbe dovuto dimettersi prima di Matteo Renzi quello è certamente Ernesto Magorno, segretario regionale del Partito democratico che nelle ultime tornate elettorali ha fallito tutti gli obiettivi. Lui, però, resta saldamente al suo posto: sia perché evidentemente gli piace la poltrona e farsi chiamare segretario, sia perché nessun esponente del Pd calabrese ha i cosiddetti attributi per chiedergli di fare un passo indietro. Questioni di interesse e di amicizia. Magorno, tuttavia, è (o era) un renziano dai tempi che furono. Si narra che senza la sua disponibilità di ospitare a Diamante la carovana rottamatrice di Renzi non sarebbe mai diventato quello che è: un segretario senza partito, un deputato che corre dietro ai soliti noti ormai vecchi tromboni della politica calabrese e cosentina.

Ernesto Magorno, segretario del Pd calabrese
Ernesto Magorno, segretario del Pd calabrese

Sarebbe interessante capire cosa pensa della batosta presa nel suo paese d’origine (a Diamante, “Sì” 27,82% e “No” 72,18%), ma ci soffermiamo invece sulle sue dichiarazioni rilasciate nel pomeriggio: «Il voto del Sud fotografa uno stato di malessere che non può passare in secondo piano. Rimaniamo fermamente convinti che la strada del rinnovamento non vada abbandonata, ma al contrario perseguita con forza e determinazione. Si apre una fase di difficile decodificazione sul piano strettamente politico ma il Pd tutto, a partire da quello calabrese, mantiene salda la barra del riformismo e della volontà di incidere positivamente nella vita del nostro Paese e della nostra regione, portando avanti e fino in fondo quei processi di rinnovamento che in maniera chiara ci vengono chiesti dai cittadini». Il voto del Sud, e in particolare quello calabrese, fotografa che il Pd non è credibile, è pieno di inquisiti, è lontano anni luce dai problemi della gente, non riesce a formare una nuova classe dirigente e fa del clientelismo il suo cavallo di battaglia. Le parole di Magorno sono tipiche di un segretario politico al comando di una nave che affonda. Si salvi chi può, o meglio chi può salvi la sua poltrona.

OLIVERIO BOCCIATO. Il braccio destro di Mario Oliverio è Franco Iacucci, sindaco di Aiello Calabro che questa mattina si è vantato della vittoria del “Sì”. Beato lui, è l’unico ad aver accennato un mezzo sorriso nel centrosinistra. Il presidente della Giunta regionale, al contrario, ingoia un altro boccone amaro. Resiste e non demorde, propagando un cambiamento epocale per la Calabria che sinceramente è difficile comprendere dove sia. I numeri, e non le parole scritte dai giornalisti, lo bocciano sonoramente: ha vinto le elezioni regionali del 2014 con il 44,07% degli aventi diritti al voto che si sono recati alle urne, un anno dopo ha dovuto far fronte alla prima vera crisi di maggioranza silurando i politici coinvolti in “Rimborsopoli”, formando una Giunta tecnica e inefficace finora, nel 2016 doveva conquistare i Comuni più importanti della Calabria – Crotone, Cosenza e Rossano su tutti – ed invece ha praticamente perso ovunque.

Mario Oliverio e Carlo Guccione, c'eravamo tanti amati...
Mario Oliverio e Carlo Guccione, c’eravamo tanti amati…

Nella città dei bruzi in pubblico è andato a braccetto con il suo “nemico” Carlo Guccione che a sua volta, qualora fosse diventato sindaco di Cosenza, avrebbe mantenuto fede al Patto della Legalità firmato davanti al presidente dell’Ordine degli avvocati di Cosenza Oreste Morcavallo, accusato di aver eluso il fisco per circa 3milioni di euro. Occhiuto ha battuto tutti i suoi avversari, asfaltandoli con percentuali bulgare. E Oliverio in tutto ciò si esalta per i soldi in arrivo dal Cipe che portano la firma dell’ormai ex, almeno per il momento, sottosegretario allo Sviluppo Economico Antonio Gentile. Insomma, se questa non è una catastrofe politica che non ha precedenti nella storia politica calabrese, allora il duo Magorno-Oliverio dovrebbe presentarsi in conferenza stampa e invitare i giornalisti a curarsi da un bravo psicologo. Il Governatore, però, vuole diventare commissario della Sanità calabrese. Statene certi, il calvario elettorale del Pd calabrese è solo all’inizio…

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