“CINQUE LUSTRI” | La Dda di Catanzaro temeva la fuga di alcuni indagati
Il provvedimento della Procura di Catanzaro è stato necessario al fine di evitare che alcuni inquisiti presenti nell’inchiesta “Cinque lustri” venissero a conoscenza delle indagini e delle fonti indiziarie che la Dda di Reggio Calabria avrebbe usato contro coloro i quali sono stati fermati dall’Ufficio del procuratore Federico Cafiero de Raho. In pochi, forse, si
Il provvedimento della Procura di Catanzaro è stato necessario al fine di evitare che alcuni inquisiti presenti nell’inchiesta “Cinque lustri” venissero a conoscenza delle indagini e delle fonti indiziarie che la Dda di Reggio Calabria avrebbe usato contro coloro i quali sono stati fermati dall’Ufficio del procuratore Federico Cafiero de Raho.
In pochi, forse, si sono chiesti come mai la Dda di Catanzaro abbia scelto di emettere un decreto di fermo di indiziato di delitto nei confronti delle sette persone fermate dalla Guardia di Finanza. La risposta è contenuta direttamente nel provvedimento a firma del procuratore capo Nicola Gratteri.
Così l’Ufficio Antimafia di Catanzaro spiega i motivi che hanno portato a scegliere il fermo rispetto a una richiesta di misura cautelare che avrebbe avuto sicuramente tempi più lunghi. Un’ordinanza prima di essere accolta o rigettata necessita di un’attenta lettura da parte del gip di competenza. Mesi e mesi di valutazioni, come accade di consueto. Non possiamo saperlo, visto il segreto istruttorio, ma non è da escludere che l’inchiesta non sia finita alle contestazioni mosse agli otto indagati. Potrebbe esserci, dunque, un seguito.
Il dubbio, tuttavia, è lecito. E’ la stessa Dda di Catanzaro che evidenzia come le intenzioni della Dda di Reggio Calabria fossero note già da prima. Tradotto: a Catanzaro sapevano che a Reggio Calabria erano pronti ad entrare in azione. In quel caso gli indagati iscritti nel fascicolo aperto a Catanzaro sarebbero venuti a conoscenza delle accuse perché le operazioni “Cumbertazione” e “Cinque Lustri” sono strettamente collegate tra loro. Giorgio Barbieri, ad esempio, è presente in entrambi i decreti di fermo.
Nel provvedimento di fermo infatti gli inquirenti antimafia fanno emergere che in virtù della «convergenza di molteplici fonti indiziarie e la parziale coincidenza soggettiva dei due distinti procedimenti, occorre osservare come appaia fondamentale la contestuale esecuzione dei provvedimenti di fermo, di questa Direzione Distrettuale e della Direzione Distrettuale di Reggio Calabria, onde evitare che l’ostensione degli atti del presente prceedimento, acquisiti al procedimento penale reggino, possano consentire, al momento della esecuzione di quel provvedimento di fermo, la conoscenza anticipata delle indagini e delle fonti indiziarie a carico di soggetti indagati, e catturandi, da questo Ufficio e non attinti dal provvedimento precautelare della Procura di Reggio Calabria».
La Dda di Catanzaro, infine, evidenzia che il clan di Cetraro sia in grado di nascondere latitanti e mette in luce l’irreperibilità di Giuseppe Scornajenchi, ricercato dalla polizia giudiziaria sia per il tentato omicidio di un ragazzo di colore avvenuto a Cetraro sia per l’operazione “Frontiera”. E in tal senso viene messa in risalto la posizione di Giuseppe Antonuccio. (a. a.)