Alex Occhiuzzi, l’ultimo portiere del Cosenza in B: «Qualcuno raccolga il testimone»
Il pipelet di Cetraro giocò i secondi 45′ di Genoa-Cosenza nel 2003. Per Occhiuzzi carriera tra C2 e dilettanti: «Perina è un grande numero uno, merita il salto di categoria. Srnicek e Pantanelli due mostri. De Angelis e mio cugino Roberto faranno bene». Sul quel ragazzone di quasi due metri ci avrebbero scommesso tutti che avrebbe sfondato
Il pipelet di Cetraro giocò i secondi 45′ di Genoa-Cosenza nel 2003. Per Occhiuzzi carriera tra C2 e dilettanti: «Perina è un grande numero uno, merita il salto di categoria. Srnicek e Pantanelli due mostri. De Angelis e mio cugino Roberto faranno bene».
Sul quel ragazzone di quasi due metri ci avrebbero scommesso tutti che avrebbe sfondato nel calcio che conta. Lo hanno fermato solo gli infortuni, il fato e qualche scelta sbagliata. Stiamo parlando del portiere Alessandro Occhiuzzi da Cetraro, classe 1982 e cugino alla lontana di Roberto, attuale allenatore in seconda della prima squadra. Otto anni di Cosenza divisi tra settore giovanile e prima squadra, nella quale ha vissuto da attore non protagonista ben 4 stagioni di Serie B, con in mezzo un prestito al Matera in D. Alla fine una sola ma significativa presenza che gli permette di rimanere lo stesso nella storia. Perchè? E’ lui, fino a questo momento, l’ultimo portiere rossoblù in Serie B. Difese la porta dei lupi, nei secondi 45 minuti di Genoa-Cosenza 3-0 del 7 giugno 2003. La nostra chiacchierata comincia proprio da quella partita.
Un esordio atteso un campionato intero. Cosa rimane di quel secondo tempo giocato sotto la Gradinata Nord? E che effetto le fa sapere di essere l’ultimo portiere in B della storia del Cosenza?
«Rimane l’emozione e l’adrenalina a mille. Il Genoa, così come noi, era già matematicamente retrocesso. Ma i suoi tifosi non smisero un secondo di cantare. Segnarono due gol che vennero festeggiati da tutto lo stadio. Personalmente inseguivo quel momento da anni ed ho provato a godermelo al massimo. Spero però che, dopo 14 anni, un portiere bravo come Perina, possa finalmente prendere il mio testimone. La Serie B la merita lui e la merita Cosenza».
Sembrava l’inizio di una bella carriera, visto anche il contratto triennale appena firmato. Ed invece…
«Con la società ci lasciammo con la promessa che mi sarei giocato il posto da titolare in C1 l’anno dopo. Avevo firmato il mio primo contratto e stavo provando a fare anche progetti sul mio futuro. Invece da un giorno all’altro, ci siamo ritrovati con un pugno di mosche in mano visto che il Cosenza fu fatto fallire. Non ho fatto in tempo a prendere nemmeno uno stipendio. Vado a Mantova, dove i biancorossi di Di Carlo avevano appena vinto la C2. Ma mi rompo il ginocchio in preparazione ed il mio contratto non viene formalizzato. Quella squadra vinse altri due campionato di fila, fallendo la Serie A soltanto nella finale playoff contro il Torino. Ci sarei potuto essere io. Fu il secondo treno passatomi davanti dopo quello perso qualche anno prima, quando tra Matera e Grossetto accettai il prestito in Basilicata. I toscani scalarono un anno dopo l’altro le categorie, ritrovandosi in B 3 stagioni dopo».
Otto anni di Cosenza non sono pochi. Qual è secondo lei il calciatore più forte con il quale ha potuto allenarsi?
«A livello di portieri metto a parimerito Srnicek e Pantanelli. Due mostri dai quali ho imparato tantissimo. Con Pavel siamo rimasti in contatto tanto tempo. Voleva portarmi in Inghilterra con lui l’anno dopo, ma purtroppo ero infortunato. Se penso che non c’è più, mi piange il cuore. Per quel che riguarda i calciatori di movimento, posso dire di aver avuto l’onore di allenarmi e dividere lo spogliatoio con uno del calibro di Gigi Lentini. Faceva qualsiasi cosa con una naturalezza impressionante».
Segue il Cosenza oggi? Che ne pensa di De Angelis?
«Lo seguo poco a dire la verità. Con Stefano abbiamo giocato insieme. Sono contento che abbia avuto questa chance. Sono certo che possa davvero fare bene. Io tifo per lui e per mio cugino Roberto».
Dopo Cosenza e la delusione Mantova, riparte dalla D a Corigliano…
«Si, Alberto Aita mi chiama lì e, visto che non potevo muovermi perchè impegnato con il servizio civile scelto al posto dell’anno di leva, decido di accettare. Volevo un posto dove poter giocare con continuità e tranquillità. Faccio un grandissimo campionato insieme alla squadra ed in estate torno tra i professionisti. Firmo con la Vigor Lamezia in C2. Inizio la preparazione, ma ecco che di nuovo mi faccio male al ginocchio e giù con una nuova operazione. Da lì in pratica oltre ad aver messo una pietra sopra al voler fare il calciatore nella vita, ho iniziato ad avere una sorta di rifiuto per questo mondo».
Ci vuole il 2007 per far tornare la voglia ad Alessandro Occhiuzzi.
«Dall’estate del 2004, all’estate del 2007, esclusa qualche presenza in una squadra di Serie D piemontese e due partite con il Cetraro, squadra del mio paese, rifiuto qualsiasi offerta. Fino a quando, spinto anche dalla pressione di qualche amico, mi convinco ad ascoltare la proposta della Paolana, in Eccellenza. Mi è bastato allenarmi un paio di volte e sono tornato indietro nel tempo».
Inizia in quel momento una nuova fase della sua carriera. Occhiuzzi torna ad essere un grande portiere. Dopo Paola infatti, lo chiama il Rosarno in D, poi ancora Rende, Locorotondo, Guardavalle e Roccella.
«Sono state belle annate. Ho conosciuto un nuovo calcio. Nelle realtà dove ho giocato, di dilettantismo c’era ben poco. Grande organizzazione ed ottimo livello Con il Rende e con il Roccella ho vinto la Coppa Italia. Sono riuscito in quegli anni ad arrivare anche in Serie A di beach soccer con la maglia del Catanzaro. Ricordo tutti con grande affetto».
Ed ora? Cosa fa nella vita Occhiuzzi che da un paio d’anni ha chiuso con il calcio?
«Adesso, diciamo che nei riguardi del calcio, sono nuovamente in una fase di rifiuto (ride, ndr) visto che non ho più il tempo materiale di poter giocare. Vivo a Cosenza e da quest’estate sono sposato con Evelyn che mi ha regalato la gioia più grande della mia vita: mio figlio Marcello. Sto male al solo pensiero di vedere una partita perchè mi fa rabbia non poter esserci. Alle fine ho solo 35 anni e, se solo potessi, avrei ancora tanto da dare al calcio». (Alessandro Storino)