venerdì,Marzo 29 2024

Fondi neri da Milano a Catania: il ruolo di un imprenditore calabrese finito in carcere

Un sistema di presunte fatture false sull’asse Milano-Catania, nel quale è coinvolto anche un imprenditore calabrese, finito nell’ordinanza cautelare emessa dal tribunale di Milano. Nel mirino dei magistrati le società del consorzio Sigilog (ex Sigi Facilities) amministrato da alcuni esponenti della presunta associazione per delinquere legata al clan mafioso dei Laudani e smantellata con 14 arresti,

Fondi neri da Milano a Catania: il ruolo di un imprenditore calabrese finito in carcere

Un sistema di presunte fatture false sull’asse Milano-Catania, nel quale è coinvolto anche un imprenditore calabrese, finito nell’ordinanza cautelare emessa dal tribunale di Milano.

Nel mirino dei magistrati le società del consorzio Sigilog (ex Sigi Facilities) amministrato da alcuni esponenti della presunta associazione per delinquere legata al clan mafioso dei Laudani e smantellata con 14 arresti, un divieto di dimora e due fermi. L’obiettivo era quello di sostenere i detenuti della cosca e i loro familiari.

L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore aggiunto Ida Boccassini e dal pm Paolo Storari che hanno ottenuto il commissariamento di quattro direzioni generali della Lidl e alla richiesta di amministrazione giudiziaria per Securpolice che si occupa di vigilanza anche nel Palazzo di giustizia di Milano.

Il gip Giulio Fanales ha messo in evidenza che sarebbero stati altri due “i canali di utilizzo” dei fondi neri: i pagamenti “funzionali” a corrompere dirigenti Lidl per ottenere commesse e «i versamenti volti alla corruzione di pubblici ufficiali».

Il gruppo, il cui punto di riferimento era Salvatore Orazio Di Mauro, «esponente di spicco» del clan Laudani arrestato nel febbraio 2016, avrebbe ottenuto le commesse con due modalità diverse «tra sud e nord: mentre in Sicilia gli appalti vengono ottenuti tramite l’interessamento remunerato delle organizzazioni mafiose, al nord i pagamenti sono effettuati direttamente a favore di figure dirigenziali della stessa Lidl». Due imprenditori arrestati, Emanuele Micelotta, originario di Melito Porto Salvo, e Giacomo Politi, nelle intercettazioni parlavano anche di «regalie da elargire per le festività natalizie ai vari dirigenti».

A disposizione del clan, infine, anche una rete di «informatori» e tra loro una persona che avrebbe rivelato ad Alessandro Fazio, anche lui finito in carcere, dettagli dell’inchiesta «visionando direttamente il fascicolo» sul tavolo del magistrato Boccassini.

LE MISURE CAUTELARI. In carcere sono finiti Luigi Alecci, Emanuele Micelotta, Giacomo Politi, Salvatore Orazio di Mauro, Alessandro Fazio, Nicola Fazio (escluso il ruolo di capo e come mero partecipe), Alfonso Parlagreco, Domenico Palmieri, Orazio Elia, Antonino Ferraro, Alberto Monteverde; ai domiciliari Simone Suriano, Vincenzo Strazzulla e Giovanna Rosaria Maria Afrone; divieto di dimora in provincia di Catania per Rosario Spoto, per il quale il gip ha rigettato la custodia cautelare in carcere per il primo capo d’accusa, che riguarda la presunta associazione per delinquere. (a. a.)

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