Processo “Alto Piemonte”, chieste le condanne per i presunti ‘ndranghetisti
La Dda di Torino ha chiesto la condanna di 15 dei 23 gli imputati del processo “Alto Piemonte”, che riguarda la presenza di una presunta associazione mafiosa nel Torinese che avrebbe avuto interesse anche ad infiltrarsi nella curva della Juventus attraverso il bagarinaggio dei biglietti relativi alle sfide della formazione allenata da Max Allegri. La
La Dda di Torino ha chiesto la condanna di 15 dei 23 gli imputati del processo “Alto Piemonte”, che riguarda la presenza di una presunta associazione mafiosa nel Torinese che avrebbe avuto interesse anche ad infiltrarsi nella curva della Juventus attraverso il bagarinaggio dei biglietti relativi alle sfide della formazione allenata da Max Allegri.
La pubblica accusa ha richiesto 112 anni di carcere e nello specifico ha chiesto la condanna, tra gli altri, di Diego Raso a 17 anni, 1 mese e 16 giorni; di Saverio e Rocco Dominiello, rispettivamente a 12 e 8 anni; di Fabio Germani a 5 anni; di Michele Dominiello a 3 anni e 5 mesi.
Germani e Rocco Dominiello, capo ultrà della Juve, fanno parte anche delle audizioni svoltesi davanti alla commissione parlamentare antimafia, la quale nei giorni scorsi ha sentito il presidente della Juventus, Andrea Agnelli.
Per i pm della Dda di Torino il processo ha dimostrato che Rocco Dominiello «aveva nella sua disponibilità tutti i biglietti della Juventus» e hanno aggiunto che «non abbiamo trattato se vi fossero o meno delle pressioni sul presidente della Juventus, ma che la ’ndrangheta faceva affari con i tagliandi delle partite».
AGNELLI E LA BINDI. In commissione antimafia, infatti, Agnelli ha spiegato il fenomeno del “bagarinaggio” con il fatto che lo “Juventus Stadium” fosse tutto esaurito ad ogni incontro casalingo e ribadendo di non aver mai parlato da solo con Rocco Dominiello. Se incontri vi sono stati, erano tutti alla luce del sole: «Non ho mai incontrato Rocco Dominello da solo, a memoria ho ricordato 3-4 incontri, una volta a una cena ad Asti presenti centinaia di tifosi, un’altra volta è venuto con Germani in sede per gli auguri natalizi e una volta presso i miei uffici in Lamse con Alessandro D’Angelo, in una delle occasioni in cui ho incontrato tutti i tifosi. Ribadisco che, se ho incontrato Dominello, può essere stato nell’ambito di un consesso di tifosi, ed è pacifico che, se non solo io ma tutti i miei dipendenti avessero saputo quello che è emerso oggi, mai avremmo avuto rapporti con lui», ha dichiarato Agnelli davanti alla commissione presieduta da Rosy Bindi.
I commissari nel corso della seduta pubblica (e per alcune dichiarazioni passata in seduta segreta) hanno chiesto se i dirigenti della Juve fossero consapevoli del ruolo che aveva Dominiello. Sul punto, Agnelli ha sempre ribadito di non sapere se fosse un presunto mafioso o meno. Si trattava, a suo dire, di rapporti tra tifo organizzato e società e quando ha capito che vi erano delle procedure sospette ha eliminato subito il problema, bloccando determinati flussi. Se n’è accorto nell’agosto del 2016 e ha invitato i componenti della commissione a dare delle linee guida per contrastare seriamente il “bagarinaggio” «che in Italia non è un reato e questo credo sia un problema», ha sentenziato Rosy Bindi. (a. a.)