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Addio al Mondo | Oshadogan: «Tifavamo per lui, per un uomo dalla sottile ironia»

Oshadogan, ex difensore del Cosenza, ricorda: «A Lecce mi mise terzino, giocavo vicino la sua panchina. Il primo tempo fu un’agonia continua…». Joseph Dayo Oshadogan quell’anno arrivò a Cosenza verso la fine di novembre. Ad aspettarlo nello spogliatoio c’era Emiliano Mondonico. «Mi è dispiaciuto molto apprenderne la notizia – ha detto l’ex difensore dei Lupi

Addio al Mondo | Oshadogan: «Tifavamo per lui, per un uomo dalla sottile ironia»

Oshadogan, ex difensore del Cosenza, ricorda: «A Lecce mi mise terzino, giocavo vicino la sua panchina. Il primo tempo fu un’agonia continua…».

Joseph Dayo Oshadogan quell’anno arrivò a Cosenza verso la fine di novembre. Ad aspettarlo nello spogliatoio c’era Emiliano Mondonico. «Mi è dispiaciuto molto apprenderne la notizia – ha detto l’ex difensore dei Lupi – Era stato male, ma era riuscito a venirne fuori alla grande, cosa che mi aveva fatto estremamente piacere. E’ difficile commentare certe cose, specialmente sapendo che ha lottato fino alla fine. Facevamo il tifo per lui»

Oshadogan ha un ricordo ancora fresco di quello che fu il suo tecnico. «Mondonico era un uomo educato, aveva un’ironia sottile che utilizzava di sovente. Riusciva a dire le cose più brutte facendotele accettare nella maniera migliore possibile. Era stato calciatore, pertanto aveva l’esperienza di chi, partendo dai suoi errori, aveva capito come indirizzare i ragazzi a disposizione. Parlava perché conosceva la materia e cercava di infondere, a secondo del carattere dell’interlocutore, le giuste analisi».

Oshadogan era un difensore centrale, ma Mondonico lo spostò sulla fascia quando era necessario. «In una gara a Lecce mi mise su lato destro a fare il terzino: il primo tempo per me fu un’agonia perché dovevo comunicare alla squadra ogni sua indicazione. Insomma, prendevo le mie e quelle dei compagni! Dalla panchina si faceva sentire in un modo tutto suo, usando sempre l’ironia. Nel tempo libero, di conseguenza, era di compagnia, gioviale perfino nei momenti duri. Era la sua più grande dote che chiunque gli riconosceva». (Antonio Clausi)

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