martedì,Marzo 19 2024

Nel carcere di Cosenza «pesce, whisky e droga». E si parlava di omicidi

Nel carcere di Cosenza «pesce, whisky e droga». Si parlava anche di omicidi, come quello di Francesco Messinetti. Ecco cosa dice Adolfo Foggetti. E’ passato esattamente un anno quando il collaboratore di giustizia Adolfo Foggetti, davanti al pm della Dda di Catanzaro Camillo Falvo, racconta cosa succedeva (o succede) nel carcere di Cosenza. E lo

Nel carcere di Cosenza «pesce, whisky e droga». E si parlava di omicidi

Nel carcere di Cosenza «pesce, whisky e droga». Si parlava anche di omicidi, come quello di Francesco Messinetti. Ecco cosa dice Adolfo Foggetti.

E’ passato esattamente un anno quando il collaboratore di giustizia Adolfo Foggetti, davanti al pm della Dda di Catanzaro Camillo Falvo, racconta cosa succedeva (o succede) nel carcere di Cosenza. E lo fa, parlando di alcune guardie penitenziarie che, a dire del pentito (nato e cresciuto in via Panebianco, come uno degli arrestati) avrebbero fatto favori ai capi cosca della città. E nell’elenco include i clan operanti ancora oggi, da quello degli “italiani” a quello denominato “Rango-zingari”. 

Le sue dichiarazioni sono importanti per arrivare alla richiesta di misura cautelare nei confronti dei due soggetti arrestati, al pari di altri otto collaboratori di giustizia. Tutti hanno spiegato quale fosse il “modus operandi” di alcuni agenti penitenziari. E tra i fatti narrati al sostituto procuratore antimafia c’è anche quello dell’omicidio di Francesco Messinetti (leggi qui), che ritorna alla ribalta della cronaca giudiziaria a distanza di quasi cinque anni. Un delitto che nasconde ancora trame non chiarite, sulle quali sicuramente i magistrati vogliono vederci chiaro. (qui nuovo approfondimento)

Cosenza, il periodo vissuto da Foggetti

Foggetti riferisce di essere stato rinchiuso nel carcere di Cosenza dal giorno del blitz congiunto dei carabinieri e polizia in riferimento all’operazione “Nuova Famiglia”, l’inchiesta contro Maurizio Rango, Franco Bruzzese, Daniele Lamanna e altri esponenti del clan degli “zingari” di Cosenza. Il periodo va dal 24 novembre 2014 al 17 dicembre dello stesso anno, giorno in cui Adolfo Foggetti, alias il “Biondo”, decide di abbandonare il Crimine, svelando dove sia il corpo di Luca Bruni. Da lì inizia tutto. 

Nello specifico, il pm Falvo chiede se all’interno del carcere di Cosenza i detenuti avessero privilegi da alcune guardie penitenziarie e la risposta del pentito è affermativa. Tra le persone citate da Foggetti ci sono quelli del suo ex gruppo e altri del clan “Lanzino” di Cosenza. Tutti «criminali di maggiore spessore» come fa notare il pubblico ministero. Tra questi, figurano Maurizio Rango, Mario Gatto e Tonino Abbruzzese “Banana”. Secondo quanto sostiene Foggetti, nel carcere di Cosenza in quel periodo arrivava un po’ di tutto. «Si facevano portare cose che lì per esempio non potevano entrare, pure a livello di roba di mangiare: pesce, whisky, diciamo robe di alcolici che sono vietati in qualsiasi carcere. A volte anche robe da vestire». 

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Il pentito riferisce anche che, rispetto a quanto prevedono le norme penitenziarie, la locazione delle celle, dove erano rinchiusi chi entrava nella struttura di via Popilia, sarebbe stata decisa dai detenuti. E nel racconto esce la storia della notte del decreto di fermo per il delitto Bruni, quando a fronte della richiesta di Rango e Foggetti di stare nella stessa cella, l’appuntato fa notare che non c’era alcun dispositivo che imponesse questa sistemazione. Nella stessa cella ci finiscono però il giorno dopo, finendo nella sezione in cui erano sistemati gli “italiani”. 

Dentro il carcere, poi, sarebbe arrivata anche la droga. «Entrava anche lo stupefacente – dice Foggetti – però io non so a chi andava, anche perché le persone che io ho fatto i nomi, che a me risulta, non ne fanno uso». (1. continua) (alan)

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