giovedì,Marzo 28 2024

Ciao Daniele. Ci mancheranno i tuoi sorrisi, ci mancherà il tuo ottimismo

La città piange Daniele Caristia, l’amico di tutti. Compagno, tifoso del Cosenza, semplicemente un ragazzo che amava vivere. di Antonio Clausi Abbiamo comprato insieme gli ultimi dischi qualche mese fa. Vinili. C’era la fiera alla Città dei Ragazzi e ci siamo fiondati a caccia di qualche buon affare tra migliaia di 33 giri che odoravano

Ciao Daniele. Ci mancheranno i tuoi sorrisi, ci mancherà il tuo ottimismo

La città piange Daniele Caristia, l’amico di tutti. Compagno, tifoso del Cosenza, semplicemente un ragazzo che amava vivere.

di Antonio Clausi

Abbiamo comprato insieme gli ultimi dischi qualche mese fa. Vinili. C’era la fiera alla Città dei Ragazzi e ci siamo fiondati a caccia di qualche buon affare tra migliaia di 33 giri che odoravano di polvere. La musica era una delle sue passioni. Fu lui a scovare tempo fa, chissà dove, una frase di Lindo Ferretti e a regalarla agli amici ultrà: ne venne fuori una delle più belle coreografie di sempre fatte al Marulla. In fondo, non nutro dubbi che anche i tifosi del Catanzaro si siano interrogati su come sia saltata fuori quella strofa. “Siamo arrivati tardi o forse troppo presto… comunque il nostro tempo non assomiglia al vostro” avrebbe voluto cantare il vecchio leader dei CCCP. Daniele non solo è riuscito a dare un senso compiuto a quelle parole, le ha rese immortali.

Quello che mi mancherà più di lui è l’amicizia che mi ha regalato. Di sorrisi, invece, ne aveva per tutti e non ce n’era uno falso. La gente gli voleva bene per questo, perché Daniele era sincero e il disappunto lo esprimeva sotto forma di stupore. Era tifoso del Cosenza, io lo conobbi quasi da bambino. Primo anno di liceo scientifico lui, quinto ginnasio io. Pochi mesi di differenza, interessi del tutto comuni. Leggevamo gli stessi libri, amavamo le identiche frequenze radio, sventolavamo le stesse bandiere. Sì, Daniele era un compagno. E lo era molto più di me.

«Daniè, passi tu?» e passava lui. Pub o concerto, con una birra l’argomento della serata si trovava sempre. E poi serviva un’altra bionda almeno, perché la gola a furia di parlare si seccava con facilità estrema. Una volta andò a Dublino e con degli amici entrò nella cattedrale di San Patrizio. Lasciò un messaggio. Pregó il Santo di far andare il Cosenza in Serie A o in alternativa una vittoria nel derby per 3-0 sarebbe andata bene uguale. Visto l’andazzo, è probabile che lassù in Irlanda qualcuno di davvero influente si sia attrezzato per esaudire il suo primo desiderio. 

Un’altra volta il Cosenza fece un nuovo acquisto. Gli chiesi se avesse voglia di venire con me «dall’altra parte», nel corridoio del Sanvitino dove di solito stavano i giornalisti. Quando i social non c’erano, era il luogo preposto a raccogliere le ultime news. «Come faccio, Antò. Non mi fanno entrare» mi rispose. Gli misi in mano una macchina fotografica tanto vetusta quanto mal funzionante e passò un intero pomeriggio nelle vesti di fotoreporter. Replicammo la scena almeno altre dieci volte, ma le foto venivano davvero male.

Non ricordo di aver mai litigato con Daniele. Credo non fosse possibile farlo. Queste righe sono per lui, le scrivo con un dolore profondo, lacerante, consapevole che ad Ennio e Rosalba serviranno migliaia di abbracci. Migliaia come gli occhi che stasera stanno versando una lacrima. Menandro, più o meno 300 anni prima che nascesse Cristo, sosteneva che «muore giovane chi agli Dei è caro». Lo penso anche io, è l’unica spiegazione.