A 15 anni sa cos’è l’autonomia economica (e pure affettiva). Storia di Samir, dalla Tunisia a Tropea, in Calabria
Non so come c’è arrivato in Italia Samir. Magari con un barcone pagato grazie ai risparmi di una vita, con un pullman o in autostop. Escludo il jet privato, ma come sia arrivato qui, per l’esattezza fino in Calabria, non lo so. So che una mattina di inizio agosto ormai all’ora di pranzo che stavamo
Non so come c’è arrivato in Italia Samir. Magari con un barcone pagato grazie ai risparmi di una vita, con un pullman o in autostop. Escludo il jet privato, ma come sia arrivato qui, per l’esattezza fino in Calabria, non lo so. So che una mattina di inizio agosto ormai all’ora di pranzo che stavamo per risalire dalla spiaggia in una giornata tra le più calde da 180 anni a questa parte Samir con la sua pelle ambrata e le ciglia folte folte su due perle nere al posto degli occhi si è fermato davanti al nostro ombrellone con la scusa di vendere borsellini di plastica trasparente a strisce colorate. Sulle spalle uno zaino e nell’altra mano roba leggera, accendini e cose così. «No grazie, non abbiamo portato soldi», gli abbiamo risposto sincere. «Ma se ripassi pomeriggio un borsellino lo prendiamo». «Io non torno».
OGGI HO ACCOMPAGNATO MIO ZIO IN QUESTO PAESE PERCHÉ SI È PORTATO LA BANCARELLA MA IO VIVO A TROPEA. SAMIR
Quell’io non torno tanto è bastato per aprire un mondo a Lisa che notoriamente sa aprire discorsi persino con i pali della luce alla fermata dell’autobus. Insomma il mondo sterminato che si è aperto era quello di Samir, scoperto in una mattina di inizio agosto che era ormai l’ora di pranzo e – come si è capito – stavamo per risalire dalla spiaggia in una giornata tra le più calde da 180 anni a questa parte. E invece. Invece Samir: «Oggi ho accompagnato mio zio in questo paese perché si è portato la bancarella ma io vivo a Tropea, e lì – oh – mamma mia quanti soldi a Tropea, c’è gente, la gente vuole divertirsi e paga. D’inverno vado anche a scuola, lavoro sempre in un ristorante dalle 7 alle 11 di sera, lo stipendio è di 30 euro al giorno».
«Lavo i piatti, mi trovo bene. Divido l’affitto con mio zio, 300 euro mensili a testa. L’anno scorso sono riuscito a mandare tremila euro ai miei genitori in Tunisia, loro non guadagnano niente. Non hanno niente. Appena mi consegnano il passaporto vado dai miei fratelli in Belgio che frequentano la facoltà di Medicina, lì si parla francese e fiammingo, ah non lo sapete? Il fiammingo è tipo un miscuglio a metà tra il tedesco e l’inglese. Mio zio mi dice continuamente studia, studia Samir! Mio zio mi dice solo studia, studia Samir! Mio zio non mi dice altro».
APPENA MI CONSEGNANO IL PASSAPORTO VADO DAI MIEI FRATELLI IN BELGIO CHE FREQUENTANO LA FACOLTÀ DI MEDICINA, LÌ SI PARLA FRANCESE E FIAMMINGO, AH NON LO SAPETE? SAMIR
In questo modo, esattamente in questo modo lo raccontava, tutto filato senza pause. Samir sa parlare, ama parlare, non prende un respiro di fiato, è la prima volta che lo vediamo, perché è la prima volta che si unisce alla processione degli ambulanti di questa zona, affaticati da merce e sudore. Il suo nome deriva dall’arabo e significa “compagno dei discorsi alla sera”, era il più alto titolo che un sultano poteva dare a un visir nella qualità di suo confidente. Però può anche essere di origine hindi, che significa “vento gentile”. Lui dopo cinque minuti ci sembra più familiare di un familiare, leggero di cianfrusaglie ma con pesi grandi sul cuore oltre che sui suoi pensieri di ragazzino cresciuto troppo in fretta. Lo ascolto commossa in silenzio mentre mia sorella gli fa domande che inserisce con curiosità strategica in mezzo a quel monologo auto-consolatorio.
Sofia segue ammirata le avventure di questo piccolo super eroe. Ha 11 anni mia nipote Sofia. La stessa età che aveva Samir quando lo hanno preso e portato in Italia dalla Tunisia, non so come, senza che potesse dire di no. Samir ci sta di fronte in controluce e ha dietro di sé l’immensa distesa d’acqua che riporta la mente ai naufraghi e ai disperati viaggi verso nuove esistenze. Il mare oggi ci sbrilluccica in faccia questo sole accecante di un’estate da record per temperature e per il resto.
SAMIR CI STA DI FRONTE IN CONTROLUCE E HA DIETRO DI SÉ L’IMMENSA DISTESA D’ACQUA CHE RIPORTA LA MENTE AI NAUFRAGHI E AI DISPERATI VIAGGI VERSO NUOVE ESISTENZE.
Samir è bello, curato, veste una canotta di una marca alla moda e traveste lo sguardo da giovanotto duro per dimenticare quel bambino orfano dell’affetto: «Ho 15 anni e ho capito che si può stare anche senza mamma e papà. Io non ho bisogno di nessuno. L’ingiustizia vera è che lavori, guadagni, ma i soldi se ne vanno in bollette, acqua luce gas, nell’affitto. Però io so fare i conti, me la cavo», spiega con fierezza mischiando la lingua italiana al dialetto calabrese.
Ha 15 anni, quindici anni. Poi cambia argomento: «Ho visto la villa di Craxi ad Hammamet, c’era il figlio Bobo, una casa stu-pen-da». Lo sillaba come se da quel ricordo stesse cercando di estrarre un’immagine di bellezza che gli è rimasta impressa, insieme all’odore dei posti che è stato costretto a lasciare. Magari ci pensa spesso sospirando mentre meccanicamente lava i piatti al ristorante. A Tropea. Non so come c’è arrivato qui, Samir, ma so che arriva da un altro pianeta. Che ha una manciata di primavere e che sarebbe pronto per collaborare con il ministero dell’economia, spiegare il turismo ai calabresi, l’accoglienza agli italiani. Non voleva venderci nulla, alla fine, Samir. Voleva solo farci sapere.