Rivière, c’è chi lo conosce bene: «Don Balon lo inserì tra i migliori 100»
Il finale di calciomercato fu denso di strilli digitali. Attaccante si-attaccante no. In un primo momento, la dicotomia è stata rotta in virtù della seconda situazione. Passate le 22 del 2 settembre, i Lupi si ritrovarono spuntati in attacco. Il solo Litteri, centravanti di ruolo. Il direttore Trinchera, in seguito, non escluse la possibilità di
Il finale di calciomercato fu denso di strilli digitali. Attaccante si-attaccante no. In un primo momento, la dicotomia è stata rotta in virtù della seconda situazione. Passate le 22 del 2 settembre, i Lupi si ritrovarono spuntati in attacco. Il solo Litteri, centravanti di ruolo. Il direttore Trinchera, in seguito, non escluse la possibilità di intervenire ed estrarre un nome, dalla condizione di svincolato a quella di tesserato. Così, venne Emmanuel Rivière. Il suo cognome, tradotto in italiano significa fiume e via a prefigurare similitudini, tra la capacità realizzativa e di prestazione del nuovo arrivato e l’impeto di un fiume in secca. Finita la fantasia, vediamo quello che è, nei fatti, Rivière.
Le origini
Nato nel 1990 a Martinica, avamposto francese delle Antille nel mar dei Caraibi. Stesso luogo d’origine di Varane e Abidal. Nel 2005 si mette in mostra nella Rappresentative dalla sua isola. Tante le squadre che lo vogliono far crescere nel proprio settore giovanile. Emmanuel, tra tante richieste, su consiglio del padre, scelse di sposare il progetto dal Saint-Étienne. “Les Verts” avevano, storicamente, un forte ascendente in quegli anni. E la vogli di vestire un grande club, prevalse.
Caratteristiche
Gioele Anelli, giornalista della Gazzetta dello Sport, ha avuto modo di segurie Rivière fin dalla primissima esperienza con la “pantere nere”. Ci spiega: «E’ un attaccante che vede tanto la porta come pochi. Abile in area di rigore, dove riesce a rendersi pericoloso nonostante il poco spazio. Ha una buona tecnica. Non torna molto in difesa, rimane spesso alto. E’ un po’ falloso, ma non eccede perché non ama far parlare di sé. Fisicamente si fa sentire, però non si getta a capofitto nei contrasti. Il contrario di Diego Costa Non è un grande realizzatore. Tant’è che solo in due occasione ha varcato la soglia della doppia cifra. La sua allergia al gol è resa palese dal clamoroso errore a porta vuota, in un Metz-Psg: non seppe sfruttare un suicida passaggio del portiere, tirando alto. Fisicamente è «compatto. Non è alto, ma ha un buon equilibrio». Problema delle ultime stagioni: l’equilibrio mentale, «forse la sua vera debolezza».
Rivière tra i migliori 100
Su di lui, anni fa, si pronosticava una sereno avvenire. Nel 2010 (durante il suo primo anno al Saint-Étienne), Don Balon, giornale sportivo spagnolo, lo inserì, insieme a Coutinho, Bale, Balotelli, Griezmann e Hazard, nella lista dei 100 migliori giovani calciatori. Al club della Loira, stagioni 2009/2010 e 2010/2011, in 73 presenze andò a segno 17 volte. L’altra stagione prolifica è stata la 2013/2014, 44 presenze e 14 gol.
Dove può giocare
Poniamo all’attenzione di Anelli i 4 moduli sui quali il tecnico Braglia ha lavorato dal ritiro. Di ruolo, quello di Rivière è «un ventaglio abbastanza limitato. Ha sempre fatto la punta centrale. Nonostante sia agile, difficilmente è stato dirottato sull’esterno. Talvolta piace partire da lontano, con tagli centrali. Ama inserirsi. In un 4-3-3, butta tanto nello spazio creandone di nuovi». Tuttavia, si trova meglio quando gioca da solo: «Al Saint-Étienne – dice Anelli – giocava con il 4-2-3-1, punta centrale. E’ giocatore molto associativo, lancia gli esterni spalle alle alla porte», cioè quel tipo di punta cercata dalla dirigenza silana. «Da il meglio di sé da solo. Nel modulo a doppie punte, non ce le vedo molto. E’ solitario, “egoista”. Duttile, come profilo tattico. Raramente ha giocato come seconda punta».
Cosa si ci può aspettare da Rivière a Cosenza
Quando Rivière lasciò il Newcastle «fu tanta la gioia dei tifosi. Lì non fu molto ben voluto, perché non rendeva del dovuto rispetto allo stipendio. Ovviamente parliamo del calcio di Premier League, diverso dalla B». Molto dipenderà dal modo in cui si calerà all’interno del progetto. «Devo dire – continua Anelli – che lo vedo bene. Come giocatore può portare, detto banalmente, un’esperienza incredibile. Ha avuto a che fare, già, nelle leghe minori di altri Paesi. Può dire la sua. Molto dipende dalla sua mentalità, dalla volontà di calarsi in una piazza come Cosenza, essendo lontano da casa, un campionato come la B. Sta faticando da anni. Ha fatto benino al Metz, dopo l’esperienza del Monaco».