Duomo di Cosenza unico tra le cattedrali europee: facciamolo conoscere
È facile per campanilismo ritenere che i monumenti più belli della propria città abbiano un qualcosa di unico e irripetibile (il che è spesso vero, soprattutto sul piano affettivo). Il Duomo di Cosenza, cattedrale dell’Assunta e santuario della Vergine del Pilerio, ha però delle peculiarità storico-normative oggettive, che di là dai giudizi estetici e sentimentali ne
È facile per campanilismo ritenere che i monumenti più belli della propria città abbiano un qualcosa di unico e irripetibile (il che è spesso vero, soprattutto sul piano affettivo). Il Duomo di Cosenza, cattedrale dell’Assunta e santuario della Vergine del Pilerio, ha però delle peculiarità storico-normative oggettive, che di là dai giudizi estetici e sentimentali ne certificano l’assoluta originalità. Proviamo a dare sommariamente conto di alcune di queste specificità, con l’auspicio che esse siano riconosciute in quanto tali e, a raggiera, la riscoperta di uno dei luoghi simbolo della parte storica della città possa diventare la base per una riflessione rinnovata sulla bellezza dei quartieri cittadini.
Quando nasce il Duomo di Cosenza?
Tanto per cominciare, il duomo nasce in buona misura sul perimetro di una chiesa più antica, databile poco oltre il Mille, che fu completamente distrutta dal terremoto del 1184. Restauri e sovente rifacimenti sostanziali connotano tutta la storia dell’istituto, almeno fino alla seconda metà del XIX secolo, anche se innesti e interventi giungono fino ai giorni nostri. Sarebbe perciò di assoluto interesse, supportati dalle nuove tecnologie digitali, produrre una sorta di mostra delle diverse conformazioni esteriori della cattedrale, magari rendendole fruibili attraverso un’applicazione telefonica: si vedrebbe plasticamente che il Duomo non è mai stato un monolite dimenticato dagli abitanti del quartiere, ma un edificio che ha avuto uno sviluppo e una serie amplissima di proiezioni.
Una storia quasi magica riguarda poi le sepolture illustri della cattedrale di Cosenza: oltre alle suggestioni e al fascino dei nomi più importanti, le salme nei secoli traslate altrove dimostrano pure precisi intendimenti governativi che hanno spesso intenzionalmente mirato a colpire il sentire comune delle parti più resistenti e innovative della città.
Dai fratelli Bandiera a Bernardino Telesio
Qui ebbero inizialmente sepoltura i fratelli Bandiera, che scelsero proprio Cosenza nel tentativo tragicamente sfumato di sobillare un’agitazione repubblicana al Sud Italia. Il fatto è in sé di grande interesse perché nella storia delle cattedrali europee è rarissimo che sia stata data sepoltura a militanti risorgimentali carbonari o repubblicani o di orientamento fondamentalmente anticlericale. Vennero altresì rimosse anche le spoglie di Luigi III d’Angiò, importante esponente della nobiltà illuminata del XV secolo che morì dopo aver vinto una lunghissima battaglia per la successione dinastica. E furono traslate dal Duomo di Cosenza anche le spoglie mortali di uno dei più noti figli della città, il filosofo Bernardino Telesio, che a Cosenza dedicò alcune eccezionali considerazioni che fanno pensare, a cinque secoli di distanza, a una storia d’amore ben più che a una semplice appartenenza geografica. Un filosofo, il Telesio, che pure in vita ebbe molta fortuna e fu stimato, salvo che alcune sue pubblicazioni, di impronta chiaramente innovativa rispetto agli schemi mentali del tempo, furono messe all’Indice dei libri proibiti da Clemente VIII.
Trovò sepoltura in Duomo anche Isabella d’Aragona, che morì a seguito di un infortunio di viaggio, mentre aspettava un figlio: trasferita anche la regina, pare sia rimasto sepolto nell’originario mausoleo il feto morto per lo stesso incidente occorso alla madre (anche questa singolarità è pressoché inedita nel novero delle maggiori cattedrali).
Le bellezze artistiche nel Duomo di Cosenza
Infine, il Duomo di Cosenza ospita due meravigliose bellezze artistiche. All’interno della Chiesa si trova un crocifisso ligneo del XV secolo che bene regge all’usura del tempo e che è un esempio qualitativamente emblematico di molta arte del medesimo periodo. E come dimenticare la meravigliosa icona della Vergine del Pilerio? In essa, la Madonna è rappresentata nell’atto di nutrire Gesù col latte materno e anche questo dettaglio è fortemente rappresentativo di una diffusa simbologia cristiana (e non solo): la Madonna “Galaktrophousa”, che dà sostegno e che esprime la propria essenza femminile nella maternità protettiva e generosa. La Madonna del Pilerio è la protettrice della città, ma il significato del suo culto travalica i soli confini religiosi. Dibattuta l’etimologia del nome: rimanda, secondo alcuni, al pilastro su cui era issata in processione o secondo altri al greco “puleros”, che potrebbe tradursi con “guardiana della fede”, “guardiana della città”.
E questa icona davvero fu fede a guardia di una città. Tre volte almeno, per la pietà popolare, protesse il centro storico e le sue genti: nella pestilenza del 1576, nel terremoto del 1783, nei bombardamenti del 1943. Oggi bella e serafica come mai deve proteggerci soprattutto dai deleteri effetti della nostra ignavia, che abbandona le infinite storie della città vecchia a un oblio di cui tutti siamo corresponsabili e di cui tutti potremmo e dovremmo essere soluzione.