Sorvegliato speciale di Rovito a spasso con il cane, arriva l’assoluzione
Sorvegliato speciale di Rovito assolto dal tribunale di Cosenza. La procura bruzia, contestava a C. G., residente nel comune della Presila cosentina, di aver violato le prescrizioni della sorveglianza speciale che gli impongono, tra gli altri, di non uscire di casa al mattino prima delle ore 7, ed invece le forze dell’ordine lo avevano trovato
Sorvegliato speciale di Rovito assolto dal tribunale di Cosenza. La procura bruzia, contestava a C. G., residente nel comune della Presila cosentina, di aver violato le prescrizioni della sorveglianza speciale che gli impongono, tra gli altri, di non uscire di casa al mattino prima delle ore 7, ed invece le forze dell’ordine lo avevano trovato alle ore 06.40. Nei giorni scorsi si è conclusa l’istruttoria dibattimentale, nel corso della quale sono stati sentiti i verbalizzanti e l’unico teste della difesa rappresentato dalla ex convivente dell’imputato. Quest’ultima, in particolare, ha spiegato al Tribunale che era abitudine del nucleo familiare impostare la sveglia alle ore sette e che, appena fuori dal letto, l’ex compagno portava l’animale fuori, in piena linea con gli orari imposti dalla misura di prevenzione.
Sorvegliato speciale di Rovito, la linea difensiva
Tuttavia, quella mattina l’ex compagno era uscito con il cane prima dell’orario consentito per un mero errore incolpevole, dato dalla circostanza che lei stessa aveva impostato la sveglia prima dell’orario solito perché doveva andare al lavoro, senza avvisare il prevenuto che, pertanto, credendo di essere in regola, provvedeva come al solito a far espletare i bisogni al loro cane. La difesa, rappresentata dall’avvocato Rocco Prestera e dall’avvocato Damiano Ferraro, nel corso dell’istruttoria ha dimostrato che l’imputato si trovava a pochi metri dalla sua abitazione, in pigiama e ciabatte, mentre faceva espletare i bisogni fisiologici al suo cane.
In discussione ha evidenziato l’assoluta inoffensività della condotta dell’assistito atteso che non mirava ad eludere la misura di prevenzione e il controllo da parte delle forze dell’ordine era, comunque, avvenuto non vanificando, quindi, la finalità della misura. Inoltre, il difensore ha evidenziato altresì come, nel caso di specie, si configurasse un errore sul fatto che costituisce il reato, con conseguente insussistenza dell’elemento psicologico del reato contestato. Il pm aveva chiesto la condanna alla pena di sei mesi di arresto. Il tribunale Familiari ha invece accolto le argomentazioni difensive.
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