Sanità allo sbando, un decalogo per ripartire
Dieci anni di commissariamento hanno reso sempre più lampante la crisi della sanità calabrese. Altrettante potrebbero essere le soluzioni per risollevare il settore, secondo l’Usb Confederazione provinciale di Cosenza, e garantire i livelli essenziali di assistenza (Lea) alla comunità. Da queste dieci proposte partirà, il 20 marzo nella sala capitolare del chiostro di San Domenico,
Dieci anni di commissariamento hanno reso sempre più lampante la crisi della sanità calabrese. Altrettante potrebbero essere le soluzioni per risollevare il settore, secondo l’Usb Confederazione provinciale di Cosenza, e garantire i livelli essenziali di assistenza (Lea) alla comunità. Da queste dieci proposte partirà, il 20 marzo nella sala capitolare del chiostro di San Domenico, un dibattito pubblico che vedrà protagonisti medici, infermieri, precari della sanità, associazioni e singoli cittadini.
Pubblico e privato ai tempi del coronavirus
L’Usb distingue i ruoli della sanità pubblica e di quella privata nella gestione dell’emergenza coronavirus, con la prima in trincea a combattere senza il supporto della seconda. E con la politica a evidenziare come non mai l’importanza di un sistema sanitario nazionale (Ssn) non sempre così al centro dell’attenzione in passato. «Passata la tempesta, tutto ritornerà come prima. Quegli stessi che oggi plaudono l’efficienza del sistema pubblico riprenderanno a fare come sempre l’interesse dei privati. Il 65% del bilancio regionale viene assorbito dal settore sanitario. Facile prevedere, in un territorio come il nostro, il primeggiare di interessi personali ed economici a danno del servizio pubblico», profetizza. Nel frattempo ai cittadini tocca il «disastro prodotto da dieci anni di commissariamento con la complicità della politica». L’elenco delle criticità è sempre più lungo, tra reparti ospedalieri chiusi per mancanza di personale e più di un pronto soccorso che rischia di doverlo fare per le stesse ragioni.
Le proposte contro la crisi della Sanità
Cosa fare, dunque, per salvare la sanità calabrese? Usb ha pronta la sua soluzione in dieci passi. Il primo è «aumentare, in modo progressivo ma certo, il finanziamento del Ssn, come investimento improrogabile per garantire i Lea ai cittadini e sostenere una buona qualità dei servizi su tutto il territorio». Ma ad aumentare dovrebbero essere anche i trasferimenti alle regioni meridionali, oggi penalizzate nella ripartizione dei fondi statali rispetto a quelle più ricche del Nord. Il terzo passo – «restituire il diritto alle persone di ricevere le cure sanitarie nel territorio in cui vivono» – sarebbe la naturale conseguenza dei primi due. Per porre un argine all’emigrazione sanitaria servirà anche «aprire e potenziare ospedali e servizi socio-sanitari diffusi sul territorio per rispondere alla crescente domanda di cure e assistenza verso le cronicità». Così come «assicurare la continuità assistenziale», con legami forti tra ospedali, servizi territoriali e medici convenzionati.
Una Sanità, dunque, che privilegi «il ruolo della medicina di prossimità con un contatto reale con i cittadini». Che renda «omogenee le regole di accreditamento delle strutture private mettendo un freno allo squilibrio verso la spesa privata che ha creato un doppio binario». Con tempi di attesa più brevi, «perché non è accettabile che per aggirare le liste d’attesa si debba pagare la prestazione privatamente». Via, quindi, alla realizzazione di «piani di prevenzione incisivi e adeguatamente finanziati». Ma, soprattutto, alla valorizzazione del personale e allo sblocco delle assunzioni per adeguare le piante organiche e garantire i Lea.