Salute mentale e Coronavirus, ci si può curare solo a distanza?
In un periodo di emergenza come quello causato dal Coronavirus, ci ritroviamo più che mai costretti a ricorrere al telefono, spesso unico mezzo di contatto con l’esterno. Ma in situazioni di estremo bisogno, poter fruire solo di una voce a distanza certamente complica le cose. Questo accade a chi quotidianamente si rivolge ai consultori familiari, ai Centri
In un periodo di emergenza come quello causato dal Coronavirus, ci ritroviamo più che mai costretti a ricorrere al telefono, spesso unico mezzo di contatto con l’esterno. Ma in situazioni di estremo bisogno, poter fruire solo di una voce a distanza certamente complica le cose. Questo accade a chi quotidianamente si rivolge ai consultori familiari, ai Centri di Salute Mentale e agli ambulatori dei dipartimenti ospedalieri di Salute mentale e Dipendenze. E se la situazione non è particolarmente critica presso i consultori familiari, la stessa cosa non si può dire per le altre strutture di assistenza psicologica.
Miceli: «Ci ritroviamo a gestire anche i consultori di Rende e Castrolibero»
Ai consultori familiari dislocati nella provincia di Cosenza, gli orari sono quelli esistenti prima dell’epidemia, ma i telefoni paradossalmente squillano meno del solito. «Un po’ come se l’emergenza Covid-19 avesse portato a relativizzare i propri problemi», così spiega per nulla sorpreso Luigi Miceli, responsabile del consultorio familiare di Cosenza. «Ora ci ritroviamo a gestire – continua Miceli – anche negli altri consultori di Rende e Castrolibero casi di contingenze più urgenti. Mi riferisco alle certificazioni e, in particolare, alle interruzioni di gravidanza per cui riusciamo ad assicurare un supporto ad hoc, forse perché, anche prima, lavoravamo per lo più telefonicamente».
Volpentesta: «Tanti pazienti, li seguiamo con sedute telefoniche»
«Siamo stati colti tutti alla sprovvista – dichiara invece la vicedirettrice del Centro di Salute Mentale di Cosenza, Luigina Volpentesta – e non è stato facile organizzarci, eravamo impreparati e forse anche inconsapevoli dell’entità dell’epidemia. Oltre al fatto sostanziale che mancavano delle direttive dall’alto e delle linee precise da seguire». «Ma dopo un po’ di panico iniziale – continua – è subentrata la necessità di prendere provvedimenti, anche in modo autonomo. Dal decreto Calabria in poi, quindi già dall’8 marzo, insieme ai miei colleghi, seguendo solo le linee guida della Società italiana di Psichiatria, abbiamo lavorato ad una soluzione che potesse essere efficiente per i nostri pazienti, ma anche che ci permettesse di lavorare in totale sicurezza. I corsi che siamo chiamati a seguire su come organizzarci logisticamente sono partiti solo pochi giorni fa e di certo non si sarebbe potuto spettare tutto questo tempo per darci da fare. Non essendoci parametri di riferimento, attraverso il confronto, ci siamo dati autonomamente delle direttive sulle basi delle quali muoverci, in attesa di dare vita ad un vero e proprio ambulatorio virtuale. Abbiamo molti utenti, dai 100 ai 120 – aggiunge Luigina Volpentesta -. Non potevamo di certo lasciarli da soli. Li seguiamo con vere e proprie sedute di psicoterapia telefoniche, da lunedì al venerdì, fino alle 20. In più gestiamo le emergenze, eventuali T.S.O. e con il 118, previa consulenza, procediamo ai ricoveri e evitiamo quelli non necessari». «Stiamo cercando di garantire a tutti il dovuto supporto, ma mi aspetto che la situazione da qui a non molto peggiori, anche a causa della crisi lavorativa che tale emergenza ha causato. C’è chi ha perso il lavoro, chi non ha modo di trovarne un altro, chi lavorando da remoto viene maggiormente sfruttato, dal momento che non si rispettano le ore effettive, ci saranno crisi depressive diffuse». così conclude la Volpentesta con tono preoccupato.
Pianini: «Momenti di angoscia anche in soggetti sani»
Costretti a stare ore e ore a casa, vivendo di monotonia, spesso in ambienti molto piccoli, in assoluto isolamento o a contatto o con familiari problematici, i momenti di angoscia cominciano a palesarsi anche in soggetti sani. «È chiaro – afferma Rosanna Pianini, psicologa clinica presso il Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze presso l’Annunziata di Cosenza – che la condizione di reclusione che subiamo ha delle ripercussioni sul piano emotivo e psicologico. Ecco perché, in alcuni soggetti, sintomi lievi o comunque da tempo sotto controllo, si sono acuiti in questo periodo. È successo, ad esempio, ad un giovane con disturbi ossessivi che è stato ricoverato d’urgenza presso il reparto di Psichiatria dell’Annunziata, in preda ad una crisi: era ossessionato all’idea di essere contagiato dagli altri. O il caso di una ragazza che aveva dismesso la terapia farmacologica per tenere sotto controllo l’ansia e che si è ritrovata invece ad avere continui attacchi di panico, con sensazione di soffocamento, a suo avviso da Covid-19. E poi ci sono anche quelli in quarantena col dubbio di essere positivi o addirittura quelli che hanno contratto il virus».
«Per questo motivo – precisa la Pianini – per cercare di stare il più vicino possibile ai pazienti che avevo in cura, ho provveduto dopo la obbligatoria chiusura dell’ambulatorio, a garantire loro un’assistenza telefonica. E questo in maniera del tutto autonoma, anche contro le iniziali reticenze di alcuni colleghi a fornire il proprio numero di cellulare, ritenendo che tale epidemia non sarebbe durata più di qualche settimana. Io non ho voluto aspettare, anche perché fino ad oggi, nonostante le richieste di smart working e di una piattaforma in cui inserire le eventuali sedute e impegnative, non si è avuta in merito alcuna disposizione dall’alto. Nel frattempo, e così anche alcuni miei colleghi, continuo a fare i colloqui a ciascun paziente, anche tre volte a settimana, spesso più di quanto non riuscissi a fare prima». «Certo, ci sono dei limiti – conclude la psicologa dell’Annunziata – soprattutto per alcune sedute in cui bisognerebbe ricorrere alla Emdr, terapia che si basa sui movimenti oculari del paziente e sui movimenti delle dita dello psicoterapeuta, per cui anche la videochiamata diventa uno strumento non ottimale. Ma cerchiamo di fare il possibile». La verità è che spesso è difficile riuscire a rassicurare qualcuno, senza poter ricorrere anche solo ad una carezza, ma almeno così, considerando che con il Coronavirus saremo costretti a convivere per chissà quanto altro tempo, ci si potrà sentire meno abbandonati.