lunedì,Marzo 24 2025

Chiesto processo disciplinare per due magistrati in servizio in Calabria

Si complica la posizione disciplinare di Antonio Lepre e Luigi Spina, rispettivamemte in servizio presso la procura di Paola e Castrovillari.

Chiesto processo disciplinare per due magistrati in servizio in Calabria

Giovanni Salvi, procuratore generale presso la Corte di Cassazione, ha richiesto il processo alla sezione disciplinare del Csm per 10 magistrati, relativamente all’incontro avvenuto in un albergo di Roma in cui si discuteva di nomine ai vertici delle principali procure italiane. Si tratta del caso Palamara che ha scosso tutta la magistratura italiana. E tra questi ci sono due magistrati in servizio in Calabria: i pm Antonio Lepre e Luigi Spina, rispettivamente alla procura di Paola e alla procura di Castrovillari.

Il procuratore generale Giovanni Salvi ha chiesto il giudizio disciplinare anche per Luca Palamara, Antonio Lepre, Luigi Spina, Corrado Cartoni, Gianluigi Morlini, Paolo Criscuoli, Cosimo Ferri, l’ex pm romano Stefano Fava, l’ex pm della Dna Cesare Sirignano più due magistrati segretari del Csm.

Chiesta l’autorizzazione alla Camera per Cosimo Ferri

In merito alla posizione disciplinare di Cosimo Ferri, magistrato in aspettativa e attuale deputato di Italia Viva, il procuratore Salvi ha chiesto alla sezione disciplinare del Csm di chiedere l’autorizzazione a usare le conversazioni intercettate alla Camera dei Deputati. Tuttavia, la procura generale della Cassazione non ha terminato ancora di leggere le chat di Luca Palamara, dove sono coinvolti altre decine di magistrati che, oltre all’azione disciplinare, rischiano soprattutto il trasferimento per incompatibilità ambientale e/o funzionale. «Non è possibile parlare di numeri e nomi – ha dichiarato Giovanni Salvi – neanche nei prossimi giorni, il lavoro deve essere completato, e non ci può essere alcuna anticipazione fino a quando le persone coinvolte non avranno avuto la notificazione dei provvedimenti».

La procura generale, comunque, contesta ai magistrati sopra menzionati l’interferenza nell’esercizio dell’attività del Consiglio superiore della magistratura, avvenuta in un incontro svoltosi in un albergo romano per parlare di nomine ai vertici delle principali procure italiane. «L’elemento sta nel fatto che le scelte venivano esposte in relazione a condotte, richieste o temute, rispetto a posizioni processuali per favorire qualcuno o danneggiare qualcun altro» ha concluso Salvi. «L’inchiesta di Perugia ha segnato un punto di non ritorno, quello che è successo è irreversibile».

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