Colpa medica, assolto in appello il medico Ciro Campanella
La Corte d'Appello di Catanzaro ha assolto il medico Campanella dall'accusa di omicidio colposo (colpa medica). Ecco la storia processuale.
La Corte di Appello di Catanzaro ribaltando la sentenza di condanna di primo grado emessa dal Tribunale di Cosenza, ha assolto il dottore Ciro Campanella, medico del 118. La vicenda processuale trae origine dalla morte della signora C. S. di anni 33, di Cerzeto, avvenuta il 13 luglio del 2011, presso l’ospedale di Cosenza nel reparto di Rianimazione, a causa di un aneurisma cerebrale.
Colpa medica a Cosenza, la ricostruzione processuale
A Ciro Campanella, nella sua qualità di medico in servizio di emergenza presso il 118, la procura di Cosenza contestava la morte della signora, per negligenza, imprudenza e imperizia. L’imputato, indicando erroneamente una diagnosi di crisi isterica, avrebbe omesso di trasferire la paziente in tempo presso il locale nosocomio, impedendo i dovuti approfondimenti diagnostici (TAC encefalo) determinando così il decesso della paziente deceduta.
All’esito di una lunga ed estenuante istruttoria dibattimentale, il giudice presso il Tribunale di Cosenza aveva dichiarato la responsabilità per omicidio colposo, condannando il sanitario alla pena di 8 mesi di reclusione oltre al risarcimento del danno nei confronti della parte civile costituita, da liquidarsi in separata sede.
La pronuncia della Corte d’Appello di Catanzaro
Avverso la richiamata sentenza, hanno proposto appello i difensori del medico Ciro Campanella, gli avvocati Edoardo Greco e Franceschina Bufano. Negli articolati motivi di impugnazione i difensori dell’appellante hanno lamentato l’illogicità in punto di motivazione della sentenza di primo grado, in particolare ponendo l’accento sul malgoverno delle regole di valutazione probatoria e conseguentemente le loro violazioni denunciando contestualmente l’evidente fragilità dell’apparato motivazionale. La Corte di Appello di Catanzaro ha accolto in toto l’appello degli avvocati Greco e Bufano assolvendo Campanella con la formula “perché il fatto non sussiste”.