Calabria, semaforo rosso. Come e perché non ci siamo salvati
Calabria, benvenuta nella Zona Rossa. Un’attesa da cliffhanger americano (non a caso sull’altro fronte giocano a rete Biden e Trump) prima del verdetto di questa sera pronunciato dal premier Conte. Il Covid è stato un po’ un liquido di contrasto che ha evidenziato un male che in Calabria era già in fase avanzata da tempo.
Calabria, benvenuta nella Zona Rossa. Un’attesa da cliffhanger americano (non a caso sull’altro fronte giocano a rete Biden e Trump) prima del verdetto di questa sera pronunciato dal premier Conte. Il Covid è stato un po’ un liquido di contrasto che ha evidenziato un male che in Calabria era già in fase avanzata da tempo. Solo che, come si dice, finché la barca va, lasciala affondare. Basta che lo faccia con calma, senza troppo rumore.
Cos’è che abbiamo sbagliato in questi otto mesi? Che fine ha fatto il nostro vantaggio sul virus rispetto ad altre regioni da subito piegate in due dal contagio? Cosa è cambiato da: apri tutto a chiudi tutto? Vediamo, passo per passo, come abbiamo fatto per far scattare il semaforo da verde a rosso.
Febbraio, la paura
L’Italia si unisce nella paura che qualcosa di tremendo, assurdo, inaspettato, possa decimare la popolazione. In Calabria si comincia a pregare perché tutti sanno che la nostra sanità è fatta di buchi, milioni mangiati e commissariamenti infiniti (leggi qua la storia https://www.cosenzachannel.it/2020/03/05/calabria-la-sanita-commissariata-ai-tempi-del-coronavirus/ ) che l’hanno resa sottile come un velo di cipolla. Per rompere questo sistema non serve un terremoto, basta un refolo di vento. E qualcuno inizia a soffiare, forte.
Marzo, si chiude
Non si tratta più di monitorare il primo caso dell’anziano originario di Cetraro, arrivato con un pullman da Casalpusterlengo, e risultato positivo ai primi controlli. Adesso il conto inizia a sfuggire da un calcolo a mente. Tutte le province sono colpite, ma il trend rispetto al resto d’Italia è ancora confortante. La Calabria tiene e guarda con un brivido i numeri della Lombardia. Il pensiero comune è: se accadesse qui, sarebbe un disastro ancora più apocalittico.
L’11 marzo, arriva la prima ordinanza, la Calabria si mette sulla sulla scia di altre regioni: chiusi parrucchieri, barbieri e centri estetici fino al 3 aprile. Nella stessa data dalla Regione avvertono che è stato attivato il piano di emergenza Coronavirus.
La Santelli, in accordo con il Commissario Straordinario Cotticelli e con il supporto del Dipartimento Salute, approva il piano che prevede l’attivazione di 400 posti letto di terapia intensiva e subintensiva e uno per le assunzioni di personale medico e personale sanitario non medico a tempo determinato, finalizzato alla gestione dell’emergenza.
Otto mesi dopo, i posti di terapia intensiva sono 152 (6 in più rispetto a marzo). Il 2 novembre, in piena seconda ondata, la giunta regionale approva finalmente, con decreto 91 del 2020, il cofinanziamento delle azioni necessarie per rafforzare gli interventi di contrasto al Covid 19 per l’aumento dei posti letto delle terapie intensive e semi-intensive e la riorganizzazione dei pronto soccorso della rete Covid. Il riferimento è al decreto legge 34 del 19 maggio scorso (qui il testo integrale https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/05/19/20G00052/sg).
Le prime impennate
A metà marzo i casi iniziano a crescere. Reggio Calabria è la provincia più colpita. Il 17 marzo il comune di Montebello Jonico (Rc) e quello di San Lucido (Cs) vengono dichiarati zona rossa, il 21 stessa sorte tocca a Cutro (Kr). Il 22 l’intera Calabria viene chiusa. Viene sollecitato l’intervento dell’esercito mentre il presidente si appella ai calabresi residenti fuori regione: non tornate.
Aprile #andratuttobene
Il 23 aprile, il New York dipinge col pennello duro la Calabria così:
“La sanità, in particolare, rimane un’area in cui un misto di clientelismo politico, cattiva gestione e influenza della criminalità organizzata ha lasciato il sud molto indietro. Anche prima che il virus colpisse, alcuni degli ospedali della regione erano così profondamente indebitati che dovettero essere posti sotto amministrazione esterna e spesso i meridionali si recavano a nord per le procedure mediche”.
I numeri del contagio restano rassicuranti, ogni giorno, in Calabria, si registrano cifre come +9, +10, +7. Una scossa arriva dal caso di Villa Torano, ma in un mese l’emergenza rientra. La Calabria diventa un esempio per le altre regioni, dicono.
Iniziano a diffondersi voci di una sorta di immunità dei calabresi sollecitata dal clima e dal cibo. Qualcuno parla di miracolo di un santo protettore e qualcun altro, addirittura, ci legge un potenziale momento di riscatto sul Nord congelato nella morsa del virus.
Il 27 aprile il governo annuncia la possibilità di un ritorno al proprio domicilio o abitazione di origine da parte di chi ha trascorso il lockdown lontano.
Sale la protesta dalla Calabria: «Tradotto è un “liberi tutti” che va oltre i casi specifici. Il governo si assume in pieno la responsabilità di un nuovo esodo verso Sud e dell’eventuale aumento di contagi che potrebbe derivarne» si legge in una nota.
Il 29 aprile, due giorni dopo la vibrante polemica con il governo, viene emanata in Calabria l’ordinanza “che parla il linguaggio della fiducia”. Anticipando i tempi la regione riapre: via a spostamenti tra Comuni, attività sportive individuali, spostamenti per raggiungere le proprie imbarcazioni, ripresa della attività di ristorazione da asporto.
Scoppia la guerra col governo che impugnerà il provvedimento poi annullato dal Tar il 9 maggio. Il 30 aprile viene consentito il rientro ai soli calabresi residenti.
Maggio, la fiducia
Il 2 maggio i contagiati del giorno in Calabria sono 0. Inizia la fase 2. In tutto il Paese a metà maggio riaprono tutte le attività commerciali. Il male sembra alle spalle. Ma è così?
Il 31 marzo la governatrice Santelli in un’intervista a Repubblica dice: «Fare una vacanza da noi significa anche aiutare una delle regioni più povere d’Europa. Qui l’unico rischio è ingrassare. Del turismo abbiamo bisogno».
Giugno, si festeggia
Dal 3 giugno niente quarantena obbligatoria per chi arriva da fuori. Siamo in piena fase 3.
Caso discoteche, Conte frena: sconsiglio alle Regioni di aprirle. Nei Dpcm dell’11 giugno e del 7 agosto si legge che «le Regioni e le Province autonome, in relazione all’andamento della situazione epidemiologica nei propri territori, possono stabilire una diversa data di ripresa delle attività». Quindi le Regioni hanno la possibilità di decidere discrezionalmente anche l’apertura delle discoteche. Possono riaprirle o no. Qui è un sì.
13 giugno: è certo, in Calabria si ritornerà in pista. L’ordinanza, che fa tirare un sospiro di sollievo agli imprenditori del settore, riguarda «la riapertura nel territorio regionale, delle attività economiche, produttive e ricreative e disposizioni riguardanti l’attività di screening per Sars-CoV-2».
Viene previsto e poi attivato un servizio di trasporti pubblici per raggiungere i luoghi del divertimento notturno: 80 località in tutta la regione da Melito Porto Salvo a Soverato, da Isola Capo Rizzuto a Catanzaro, da Roseto Capo Spulico a Schiavonea sulla Costa Jonica e in orario parallelo anche con la direttrice marittima tirrenica, da Amantea a Praia a Mare, da Pizzo-Vibo a Nicotera, da Gioia Tauro a Reggio Calabria.
Luglio, si balla
«Con 1.231casi (dato aggiornato al 17 luglio 2020, ndr) dall’inizio dell’emergenza sanitaria la Calabria si colloca in fondo alla classifica dei contagi in Italia, frutto di una serie di fattori ad essa favorevoli». Sono le parole di Maurizio Lovecchio, direttore della sede Eurispes Calabria. “Abbiamo salvato la Calabria”, è il mantra che si ripete nei corridoi della giunta regionale.
Le spiagge si affollano di turisti provenienti da tutta Italia e anche dal resto d’Europa, e così ristoranti e club notturni. In discoteca i distanziamenti sono impossibili, gli assembramenti continui e poche, pochissime, le mascherine indossate. I controlli non funzionano o non sono sufficienti a coprire tutto il territorio.
Un video fatto realizzare da Klaus Davi invita la gente a venire a trascorrere l’estate in Calabria, dove non c’è rischio Covid a differenza di altri posti in Italia. Gli appelli a mantenere un atteggiamento prudente si disperdono nelle storie Instagram che raccontano di feste affollatissime senza distanziamento.
I calabresi, anche i giovanissimi, viaggiano, vanno all’estero per le vacanze e poi rientrano, molti si contagiano e contagiano. Il viaggio del virus ricomincia da qui.
Agosto, non si balla più
Il Covid torna a far paura. I numeri risalgono. «Tenere le discoteche aperte è un serio rischio» è il messaggio che il 12 agosto il governo continua a lanciare alle Regioni che decidono di continuare sulla loro strada.
Un nuovo focolaio si accende a Soverato proprio nel cuore della movida estiva calabrese. La Calabria è costretta a un dietrofront improvviso e accoglie il grido d’allarme manifestato dal governo negli incontri con le Regioni: il 13 agosto viene firmata un’ordinanza che sospende tutte le attività che hanno attinenza col ballo (compresi i lidi).
Segue a stretto giro l’obbligo per le mascherine anche all’aperto per tutto il Paese. La situazione in Italia peggiora e anche in Calabria stavolta.
Settembre, miracoli in esaurimento
Riflettori sulle scuole che sono impreparate ad affrontare l’ignoto. Di una cosa sono tutti sicuri: vanno riaperte. Vengono promessi infermieri per ogni istituto scolastico. Ma in molte scuole questi infermieri non si sono mai visti. Intere classi, a due settimane dall’inizio delle lezioni, vengono sospese per sospetti casi Covid.
Se pur sconsigliate, si tengono cerimonie affollate, battesimi, compleanni, feste di pensionamento, feste private, matrimoni con duecento invitati (qualcuno viene anticipato per paura di nuove restrizioni).
Il bollettino inizia a raccontare cifre decisamente diverse dalla scorsa primavera: +254 casi al giorno. Gli ospedali si riempiono, i nuovi reparti promessi non arrivano, i medici a rinforzo neanche.
Salta il tracciamento, saltano i controlli, le proiezioni promettono cieli carichi di nuvole temporalesche e la Calabria resta com’era, sguarnita su tutti i fronti.
Novembre è rosso
La sanità viene di nuovo commissariata e la Calabria viene dichiarata Zona rossa.