giovedì,Marzo 28 2024

Si sono battute male due Americhe anti-popolari

Il bello e il brutto delle norme democratiche procedurali è che spesso escludono il momento puntuale di affermazione di un dato. Le Presidenziali americane sono un ottimo esempio in merito. Essendo elezioni di secondo grado, dove delegati eleggono o eleggeranno un vincitore, è normale che la conta diluisca il risultato in un frastuono di autorivendicazioni

Si sono battute male due Americhe anti-popolari

Il bello e il brutto delle norme democratiche procedurali è che spesso escludono il momento puntuale di affermazione di un dato. Le Presidenziali americane sono un ottimo esempio in merito. Essendo elezioni di secondo grado, dove delegati eleggono o eleggeranno un vincitore, è normale che la conta diluisca il risultato in un frastuono di autorivendicazioni spesso insulse ma necessarie a mantenere in vita un apparato di rappresentanza del potere. Diciamoci la verità: è facile che allo spoglio dei voti postali vinca Biden, ma la chiave di lettura è altra. Che Biden non ha vinto (con sondaggi accreditati che lo danno avanti di diciotto punti) e che Trump non ha perso (superando i gap, le imperizie, gli stress tests delle violenze di piazza e di morti e contagi da Covid-19 che un po’ a leggerli fanno impressione). Si sono confrontate due Americhe che hanno sempre meno in comune, pur all’interno del fondamentale presupposto identificativo comune: born in the USA. Quel mantra intergenerazionale per cui idolatravano Springsteen sia i reaganiani di ferro sia gli ultimi burned out del freak tardo Settanta. 

Trump era il ciarliero vate di un’America reale e forte, ma tutto sommato gravemente assolutistica: gli americani (alcuni milioni) che credono di confinare solo col Messico, essendo il Canada anglofono così culturalmente omogeneo da risultare quasi indistinguibile dal vissuto degli Stati settentrionali. Gli americani che credono ai dazi per riportare la Cina al suo posto di sconfessata subalternità, gli americani che credono a un Dio “God & Guns”, dove con la Bibbia in mano puoi difendere libertà proprietà e vita persino con le pistole. 

Biden era il soldatino della continuità nello Stato amministrativo liberal-progressista: responsabilità sociale di pochi ricchissimi verso molti poverissimi, diritto internazionale come piattaforma del vecchio progetto atlantico, elogio sostanziale delle regole formali. Troppa America è rimasta fuori da queste due caricature che, contro meriti e pronostici, hanno comunque acceso gli animi, catturando una percentuale di voto che da secoli non si vedeva. Non c’erano i piegati dai lockdown federali, svogliatamente considerati da Biden e platealmente disattesi da Trump e trumpisti. Non c’erano l’università e la sanità. Trump denigra forse entrambe, ma rispetto alla consueta macelleria repubblicana non ha torto loro un capello. Biden coccolava tutte e due ma senza un programma: no all’universalizzazione, che non c’era nemmeno nell’Obamacare; non una parola di critica su un sistema che addossa sulla famiglia di ogni discente quaranta/cinquantamila dollari di debito all’atto di iscrizione. Non c’erano né homeless né detenuti, che per la salace battuta di uno dei falchi della destra (non di un socialista beatlesiano) sono le due maggiori minoranze etniche del Paese. Una parola nemmeno per sbaglio sui milioni di ispano-americani di ultima generazione: schiene bagnate che passano il confine e poi servono fedelissimamente uno Stato mai loro e che loro non ha mai voluto. 

Biden e Trump erano muniti di consenso. Hanno portato in urna gente che non c’era mai andata. Populisti, peraltro. Un oracolo e un negazionista. Ma la verità è altra: negli Usa il potere se lo sono diviso e conteso due Americhe profondamente antipopolari.