mercoledì,Maggio 14 2025

La febbre Lidl che esplode durante la pandemia da coronavirus

L’altra faccia di un contagio: tutti pazzi per gli oggetti del desiderio a basso costo “griffati” Lidl. Ressa agli scaffali in piena pandemia per le sneaker comprate a quasi 13 euro e rivendute su e-bay a più di mille.

La febbre Lidl che esplode durante la pandemia da coronavirus

La seconda ondata della pandemia in Italia sarà ricordata per il commissariamento della sanità calabrese ridotto a soap opera, per il premier Conte che inizia finalmente una conferenza stampa puntuale, e poi per le scarpe col logo “Lidl” andate a ruba in poche ore nei punti vendita di tutto il Paese. Il delirio di accaparrarsi oggetti di marketing lanciati a tamburo battente nel circuito dei fedelissimi del volantino, non stupirebbe più di tanto se non fosse che le scene con la folla che si strattona agli scaffali si sono viste mentre è in corso una pandemia mondiale. Gli assembramenti per due chiacchiere in piazza no, ma la ressa al cesto delle scarpe sì, anche nelle regioni in zona rossa. Senza dubbio materia di studio per gli scienziati di Harvard che sanno sempre dare una spiegazione a ogni cosa come ce la diedero sulla connessione improbabile fra il nostro essere ritardatari e l’essere dei geni incompresi.

Il fenomeno psicologico che andrebbe analizzato al momento non riguarda la febbre americana da attesa notturna davanti a un Apple Store per l’i-Phone di ultima generazione, bensì ha a che fare appunto con la famosa catena tedesca Lidl che il 16 novembre festeggia la sua giornata commemorativa e per l’occasione ha sfornato una serie di prodotti con i colori e il logo dell’hard discount. Le più cercate in assoluto, le sneaker azzurre e gialle, esaurite lo stesso giorno. Una sorta di evento mediatico che ha scatenato commenti a raffica sui social, menzioni sui giornali più prestigiosi e una condivisione di meme a volontà come non se ne vedevano dai tempi di Mark Caltagirone.

La febbre Lidl che esplode durante la pandemia da coronavirus

Chiunque frequenti un supermercato Lidl sa bene che ogni lunedì, immancabilmente, sin dall’apertura si consuma il rituale della corsa all’oggetto della settimana. Il 9 novembre era toccato ad esempio alla cucina giocattolo messa in offerta a 49 euro e ideale per un regalo di Natale con un mese d’anticipo: già alle 10 del mattino, dopo un’ora dall’apertura, pezzi finiti in ogni dove. Nelle chat delle mamme si è scatenato l’inferno peggio del solito, alcune non accettando l’idea di non poter consegnare ai loro bimbi il tesoro alias la cucina di plastica a un costo super conveniente, hanno persino proposto di denunciare i dipendenti Lidl che a loro dire sarebbero colpevoli di imboscarsi i prodotti mettendoli al sicuro per favorire conoscenti e amici.

Un’ipotesi di “clientelismo” in senso letterale insomma, e uno schema mentale che pur di giustificare il mancato acquisto vede complotti dappertutto, persino negli spogliatoi di un supermercato: è l’effetto Lidl. Le prese d’assalto agli scaffali – tipo la presa della Bastiglia – qui si ripetono uguali soprattutto di lunedì mentre cambiano solo gli oggetti del desiderio, inseguiti e spariti in un soffio di vento al pari di una perla rara da Sotebhy’s (budget a parte). Il 16 novembre è dunque toccato alle sneacker, alle ciabatte e ai calzini col marchio Lidl. Una questione di principio a chi vinceva una sfida più che la voglia reale di mettersi ai piedi quelle cose dai colori accesi con un retrogusto di tamarro. Ma poi mica tanto. Molti commentatori hanno puntato il dito contro la bruttezza e l’incomprensibile bisogno (quasi immorale dato il periodo) di far propri certi prodotti, dimenticando che la storia della moda ha fatto ovunque strage di fashion victim non in nome dell’estetica bensì delle tendenze, e amen.

A vincere sono i brand, non la bellezza oggettiva, il possesso di qualcosa che gli altri non sono riusciti ad avere. Da Balenciaga a Dior fino a Prada e Adidas, la storia dello stile o presunto tale offre precedenti in merito a oggetti del desiderio bruttini e impossibili che hanno inevitabilmente contaminato l’immaginario popolare. Il cosiddetto “resell” – ovvero rivendere a quote altissime prodotti pagati quasi niente –  è qualcosa di più che un semplice caso di nicchia. È legge di mercato. Maggiorare i prezzi è un meccanismo perverso che ha a che fare col gioco inarrestabile del desiderio, di ciò che è cool, dell’industria finanziaria e dell’economia circolare che crea sogni a tavolino e li rivende online. Difatti le sneacker acquistate ieri al Lidl per quasi 13 euro vengono rivendute oggi su ebay anche a 1.500-2.000 euro. Per gli sneaker addicted, sono già pezzi di culto da (ri)comprare a caro prezzo.

Nel medesimo giorno delle sue introvabili scarpe, Lidl proponeva la promozione dei capi targati Harry Potter, scomparsi magicamente manco a dirlo in un incanto e a suon di incantesimo a chi aveva il carrello più veloce. Il vero elemento di discussione e di involontaria distrazione di massa è diventato però in pochissime ore quello legato al perché dei prodotti come le sneaker – “quelle” sneaker – a basso costo possano assurgere a protagoniste straordinarie in una ordinaria giornata di pandemia. E così è venuto alla luce il sottobosco di interi gruppi di fanatici, di estremisti della ciabatta col logo e di   appassionati che nemmeno Chiara Ferragni con Fendi o Vuitton. Conversazioni pubbliche e segrete gir ano attorno a: “Tu quante ne hai prese?”, “Me le rivendi a tot…?”, “Guarda come sono belle!”. Operazioni degne di un club di filatelia che confondono l’amore per l’apparenza col sincero interesse per un paio di scarpe dalla suola di gomma difficili da abbinare anche alla tuta più sportiva. Non saranno griffate e stilose ma vuoi mettere: tu le hai trovate, il tuo vicino no.