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“Da 48 giorni in casa ed abbandonati per il Covid”. Lo sfogo di una famiglia di Cetraro

Una famiglia di Cetraro: «Ci sentiamo abbandonati da tutti. Non possiamo uscire da ormai 48 giorni e non ci rispondono nemmeno al telefono».

“Da 48 giorni in casa ed abbandonati per il Covid”. Lo sfogo di una famiglia di Cetraro

Quello che raccogliamo è lo sfogo di una famiglia di Cetraro. Luciana, suo marito ed i suoi tre figli infatti, stanno vivendo dallo scorso 10 ottobre un incubo che sembra non avere fine. Iniziato con la paura di essere positivi al Covid-19 e continuato, a distanza ormai di quasi due mesi, da un immobilismo generale che ha portato questo nucleo familiare a contattare la nostra redazione per denunciare quello che stanno vivendo.

“Il 10 ottobre i primi sintomi. Ci chiudiamo in casa”

Luciana, commossa nella voce, ci racconta tutto dall’inizio: “Purtroppo il 10 ottobre a seguito di un malessere generale mio e della mia famiglia ci siamo chiusi in casa per paura di aver contratto il coronavirus. I sintomi c’erano tutti e quindi, ancora prima di informare il nostro medico di famiglia, abbiamo deciso di isolarci e non avere più contatti con l’esterno. Una settimana dopo, ci mandano a Scalea, dove viene eseguito il tampone su di me e su tutta la mia famiglia. Il risultato arriva il 19 ottobre ed è quello che ci aspettavamo. Siamo tutti positivi. E’ stato comunque durissimo psicologicamente accettare la positività non tanto mia o di mio marito, ma quella dei miei figli”. Purtroppo le brutte notizie per Luciana non arrivano da sole: “Si infatti anche mia madre, mio padre, mia sorella e mio nipote risultano tutti positivi. Viviamo degli attimi di grande sconforto anche se la comunità di Cetraro non ci ha mai lasciati da soli. Abbiamo ricevuto per la maggior parte tantissima solidarietà”.

Il secondo tampone è ancora positivo

Luciana e la sua famiglia restano chiusi in casa fino al 3 novembre quando l’Amministrazione di Cetraro organizza un drive-in al Palasport di Cetraro dove vengono effettuati 120 tamponi. La speranza di essersi negativizzati c’è. “Tutti tranne me, che ancora avevo qualche sintomo, stanno bene e quindi – continua Luciana – eseguiamo questo secondo tampone con discreta fiducia”. Il risultato però sembra essersi perso visto che arriva soltanto il 14. Ben 11 giorni dopo e non da i risultati sperati: “Solo mia figlia maggiore si negativizza. Tutto il resto della mia famiglia restiamo positivi. Fortunatamente anche mia madre diventa negativa, mentre mio padre è sempre positivo ma asintomatico, e quindi mia figlia si può trasferire da lei”. La rabbia per Luciana è tanta: “Dal 3 al 14 passano 11 giorni. E quindi in questo lasso di tempo la possibilità che magari anche altri della mia famiglia si siano negativizzati ci sarebbe eccome. Ma nessuno si interessa di farci fare un nuovo tampone”. Nel frattempo dal 10 ottobre, giorno in cui questo nucleo familiare è chiuso in casa, sono già passate 34 notti. Ma non è ovviamente ancora finita.

“Abbandonati da tutti. Fino a quando?”

“Nonostante chiediamo in continuazione che ci venga ripetuto il terzo tampone dobbiamo attendere un’altra settimana affinché l’Asp ci fissi un giorno per poter ripetere l’esame. Ormai nessuno di noi ha sintomi. Il 20 novembre ci rechiamo di nuovo a di Scalea dove io, mio marito ed i miei due figli ancora positivi, effettuiamo il terzo tampone. Oggi è 27 novembre e del risultato di questi esami non vi è traccia. Le continue chiamate all’Asp non hanno esito. Non ci rispondono nemmeno. Ci sentiamo impotenti. Siamo frustrati”. E di giorni ne sono ormai passati 48. Un’infinità per Luciana e la sua famiglia: “Siamo completamente lasciati soli dagli organi sanitari calabresi. Se non riceveremo il risultato saremo liberi di uscire , diventando eventualmente positivi asintomatici, soltanto il prossimo 5 dicembre (21 giorni dall’ultima positività riscontrata, ndr). Ovvero 56 giorni dopo l’inizio dell’incubo. Vi rendete conto? Questo è quello che siamo costretti a vivere noi e che chissà quante altre persone in giro per la Calabria. Il covid in confronto a quello che stiamo vivendo è davvero passato in secondo piano”.

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