martedì,Ottobre 15 2024

Urca urca Tiritiello (ancor non splende il sol)

Era dallo scorso 3 ottobre che avevo un debito da saldare con l’amico Francesco. Il quale, nel post partita di Spal-Cosenza, mi suggerì di dedicare al difensore elbano, goleador a Ferrara in quei minuti finali che potremmo anche ormai ribattezzare zona Tiritiello, il Minamò settimanale – incartandomi persino già il titolo che vedete. Purtroppo, in quell’occasione, il pezzo

Urca urca Tiritiello (ancor non splende il sol)

Era dallo scorso 3 ottobre che avevo un debito da saldare con l’amico Francesco. Il quale, nel post partita di Spal-Cosenza, mi suggerì di dedicare al difensore elbano, goleador a Ferrara in quei minuti finali che potremmo anche ormai ribattezzare zona Tiritiello, il Minamò settimanale – incartandomi persino già il titolo che vedete. Purtroppo, in quell’occasione, il pezzo era già fatto e dunque peccato, mi dissi, e figurati se ricapita l’occasione. Perché, diciamoci la verità, chi avrebbe mai pensato che Andrea Tiritiello, 25 anni da Portoferraio, sarebbe stato decisivo su quasi un terzo dei punti conquistati e delle reti siglate dal Cosenza nelle prime dieci giornate?

Una diffusa leggenda metropolitana voleva che la voce della versione italiana di questo pezzo fosse nientepopodimenoche quella di Fabrizio De André. Si tratta in realtà di Gianni Marzocchi, una discreta carriera da doppiatore e, soprattutto, uno sconcertante ottavo (sic!) posto a Sanremo con Musetto, uno dei capolavori di Domenico Modugno.

E invece così è. I Lupi tornano dal Romeo Menti con un punto prezioso, ma senza aver risolto i problemi di cui scrivo ormai da settembre. Dunque, a questo punto, possiamo iniziare a sospettare che la bravura di Occhiuzzi (nel trovare di volta in volta soluzioni) sia penalizzata dal materiale tecnico a disposizione: quelle soluzioni, insomma, durano sempre troppo poco o soltanto occasionalmente, perché sgamate dagli avversari o difficili da riprodurre a lungo.

Ormai è trascorso più di un quarto del campionato e comincia a essere stucchevole l’idea di dover aspettare ancora per giudicare un calciatore. A dicembre, per dire, a scuola è già possibile scommettere con un buon margine di sicurezza su rimandati e bocciati.

È chiaro, ad esempio, che sulla difesa mi ero sbagliato. Forse finora avrei dato un po’ di spazio in più a Schiavi (o almeno lo meriterebbe quello visto in campo a Parma) e mi domando (con discrezione) che fine abbia fatto Ingrosso. Eppure da quando Legittimo e Idda sono stati affiancati da Tiritiello il reparto sembra aver trovato una quadra – e i numeri dicono che siamo davanti a una delle difese meno battute della serie B.

Comincio, invece, a sospettare di aver sopravvalutato Petrucci (o almeno lo penso dopo la prova di Vicenza). Quando dico sopravvalutato mi riferisco ad alcune capacità, non al giocatore nel suo complesso, che invece c’è tutto. Non siamo davanti a un nuovo Leandro Greco, per esser chiari, ma ad a un giocatore esperto, che domenica ha retto novanta minuti (60 con un “giallo” sul groppone) anche se non ancora in forma ottimale. Tuttavia, dopo le prime apparizioni, avevo sperato che potesse essere lui il regista a cui affidare la manovra rossoblù – e mi pare invece evidente che non lo è.

Giacomelli (cerchio rosso in alto) fa quasi un coast to coast palla al piede prima di servire Meggiorini (cerchio rosso in basso a destra) al limite dell’area. È vero che Petrucci è già ammonito e, alle sue spalle, avanza Dalmonte, ma in quella situazione, da che mondo è mondo, il mediano fa una cosa sola: corre a chiudere sul portatore di palla.

Posto che di un regista alla Palmiero nel gioco del calcio si può fare anche a meno, questo è possibile solo se fasce, trequarti e punte propongono soluzioni diverse. Prendiamo le fasce. Il Cosenza, al momento, ha due buone alternative a sinistra (Vera e Bittante), ma non altrettante a destra, corsia sulla quale Bittante rende molto meno, Corsi aggredisce poco la profondità e Bouah appare ancora troppo timido. Detto in due parole ai nostri avversari basta trovare il modo di arginare le scorribande dell’esterno colombiano: la Salernitana c’è riuscita e ha vinto al Marulla; il Frosinone no e si è visto com’è andata.

E al Menti? La verità è che il Cosenza avrebbe potuto perdere o vincere in egual misura. Falcone ha firmato i soliti tre interventi decisivi, ma quasi tutti su tiri dalla distanza. Dall’altra parte meritavano maggior lucidità le chance di Sacko e Carretta a tu per tu con Perina (sempre sia lodato, anyway) (e chi la pensa diversamente si merita una porta difesa da Scalabrelli, Amato e Bonaiuti tutti in una sola stagione) (ed è successo davvero, non era una battuta).

E siamo così all’attacco, dove la coperta è cortissima. Gliozzi tanto impegno, la Gaccia Charrua è in piena involuzione e Carretta non ce la fa a portare la croce di un intero reparto per tutta la stagione. Spero di ricredermi, ma ad oggi archivierei come fallita la scommessa di Petre. E Sacko ha fatto vedere ancora molto poco, ma quel ch’è certo è che non ha i mezzi per surrogare tatticamente una prima punta.

Non amo caricare le spalle dei singoli, ma alla decima giornata, per riprendere l’allegro ritornello della canzone di Robin Hood, il sole per il Cosenza splende quando c’è in campo c’è Balù. Perché è meno prevedibile di Baez e sintetizza le doti di Carretta (rapidità) e Sacko (solidità). Caratteristiche che permettono alla fase offensiva dei Lupi di essere d’incanto meno prevedibile, di offrire pochi riferimenti. Detto altrimenti, per me quel ragazzo lì dovrebbe indossare una maglia da titolare sempre. Anche quando dorme. E dunque pure nelle prossime tre gare. Anche perché, tra Reggiana (in casa), Ascoli e Cremonese (fuori), il Cosenza ha ora un dannato bisogno di punti. In tutta la sua storia cadetta recente, e cioè dal 1988 in poi, solo l’anno scorso i rossoblù erano arrivati alla decima giornata senza una sola vittoria interna. Con Braglia, dodici mesi fa, i punti adesso erano 8 anziché 9, ma il terzultimo posto aveva fatto già (e giustamente) suonare qualche campanello d’allarme. Stavolta la zona retrocessione è decisamente più affollata: tra la Reggiana e l’Entella ci sono sei punti e metà delle squadre cadette.

In più, la partita di Vicenza è un po’ la sintesi dei guai che potremmo trovarci ad affrontare con le squadre in lotta per non retrocedere come noi. Se contro Frosinone, Lecce e Cittadella il Cosenza non ha mai sfigurato, anche grazie agli spazi che avversari più propositivi finivano per lasciare, i biancorossi hanno commesso questo errore solo occasionalmente (all’inizio del primo e del secondo tempo). Non a caso l’occasionissima di Carretta è arrivata su un lancio lunghissimo dalla difesa di Idda e la rete del pari su un calcio da fermo.

Tutte le volte che ascolto questa canzone, nella mia testa, Re Giovanni e lo Sceriffo hanno i panni di tutti i presidenti del Cosenza che ho visto in poco meno di quarant’anni.

Insomma, è ancora lunga, ma il pareggio di Vicenza inizia a farmi sospettare che sarà pure complicata. E non invidio il compito di Occhiuzzi, perché sarà assai diverso rispetto al giugno scorso. Allora c’era da imbastire un miracolo col materiale che passava il convento. Stavolta, invece, c’è da incrociare le dita e tirare avanti con una rosa che, in molti ruoli, dispone di coppie non sufficienti a garantire l’intero torneo. Oppure rimettere mano nei punti deboli: terzino destro, punta, regista e, forse, pure centrale difensivo (almeno per cautela). Ma, soprattutto, c’è da convincere direttore sportivo (in scadenza di contratto) e presidente a farlo sul serio.