Donato Bilancia, il Covid si porta via il feroce assassino
Cosa ha generato in Donato Bilancia questa furia omicida è rimasto oscuro anche al suo psichiatra. E' morto ieri nel carcere di Padova.
Donato Bilancia era e rimane uno dei più spietati assassini della storia italiana, aveva sulle spalle 69 anni e 13 ergastoli per 17 omicidi ed è morto il 17 dicembre 2020 a causa del Covid19, contratto nel carcere di Padova.
Individuato a causa del vizio di accodarsi alle altre macchine con la sua Mercedes, per non pagare il pedaggio autostradale ed incastrato da un mozzicone di sigaretta lasciato vicino al cadavere di una delle sue vittime, da vero serial killer, con la sua confessione resa immediatamente dopo l’arresto, avvenuto il 6 maggio del 1998, fece emergere non solo i particolari della sua lunga scia di delitti, compresi quelli fino ad allora rimasti irrisolti o archiviati come morti naturali, ma anche la sua difficile infanzia.
Chi era Donato Bilancia
Il rapporto complicato con i genitori, il suicidio del fratello che si getta sotto un treno con il figlio di quattro anni, il gioco d’azzardo ed i primi furti per saldare i debiti, sono solo alcuni degli aspetti significativi della sua vita, antecedenti al momento in cui decise di uccidere per la prima volta. Una carriera omicida che ebbe inizio il 14 ottobre 1997 quando, dopo aver capito di essere stato tradito nel gioco dal suo miglior amico, Maurizio Parenti, bussò alla porta di Giorgio Centanaro, proprietario del locale dove si riunivano, lo legò con il nastro adesivo e lo soffocò. Questo fu il primo ed unico omicidio commesso senza la sua pistola, che usò il 24 ottobre proprio contro Maurizio Parenti e sua moglie. Da allora Bilancia non si fermò più e con molta probabilità non si sarebbe fermato se non fosse stato individuato.
Gli omicidi commessi da Donato Bilancia
Il 27 ottobre toccò ai coniugi Bruno Solari e Maria Luigia Pitto, titolari di un’oreficeria, il 13 novembre a Luciano Marro, cambiavalute, il 25 gennaio 1998 a Genova, fu il turno di Giangiorgio Canu, metronotte. Il 20 marzo successivo rapinò e uccise Enzo Gorni, un altro cambiavalute a Ventimiglia. Il 9 marzo 1998 iniziò, invece, a colpire le prostitute: Stela Truya a Varazze, Ljudmyla Zubskova il 18 marzo a Pietra Ligure ed il 24 marzo a Novi Ligure, la transessuale Lorena che, ferita gravemente, riuscì a fuggire. Questo evento provocò la morte collaterale di due testimoni: i metronotte ai quali Bilancia sparò ferendoli mortalmente. Il 29 marzo a Cogoleto, uccise Tessy Adodo. Il 12 aprile dello stesso anno iniziò a colpire nei treni: trovandosi sull’Intercity La Spezia-Venezia, scassinò la porta del bagno del vagone e sparò contro Elisabetta Zoppetti, il 14 aprile tornò ad uccidere una prostituta, Kristina Valla, il 18 aprile di nuovo su un treno, sulla tratta Genova–Ventimiglia, assassinò Maria Angela Rubino, masturbandosi poi sul suo cadavere.
Perché così tanta crudeltà?
Nessuno ha mai trovato una vera logica a tutti questi delitti avvenuti in un periodo di tempo molto breve e compiuti da un uomo ritenuto gradevole e molto intelligente. La mancanza di un filo conduttore è d’altra parte evidente dai diversi appellativi con i quali veniva indicato: “mostro della Liguria”, “killer delle prostitute”, “serial killer dei treni”. La diversità delle vittime, alcune delle quali uccise forse per vendetta e motivi economici, altre riconducibili ad un movente parafilico è unita solo dalla stessa mano, armata sempre da una P38.
Sappiamo che Jeffrey Dahmer uccideva i suoi amanti, ne bolliva i resti e ne faceva esperimenti a causa dei suoi disturbi sessuali, conosciamo gli squilibri di Ted Bundy, ma non è ben chiara la motivazione sottesa ai delitti di Bilancia, soggetto perfettamente in grado di intendere e di volere, seppur certamente con alcuni tratti di interesse e con alcuni aspetti da indagare dal punto di vista criminologico, come il fatto che si facesse chiamare Walter perché considerava il suo nome di battesimo ridicolo o, soprattutto, che ritenesse le sue gambe rachitiche ed il pene troppo corto.
Ma cosa ha generato in lui questa furia omicida è rimasto oscuro anche al suo psichiatra, data la particolarità degli agiti e la personalità dell’uomo. Sarebbe stato dunque molto importante, sia per il mondo psichiatrico che per quello forense, continuare ad analizzarlo e discutere con lui, come faceva chi si occupava della sua rieducazione in carcere.
Perché ciò che suscita più inquietudine è l’insospettabilità dei soggetti dietro i quali si celano gli assassini seriali, così come il mistero della loro mente, che li rende tutti simili ma profondamente diversi tra loro. Solo la possibilità di esplorare le loro realtà consentirebbe di avere col tempo un quadro più preciso, al fine di poter evitare che altri soggetti agiscano allo stesso modo in futuro. Ma il Covid, fuori e dentro il carcere, colpisce chiunque gli capiti occasionalmente davanti, lasciando traccia del suo passaggio proprio come uno spietato serial killer.
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