Cosenza GIGA club: proposte per la città
Ironicamente quanto convintamente, qualche giorno addietro su un quotidiano locale avevo reclamato un’operazione GIGA per la Calabria: Genere – Incontro – Giustizia – Ambiente. Avevo fatto riferimento all’ancora troppo alto tasso di violenze domestiche e alla sostanziale latenza di partecipazione reale. Avevo richiamato le esperienze meritorie dell’accoglienza e delle politiche migratorie dal basso e rimandato
Ironicamente quanto convintamente, qualche giorno addietro su un quotidiano locale avevo reclamato un’operazione GIGA per la Calabria: Genere – Incontro – Giustizia – Ambiente. Avevo fatto riferimento all’ancora troppo alto tasso di violenze domestiche e alla sostanziale latenza di partecipazione reale. Avevo richiamato le esperienze meritorie dell’accoglienza e delle politiche migratorie dal basso e rimandato alla necessità di migliorare l’organizzazione giudiziaria e dell’esecuzione di pena. Infine avevo parlato di ambiente: non l’ambiente dei paroloni, della “green economy” che traveste di migliori intenzioni i peggiori profitti. Proprio l’ambiente basico, sostanziale, quello che manca: mantenere il territorio, rimboscarlo, mettere al sicuro le persone e i luoghi, fermare le speculazioni. Oggi, con lo stesso bonario sarcasmo e altrettanta tenacia, avrei voglia di lanciare un’operazione “GIGA” anche per Cosenza. Tranne poche belle eccezioni, il dibattito sul futuro della città langue e provo a scagliar una pietra (per fortuna, non la prima). Confesso subito cosa sarebbero i miei GIGA per Cosenza: Generazioni – Internazionale – Giornali – Assistenza. E tra serio e faceto provo a spiegarmi.
In città alcune sofferenze sociali sono perfettamente intergenerazionali, come ovunque, e altre invece sono tipiche di precise età anagrafiche. Penso alla condizione degli anziani, compresi quelli che hanno problemi di salute endemici o difficoltà motorie. La pandemia e i vari blocchi li hanno resi ancora più isolati e fragili: senza una piccola rete di solidarietà volontaria, sarebbero stati perduti. Morti silenziose, morti senza autopsia. Ma penso anche, e con pari preoccupazioni, al precariato cognitivo concretamente osservabile tra molti, moltissimi, eccellenti e giovani laureati dei nostri atenei, che non incontrano un mondo del lavoro a misura di diritto e stabilità. L’autoreddito e la cooperazione sociale sono istanze fortemente politiche, ma la politica intesa come amministrazione non può abbandonarsi alla buona volontà dei singoli.
“I” come Internazionale, e non è affatto un riferimento calcistico. La città dei Bretti ha sempre saputo creare collaborazioni e iniziative con realtà straniere: lo ha fatto nelle accademie pubbliche e private, nelle arti figurative, nella musica, nel campo della beneficenza e della cittadinanza. Non ci interessa vedere al passato questo retaggio e fantasticare di una “Atene di Calabria” che forse oggi neanche siamo. Negli ultimi anni questa duttilità di incroci e incontri (dai festival alla progettazione, dagli studenti fuorisede al turismo estero, dai percorsi alle sperimentazioni concrete di nuova convivenza sociale) sembra essersi arrestata. Inutile giocare a freccette: sarà stata certo colpa di un rinculo che ha coinvolto moltissime città italiane; non è ragione sufficiente per mettere in parentesi quello che siamo stati, quello che abbiamo creato e soprattutto quello che dovremo creare da qui in avanti.
“G”, ancora, come giornali. E non mi riferisco specificamente alla tradizione editoriale cosentina, che pure è molto riconosciuta e studiata in tutto il Sud, per le testate che ha prodotto, per le redazioni coraggiose, per le edizioni in anticipo sui tempi, quanto a forme e contenuti. Né faccio riferimento ai progetti che si sono dovuti trasferire (o nascere) sull’online, facendo, come in questo caso, ottime cose. Più ampiamente, vorrei si guardasse a che ruolo può avere la cultura in città, se da essa possa nascere professionalità, competenza, miglioramento di condizioni di vita. Recuperare la nostra storia anche attraverso i fogli che si sono stampati in città, gli Autori che ne hanno portato alto il nome, le grandi e dimenticate risorse archivistiche, filologiche, documentali.
E ora la mia ultima “A”, prima lettera dell’alfabeto, ça va sans dire. “Assistenza”. Ci hanno educati a una pessima concezione dell’assistenza facendoci credere che “assistenza” fosse esattamente il suo contrario, cioè un assistenzialismo clientelare o episodico che volta per volta distribuiva benefit di dubbia utilità collettiva e di sicuro interesse particolare. Ritengo che l’assistenza e la pianificazione dell’assistenza siano cose molto diverse, che non possono sostituire tutto, ma che molte cose integrano e fanno. Peraltro, sono campi in cui in città esistono qualità lavorative specifiche finanche impossibili da elencar tutte. Ancora: dalla cooperazione internazionale alla clown-terapia, dal rapporto coi migranti alla questione di genere, dalla ricerca scientifica alla riappropriazione di spazi degradati. Ecco, questa “assistenza” è giusto che venga recuperata, che incontri non solo le vertenze territoriali, ma anche dei canali di riconoscimento, di attuazione, di quotidiana appartenenza diffusa. Di “pubblicizzazione” (transizione al diritto pubblico, a un senso comune del pubblico). E che non sembri una parolaccia! Ciò la renderebbe più ampia per i suoi beneficiari, più fruttuosa e agibile per i suoi promotori, più trasparente per i suoi tanti, sconfessati, detrattori.
Cosenza che si connette a questi “giga”, giga sociali e concreti non digitali e teleferici, credo potrebbe andar più veloce e più lontano. Finalmente incontro, cioè, al destino che merita. E se a quel destino non va incontro, allora forse nemmeno lo merita.