martedì,Ottobre 15 2024

Una Cosenza solidale: i gruppi, i quartieri, la città

Il ministero dell’Interno ha messo a verbale quali sono le frontiere delle mafie al tempo del Covid-19. Entreranno col riciclaggio e le usure nelle imprese prive di liquidità per le lunghe chiusure. Cercheranno di accaparrarsi gli appalti per le forniture emergenziali. Ancora peggio, e sarebbe un atto di sciacallaggio persino superiore alla sua gravità penale,

Una Cosenza solidale: i gruppi, i quartieri, la città

Il ministero dell’Interno ha messo a verbale quali sono le frontiere delle mafie al tempo del Covid-19. Entreranno col riciclaggio e le usure nelle imprese prive di liquidità per le lunghe chiusure. Cercheranno di accaparrarsi gli appalti per le forniture emergenziali. Ancora peggio, e sarebbe un atto di sciacallaggio persino superiore alla sua gravità penale, potranno interferire con la somministrazione dei vaccini, “intervenendo” sulla catena di dosaggio e diffusione. I rischi all’orizzonte sono enormi, sostanziali. E grave è la condizione di tutti quei fattori sociali che di solito precedono la violazione di dignità e legalità: le dipendenze, la carenza reddituale, il degrado urbano, che si scarica violentemente sulle periferie e sui quartieri storici.

Per queste ragioni, le realtà dove concretamente si cerca di sviluppare dal basso cooperazione, alternativa, solidarietà dovrebbero essere tenute in considerazione sul piano civile. Nella penuria di mezzi che affligge troppi ma non tutti, creano i presupposti di un piccolo ma irrinunciabile miglioramento delle condizioni di vita. Ed è per queste ragioni che a Cosenza la perquisizione avvenuta nella sede del gruppo ultras del centro storico appare priva di motivazioni quanto lesiva di un “caminetto” di relazioni e buone pratiche amato effettivamente dal quartiere stesso e dagli altri quartieri della città, dove sono sorte o stanno cercando di sorgere esperienze aggregative simili.

Iniziative di questo tipo sono anche il prodotto di una legislazione che consente per determinate ipotesi di reato di effettuare perquisizioni o di utilizzare altri mezzi di ricerca della prova, anche in assenza delle universali garanzie di legge. Se, ad esempio, l’autorità che procede indica di ricercare sostanze stupefacenti o armi detenute illegalmente, la legge consente che quelle esigenze di sicurezza prevalgano su diritti individuali e collettivi. Norme del genere sono il retaggio di anni difficili della storia italiana, quando nel tentativo di reprimere l’extraparlamentarismo si ridussero i diritti di tutti, quelli esercitati e quelli percepiti, creando un clima non meno teso, non meno violento, non meno ingiusto. E da tempo in Italia intorno al fenomeno ultrà e a ciò che ne rimane, dopo anni di normative speciali, circolano ricostruzioni terribili quanto convenienti: le curve finiscono nei dossier sulla criminalità, nelle leggi di prevenzione, nelle condanne senza appello dei media che insorgono a ogni fenomeno di violenza, ma che forse non fanno abbastanza per sradicare quei fenomeni negli altri 364 giorni dell’anno.

I gruppi del tifo cosentino non hanno per nulla queste caratteristiche, come non ne avevano gruppi di tifoserie amiche e rivali passati al setaccio per motivi simili negli anni e nei mesi passati. Anzi, per fortuna si può considerare che se ci sono realmente delle realtà che lavorano attivamente per prevenire il disagio sociale,i danni delle tossicodipendenze, l’utilizzo di armi (da sparo e da taglio), gli ultrà possono e devono da decenni e di più oggi, in città, considerarsi tra queste.

Universitari inglesi, rifugiati africani, slavi e orientali, storici, scrittori, glottologi, madri e padri di famiglia, minori abbandonati, ricercatori e medici che avvicinano gli indigenti alla diagnosi prima e alla cura poi da tempo sanno che è così. Ed è giusto dirlo, senza trionfalismi ma con umiltà e schiettezza. Per continuare ancora una volta in questa stessa direzione. La stessa che ben dovrebbe conoscere anche il volto di istituzioni, sicurezza e amministrazione nella città.