venerdì,Marzo 29 2024

Stop sci fino a 5 marzo, la rabbia degli alberghi

Stop allo sci fino al 5 marzo, e monta la protesta degli albergatori, ma anche di federazioni e associazioni, per l’ultima ordinanza firmata dal ministro Speranza.   “Non c’è rispetto per il nostro lavoro ma totale disprezzo per la nostra situazione, siamo nauseati”. E’ forte la rabbia dei gestori degli hotel montani della Lombardia, è

Stop sci fino a 5 marzo, la rabbia degli alberghi

Stop allo sci fino al 5 marzo, e monta la protesta degli albergatori, ma anche di federazioni e associazioni, per l’ultima ordinanza firmata dal ministro Speranza.  

“Non c’è rispetto per il nostro lavoro ma totale disprezzo per la nostra situazione, siamo nauseati”. E’ forte la rabbia dei gestori degli hotel montani della Lombardia, è palpabile: pronti ad aprire domani, ora che è arrivato un nuovo stop da parte del ministro in molti fanno fatica a contenere il disappunto. “Continuano a rimandare l’apertura, vorrei capire cosa è cambiato oggi rispetto a una settimana fa – dice all’Adnkronos Mariangela Bozzi dell’Hotel Bozzi di Aprica, tra la Val Camonica e la Valtellina – ci stanno disprezzando, sono vergognosi. Non hanno rispetto del lavoro altrui. Io ho fatto venire due ragazzi dalla Romania, gli ho garantito un mese, e ora?” 

Anche gli impianti, fa notare Bozzi, “stanno spendendo un sacco di soldi per le piste e questi hanno il coraggio di chiudere tutto il giorno prima. Hanno venduto gli skipass, noi abbiamo le prenotazioni per il weekend. Non è giusto che ci disprezzino così, disprezzano la nostra categoria. E’ più che vergognoso, hanno mostrato disprezzo per la situazione di questo settore in Italia”. Per Bozzi, “le condizioni per riaprire gli impianti ci sono”. E poi fa notare: “L’estate scorsa hanno fatto riaprire le discoteche, di che parliamo?” 

“Eravamo pronti a partire di nuovo e invece…così ci sentiamo presi in giro. Avevamo riaperto confidando nella ripartenza degli impianti da sci ma ora ci crolla di nuovo il mondo addosso, sarà un’altra mazzata a livello economico”. A dirlo all’Adnkronos è Laura Kaldembachir dell’hotel Terme di Bormio, dopo lo stop alla riapertura degli impianti. “Sarebbe stato corretto saperlo prima, con qualche giorno di anticipo, visto che le persone hanno prenotato – sottolinea ancora Kaldembachir -. Ovviamente non ci fa piacere questa notizia. Certo non avremmo risollevato la stagione me almeno avremmo contenuto i danni”. 

“Non si può arrivare 15 ore prima della riapertura e cambiare le carte in tavola, con la gente che ha comprato lo skipass e gli alberghi che hanno riaperto, acquistato le provviste. Domani invece che avere l’hotel pieno molti lo avranno vuoto”. Non usa giri di parole Daniela Bezzi dell’hotel Mignon di Ponte di Legno, in Valcamonica, nel Bresciano, per esprimere la rabbia nell’apprendere del rinvio della riapertura degli impianti sciistici. “Gli alberghi hanno assunto personale, sostenuto dei costi per niente – sbotta Bezzi – a me va bene qualsiasi decisione ma almeno che venga comunicata una settimana prima. Ci si deve organizzare, abbiamo il diritto di organizzare il nostro lavoro”. Bezzi è preoccupata ma anche molto amareggiata per la situazione: “Ci sentiamo molto presi in giro, non ci hanno tenuto in considerazione per tutto l’inverno – rimarca – abbiamo perso le feste di Natale, quasi metà stagione e non abbiamo ancora visto un euro”.  

Fino a stamattina, osserva, “il telefono continuava a suonare perché la gente ha voglia di farsi una sciata e ora ci troviamo dalla sera alla mattina con l’albergo vuoto, come è successo l’8 marzo l’anno scorso. Adesso però è diverso. Io capisco che la situazione sia grave però se fino a ieri dicono che si può aprire e sciare e poi a 15 ore dalla riapertura chiudono tutto non credo sia corretto”. 

”E’ una follia, non si può portare le aziende a un punto del genere, siamo a 12 ore dall’apertura, con migliaia di biglietti venduti online, migliaia di presenze alberghiere prenotate per le vacanze di Carnevale, migliaia di ore di lavoro dei maestri di sci prenotate che domani mattia dovevano iniziare e alla sera prima si chiude in questo modo? siamo senza parole”. Così all’Adnkronos, Giampiero Orleoni, presidente di Arpiet, l’associazione regionale piemontese delle imprese esercenti trasporto a fune in concessione sulla chiusura degli impianti di sci che avrebbero dovuto riaprire domani. ”Va bene il Covid, ma allora si chiude l’Italia perché non posso immaginare che domani mattina ci siano bus pieni, metropolitane piene, aerei pieni, tutti che si spostano, che vanno nei centri commerciali, mentre il problema più grosso è chi doveva andare a farsi tre giorni di sci in montagna”, aggiunge Orleoni. Quanto a eventuali iniziative di protesta, Orleoni conclude: ”Staremo a vedere. A voce ci hanno garantito una sorta di ristori immediati però dovremo poi valutare la situazione perché a questo punto i danni ce li devono rifondere”. 

“Ancora una volta la tempistica dell’informazione sembra non aver rispetto per gli italiani che lavorano. La scorsa settimana il Cts ha dato l’ok alla riapertura delle stazioni adesso ci troviamo alle 19.30 della sera prima della riapertura con questa ordinanza che chiude tutto. Le stazioni hanno investito molto per preparare piste, assumere personale, per organizzarsi con gli albergatori. Sono stati investiti moltissimi soldi e ancora una volta il nostro mondo viene duramente penalizzato. Ci vogliono più serietà e più correttezza. Solo lo sci infetta?”. Sono le dure parole del presidente della Federazione Italiana Sport Invernali, Flavio Roda, appena appreso della firma dell’ordinanza. 

“La montagna, finora dimenticata, merita rispetto e attenzione: che risposte si danno e in che tempi al documento predisposto dalle regioni? Non è solo questione di cifre: non è detto nemmeno che bastino i 4,5 miliardi richiesti quando la stagione non era ancora compromessa, probabilmente ne serviranno di più, a maggior ragione se ci sono altri stop”. Lo dicono i ministri Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia dopo la decisione del ministro. “È prima di tutto una questione di rispetto per un sistema delicato che tanto contribuisce al benessere del Paese. Gli indennizzi per la montagna devono avere la priorità assoluta, quando si reca un danno, il danno va indennizzato; già subito nel prossimo decreto”, aggiungono. 

“Non si può continuare con il ‘metodo Conte’, annuncio la domenica e chiusura il lunedì, ad opera del trio Ricciardi Arcuri Speranza. Serve un cambio di passo e rispetto per la gente di montagna e per chi lavora, oltre a rimborsi veri e immediati: aldilà di Speranza, appena riconfermato ministro, è necessario un cambio di squadra a livello tecnico”. Così i capigruppo della Lega Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari. 

”Sono allibito da questa decisione che giunge a poche ore dalla riapertura programmata per domani”. Così, in una nota, il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio commenta l’ordinanza firmata dal ministro della Salute. “Il Comitato tecnico scientifico nazionale soltanto dieci giorni fa, il 4 febbraio, aveva stabilito che in zona gialla da lunedì 15 si sarebbe potuto sciare. Su queste direttive il Piemonte si è mosso, nel rigoroso rispetto delle regole. Regole che non possono cambiare tutte le settimane. E, soprattutto, i dati aggiornati sulla situazione epidemiologica sono in possesso del Cts e del Governo da mercoledì. Mi chiedo se non fosse il caso di fare queste valutazioni prima, invece di aspettare la domenica sera. E’ una mancanza di rispetto inaccettabile da parte dello Stato che dovrebbe garantire i suoi cittadini, non vessarli”. 

“Trovo assurdo apprendere dalle agenzie di stampa la decisione del ministro della Salute di non riaprire gli impianti sciistici a poche ore dalla scadenza dei divieti fin qui in essere, sapendo che il Cts aveva a disposizione i dati da martedì, salvo poi riunirsi solo sabato”. Così il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana commenta la decisione del ministro Speranza. “Una decisione – aggiunge il presidente – dell’ultimo secondo che dà un ulteriore colpo gravissimo a un settore che stava faticosamente riavviando la propria macchina organizzativa. Ancora una volta si dimostra che il sistema delle decisioni di ‘settimana in settimana’ è devastante sia per gli operatori, sia per i cittadini. Solo sette giorni fa lo stesso Cts nazionale aveva dato il via libera a un regolamento molto severo per poter riaprire. Su quella base avevamo consentito la riapertura”. 

“Ci sono due cose – aggiunge quindi l’assessore regionale alla Montagna Massimo Sertori – che il ministro Speranza deve fare: chiedere scusa alle migliaia di operatori turistici e ai cittadini per questa incredibile vicenda e, soprattutto, indennizzare immediatamente gli uni e gli altri che si sono fidati delle loro decisioni. È arrivato il momento di rivedere questo sistema dei ‘semafori settimanali’: una richiesta formale che facciamo al nuovo Governo”. 

”Domattina per prima cosa riunirò l’Avvocatura regionale per valutare tecnicamente la possibilità di impugnare il provvedimento annunciato da Speranza, così da proporlo ai colleghi di Giunta e al presidente Cirio”. Ad annunciarlo, in una nota, Maurizio Marrone, assessore della Regione Piemonte agli Affari legali ed esponente di FdI che aggiunge: ”a gelare le illusioni di quanti guardavano all’esecutivo Draghi come al governo del rilancio arriva il solito, ennesimo quanto imprevisto stop del ministro Speranza alle attività sciistiche, in perfetta continuità con lo stile Conte bis: una mazzata finale firmata Leu al comparto della neve, che aveva legittimamente innevato le piste, assunto personale, riempito i magazzini della ristorazione, preso prenotazioni negli hotel”. ”Questo comparto troverà in Fratelli d’Italia la vera opposizione a questo scempio”, conclude. 

“Solo pochi giorni fa il Governo Conte-Speranza e il Cts avevano autorizzato la riapertura delle piste sci dal 15 febbraio nelle Regioni in zona gialla. A 24 ore dalla ripartenza, lo stesso Cts dice che non ci sono più le condizioni e il Governo Draghi-Speranza decide un altro rinvio. È la mazzata finale per tantissimi operatori, che non hanno lavorato per mesi subendo perdite enormi e che per organizzare la riapertura hanno sostenuto spese, assunto personale, venduto skipass, accettato prenotazioni alberghiere”. Lo dice Giorgia Meloni. “Quando verranno ristorate queste imprese? Quanti soldi verranno stanziati per pagare i danni di questa scelta? Chi dirà ai lavoratori appena assunti che da domani dovranno rimanere a casa? Ma soprattutto: come lavorate? È scandalosa la superficialità con la quale si prendono in giro cittadini e imprese, procedendo a tentoni, trattando gli italiani come sudditi. Basta!” aggiunge la leader di Fratelli d’Italia. 

“La decisione di chiudere gli impianti sciistici, al netto di una tempistica discutibile, impone un problema essenziale: l’esigenza di ristori e risarcimenti adeguati, congrui e tempestivi al sistema imprenditoriale della montagna italiana, che con grande impegno e sacrificio si era presentato ai cancelletti del 15 febbraio adeguato”. Lo dicono i deputati democratici Enrico Borghi (dell’ufficio di presidenza a Montecitorio), Francesca Bonomo e Roger De Menech.
 

Fonte: AdnKronos

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