La via di mezzo e la schiena dritta
Un anno fa, alla ventiseiesima giornata, il Cosenza (terzultimo a 23 punti) aveva già sostituito un allenatore (Braglia) e, nel giro di due settimane, avrebbe preso atto dell’abbandono di Pillon, per affidare la “missione impossibile” a Roberto Occhiuzzi. Ma non è questo che mi interessa. Al secondo posto c’era il Frosinone con 46 punti: gli
Un anno fa, alla ventiseiesima giornata, il Cosenza (terzultimo a 23 punti) aveva già sostituito un allenatore (Braglia) e, nel giro di due settimane, avrebbe preso atto dell’abbandono di Pillon, per affidare la “missione impossibile” a Roberto Occhiuzzi. Ma non è questo che mi interessa.
Al secondo posto c’era il Frosinone con 46 punti: gli stessi coi quali il Cosenza avrebbe poi centrato la permanenza in B. Provo allora a fare un gioco e prendo i 45 punti odierni del Venezia secondo come possibile nuova quota salvezza. Calcolatrice alla mano, dunque, ai Lupi servirebbero 19 punti nelle prossime dodici gare per la permanenza in B.
Dodici partite che si dividono in due blocchi simmetrici. Da una parte sei sfide contro formazioni invischiate, in modi diversi, nella lotta per non retrocedere (Vicenza, Reggiana, Cremonese, Ascoli, Pescara e Pordenone). Dall’altra sei squadre in lizza per un posto nei playoff o diretto in paradiso. E, nelle ultime giornate, Empoli e Monza potrebbero essere “piuma o fero”, per dirla alla Mario Brega, a seconda della loro necessità o meno di trovare gli ultimi punti promozione.
Nel girone d’andata i Lupi, in queste stesse dodici partite, hanno conquistato 12 punti (due vittorie, sei pareggi, quattro sconfitte): mi sembra chiaro che ora ne serviranno di più. Eppure, rispetto al “gioco” di partenza, 19 mi paiono tanti. Un anno fa, sei lunghezze appena dividevano la zona playoff da quella playout. Ora, tra Spal e Reggiana ce ne sono dieci. Dunque, nel difficile tentativo di prevedere oggi una “quota salvezza”, provo a stare nel mezzo: 15 punti potrebbero bastare.
Mettiamo subito in chiaro che il Cosenza questi punti deve andarseli a prendere proprio negli scontri diretti. E che, invece, la squadra vista in campo a Brescia non riuscirebbe a farli. Siamo a uno snodo chiave della terza stagione consecutiva in serie B (e, in quasi mille giorni, mai i Lupi sono stati nemmeno per sbaglio nella parte sinistra della classifica). Ed è necessario prendere atto di un paio di cose.
La prima: mai la “rosa” messa in mano agli allenatori ad agosto è stata adeguata alla missione salvezza. La seconda: quasi sempre gli innesti di gennaio hanno, in parte, messo le toppe giuste. In modo chirurgico nel 2019 (Sciaudone e Embalo) e, più o meno, nel 2020 (Asencio, Casasola e Balù). Questa volta, invece, con calciatori quasi tutti (eccetto Gerbo) in ritardo di condizione (e questo è sicuramente colpa di chi ha stanziato il budget).
Chi scrive ricorda bene allenatori che con i presidenti ci si scornavano (un nome su tutti: Giuliano Sonzogni), quando la rosa non era all’altezza delle proprie richieste o degli obiettivi fissati. E lo facevano pubblicamente. Negli ultimi anni, vado a memoria, Braglia provò a farlo dal ritiro di San Giovanni in Fiore, salvo poi rimangiarsi tutto. E, a febbraio, lo stesso Occhiuzzi ha sostenuto il valore dell’organico messo a disposizione: «Sono contento dell’organico costruito in estate. Se qualcuno non ha reso al meglio, mi sento colpevole in questo senso. Ci sono giocatori in questa rosa che possono fare ben altra categoria e, se l’anno scorso abbiamo fatto qualcosa di grande grazie a una squadra forte, quest’anno dimostreremo ancora di più».
I cinque innesti di gennaio venivano definiti uno “sforzo” della società che Occhiuzzi prometteva di trasformare prima possibile in punti. Sta di fatto però che, da quel 12 febbraio, si sono giocate quattro partite e quattro punti sono arrivati. Una delle due sconfitte (quella col Brescia) e un pari (con la Reggina) potrebbero pure aver rilanciato due squadre che si erano presentate allo scontro diretto con l’acqua alla gola
Tocca mettersi d’accordo, allora. O la squadra non è all’altezza della B (e Occhiuzzi sta facendo un miracolo, e quel che viene viene) o lo è (e il Principe sta sbagliando tutto). Come nel “gioco” sulla quota salvezza, anche qui mi colloco nel mezzo. Occhiuzzi non è un “aziendalista”, cioè uno disposto a nascondere la polvere sotto il tappeto contro ogni evidenza. Piuttosto è consapevole di due cose. Che, un anno fa, il gruppo si sfaldò proprio per veleni e faide interne – e fu bravo a trovare il bandolo di quella matassa, umana prima ancora che tecnica. E riconoscergli un valore tecnico (lo ha fatto spesso, anche nei dopogara) è il suo modo di trasmettergli stimoli. Il secondo punto è che Occhiuzzi ha un’idea di gioco chiara (diciamo “gasperiniana”, per capirci) e ha provato finora a portare la squadra il più vicino possibile a questa filosofia. Se non c’è riuscito, non è perché questa “rosa” sia scarsa (in alcune individualità, intendiamoci, lo è), ma perché era lontanissima da quell’idea di gioco (e questo è sicuramente colpa di chi ha speso il budget).
Ecco perché ora è un momento molto delicato. Da una parte Occhiuzzi vede quelle rare occasioni in cui il Cosenza è riuscito a interpretare bene il suo “credo” (contro il Lecce all’andata, e al ritorno nel primo tempo; a Frosinone e Ascoli). Dall’altra la classifica e le gare a venire.
Nel mezzo, penso, ci sia una sola strada: adattare il più possibile le sue idee ai calciatori che ha. La pedagogia insegna che l’apprendimento avviene per “aree di sviluppo prossimale”. Non puoi chiedere a un bambino di sei anni di apprezzare la Divina commedia (e, se gli capiterà di ripetere qualche terzina a memoria, sarà comunque un disastro), ma Gianni Rodari sì. E ci sta che, dal Signore micropiccolo di Como, prima o poi arrivi a Paolo e Francesca. Al Rigamonti il Brescia, che doveva lottare per il ritorno in A, ha giocato una gara modestissima, da Spietati (come il Cosenza ha fatto col Chievo), portando a casa i tre punti grazie a un blitz su un corner. Ai Lupi servono soluzioni così, il più adatte possibili ai calciatori che ha.
E, in questo senso, Occhiuzzi non deve scegliere da ora in poi i più adatti alle sue idee di partenza, ma i più in forma, più motivati e tecnicamente validi che ha. Nessuno al mondo penserà che, scendendo a patti con la realtà, ha rinnegato se stesso e le sue idee. Perché la lotta salvezza non è più questione di gioco o moduli, ma di testa e di uomini. Spietati non significa rimanere in dieci uomini (al Cosenza è accaduto 7 volte in campionato: troppe), ma evitare che Bjarnason aggiri l’intera difesa sfuggendo al marcatore per ritrovarsi solo davanti a Falcone (la settima rete subita dal Cosenza su palla inattiva su 26: un’enormità). Spietati significa non perdere la testa e restare in piedi sempre un secondo in più dell’avversario.
In quel po’ di bicchiere mezzo pieno che mi è rimasto, vedo che negli ultimi due mesi il Frosinone di Nesta, nostro prossimo avversario, ha conquistato meno punti del Cosenza e vinto una sola partita (contro la Virtus Entella). Dire che affrontiamo una formazione in crisi è quasi un eufemismo. Quindi, su quei 15 punti di cui sopra, tre debbono arrivare già sabato pomeriggio al Marulla. Poi la salvezza si deciderà in tre gare (e, dunque, assieme a quella coi ciociari, 12 punti in palio), che il calendario ha messo perfidamente in fila una all’altra: Vicenza, Reggiana e Ascoli. Tre gare assolutamente alla portata dei Lupi, ma il punto non è questo. Il punto è rialzarsi, ora. E arrivarci con la schiena dritta.