giovedì,Marzo 28 2024

Riapre la galleria Gaia a Cosenza con la mostra “Corpus”

Venerdì 12 marzo Gaia torna in pista. La Galleria d’arte indipendente autogestita messa in piedi nel cuore del centro storico di Cosenza, in via Galeazzo di Tarsia 22, prova a ripartire con l’allestimento di Corpus, mostra che vede protagoniste tre donne: Marilena Onorato, Ivana Russo e Anita Dadà. Inaugurazione ore 18.30. La mostra ha accesso

Riapre la galleria Gaia a Cosenza con la mostra “Corpus”

Venerdì 12 marzo Gaia torna in pista. La Galleria d’arte indipendente autogestita messa in piedi nel cuore del centro storico di Cosenza, in via Galeazzo di Tarsia 22, prova a ripartire con l’allestimento di Corpus, mostra che vede protagoniste tre donne: Marilena Onorato, Ivana Russo e Anita Dadà. Inaugurazione ore 18.30.

La mostra ha accesso gratuito ma, per rispettare le normative di contenimento anti Covid, è necessaria la prenotazione sul sito www.eventbrite.it/e/biglietti-gaia-presenta-corpus-i-144269027545

“Proviamo a riassaporare la normalità dell’aggregazione e a credere nel futuro”, scrivono i componenti del collettivo di Gaia.

«Siamo figli di una cultura che, troppo spesso, malauguratamente, ha relegato il corpo nella mera dimensione della materialità, leggendolo, tutt’al più, alla stregua di schermo, interfaccia, filtro – scrivono spiegando la mostra Corpus – Un canale di comunicazione tra la brutale molteplicità del mondo esterno e la presunta unitarietà di quello interno. Come se il corpo non avesse già, di suo, coscienza, come se il corpo non fosse già, da sempre, animato. E fosse costretto a mutuarla questa coscienza, a prenderla in prestito, a esserne infuso, dall’alto, con un’operazione tanto artificiosa quanto irreale. Conosciamo prima con il corpo che con quella che chiamiamo mente. Anzi, forse, non si dà mente che non sia dislocata, sin da subito, nel corpo, nei corpi. Sì, perché è di una molteplicità che stiamo parlando, di una serie concreta di membra, ammassi di nervi, pulsioni, sensazioni, di un’ineliminabile diversità. Nominiamo corpo e, subito, si presenta un caos galoppante, nessuna unità. Scrive il filosofo Jean-Luc Nancy: “corpo è la certezza sconvolta, messa in frantumi. Niente di più proprio, niente di più estraneo al nostro vecchio mondo”».

Continuano da Gaia: «E il “vecchio mondo” di cui si parla, è il mondo razionalista della visione unica, della proprietà privata, dell’identità morbosa, della patria pelosa. Il corpo, più semplicemente, non è mai “mio”, non è mai merce di scambio di un soggetto ben definito che ne può liberamente disporre, a suo piacimento. Il corpo sfugge, sempre, irrimediabilmente, al nostro controllo. Corpo torturato, umiliato, vilipeso, ferito, mutilato, tatuato, operato, scarnificato, modificato, corpo gaudente, corpo sofferente, corpo parlante, muto, nudo, vestito, disegnato, corpo imprigionato, sfruttato, rivendicato, sessuato. Non c’è corpo maschile o femminile, c’è il corpo, al di là di ogni genere, annaspante tra i marosi di una società dell’immagine, della rappresentazione, che, del corpo, vorrebbe farne niente più che un’icona. Il corpo, però, non cede, il corpo urla la sua contrarietà, il corpo prova a divincolarsi dall’abbraccio mortifero della società dello spettacolo, ribellandosi, rivoltandosi, ponendosi come barriera, ostacolo, baluardo».

Corpus vuole essere proprio un primo momento di riflessione, non solo sul senso del corpo nell’arte contemporanea, ma sull’importanza, più in generale, dei corpi pensanti, e in azione, all’interno delle nostre comunità di riferimento.

Tre donne, protagoniste dell’allestimento, tre donne che, come i loro corpi, hanno deciso di non cedere, di urlare, di ribellarsi, tre donne che, attraverso il corpo, provano a disinnescare il determinismo bigotto di un sistema asfittico che ci vuole omologati e silenti: dai disegni “distorti” di Marilena Onorato, che innescano un cortocircuito virtuoso tra figurativo e astratto, alle immagini sinuose e sensuali di Ivana Russo, che rimandano al frenetico rapporto tra corpo umano e corpo della Natura, fino a giungere agli scatti di Anita Dadà che, attraverso il pathos dell’erotismo, lanciano un chiaro messaggio politico di autodeterminazione e libertà.

Articoli correlati