BASSO PROFILO | Lorenzo Cesa, da indagato (e perquisito) a stralciato
Lorenzo Cesa non compare tra gli indagati dell'inchiesta "Basso profilo". A suo carico le accuse in realtà erano inconsistenti già all'inizio
Era il 21 gennaio scorso quando la Dda di Catanzaro decideva di perquisire l’abitazione di Lorenzo Cesa, in quel momento segretario nazionale dell’Udc. L’onorevole democristiano risultava indagato per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa nell’ambito dell’indagine antimafia denominata “Basso profilo”, dove secondo l’accusa avrebbe favorito la ‘ndrangheta insieme all’attuale assessore regionale al Bilancio, Franco Talarico.
Cosa disse Lorenzo Cesa nel giorno della perquisizione
Quel giorno, causa il clamore mediatico, Lorenzo Cesa comunicò le sue dimissioni da segretario nazionale dell’Udc, dichiarandosi estraneo ai fatti contestati. «Chiederò attraverso i miei legali di essere ascoltato quanto prima dalla procura competente» aveva scritto Cesa. «Come sempre ho piena e totale fiducia nell’operato della magistratura. E data la particolare fase in cui vive il nostro Paese rassegno le mie dimissioni da segretario nazionale, con effetto immediato». La situazione particolare che viveva l’Italia era strettamente collegata alla crisi di Governo del Conte bis, abbandonato da Matteo Renzi. Il M5S infatti aveva tentato di coinvolgere l’Udc, chiedendo i voti per la fiducia al Senato. Ma l’accordo non si fece. Dopodiché, scoppiò l’inchiesta della Dda di Catanzaro.
Le parole di Gratteri al Corriere della Sera
L’indagine su Lorenzo Cesa, inoltre, fu al centro di un’intervista rilasciata al Corriere della Sera dal procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri. Intervistato da Giovanni Bianconi, cronista di punta di via Solferino, il magistrato reggino, in riferimento al segretario dell’Udc, aveva detto che «Cesa non poteva essere intercettato in quanto eurodeputato. Però sappiamo da altre conversazioni che in quell’occasione hanno discusso di appalti con Anas, Enel e altri enti statali per far lavorare Gallo», ritenuto vicino alla cosca di Cutro, diretta da Nicolino Grande Aracri, da pochi giorni bocciato dalla Dda di Catanzaro quale collaboratore di giustizia.
«C’è un’intercettazione in cui Talarico parla di Cesa» aveva evidenziato Gratteri. Affermazione che Bianconi prese al volo per sottolineare che «restano sempre dialoghi tra terza persone che parlano di lui. La sua voce non c’è mai». E Gratteri replicò così: «E allora che facciamo, stiamo fermi e non chiediamo niente a nessuno? Non si tratta di amici al bar che parlano di calcio, bensì di imprenditori legati alle cosche che parlano di politica e rapporti con i politici. L’incontro con Cesa c’è stato, come posso non chiederne conto?».
Contro Cesa nessun elemento indiziario forte
A distanza di cinque mesi, dopo aver ipotizzato che Cesa avesse favorito l’imprenditore Gallo, e quindi i suoi presunti amici ‘ndranghestisti, la Dda di Catanzaro ha deciso di non chiedere il rinvio a giudizio per il segretario dell’Udc. La decisione dei pubblici ministeri di non esercitare l’azione penale nei confronti di uno dei politici italiani più in vista dimostra che le accuse erano già inconsistenti nel periodo delle indagini preliminari. In questo caso, dunque, la posizione viene sospesa.
Tornando alla stretta attualità, la Dda di Catanzaro ha chiesto il processo per 78 persone. Tra queste ci sono Franco Talarico, Ercole D’Alessandro, Luciano D’Alessandro, Antonio Gallo, Saverio Brutto e Tommaso Brutto. (LEGGI QUI I DETTAGLI DELL’INCHIESTA)
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