venerdì,Marzo 29 2024

Da chi compreresti un’auto usata? La campagna di LaC per votare con la testa e non farsi fregare

di Pino Aprile (direttore di Lacnews24.it) – “Da chi comprereste un’auto usata?”. Chissà quante volte l’avete usata questa frase, e adesso la leggete su decine di cartelloni disseminati in Calabria, con un invito: “Usa la testa. Vota bene”. È il contributo del gruppo editoriale de LaC alla campagna elettorale (forse, una delle peggiori di sempre, ma non si

Da chi compreresti un’auto usata? La campagna di LaC per votare con la testa e non farsi fregare

di Pino Aprile (direttore di Lacnews24.it) – “Da chi comprereste un’auto usata?”. Chissà quante volte l’avete usata questa frase, e adesso la leggete su decine di cartelloni disseminati in Calabria, con un invito: “Usa la testa. Vota bene”.

È il contributo del gruppo editoriale de LaC alla campagna elettorale (forse, una delle peggiori di sempre, ma non si può scegliere in tempo in cui vivere). Se vi sembra generico, un modo furbetto e tutto sommato inutile per non schierarsi con nessuno (e, quindi, contro nessuno), state dando una lettura superficiale, non ragionata. Per tante ragioni.

Nelle competizioni elettorali, sono i candidati a monopolizzare l’attenzione e si tende a trascurare che i veri protagonisti sono i tanti e anonimi: quelli che scelgono. Pippo Callipo, candidato alla presidenza nella scorsa competizione, con la franchezza degli imprenditori, disse qualcosa che può essere condiviso o no, ma fotografa la sintesi politica di questi tempi: «Datemi il programma di un partito qualsiasi sulle cose da fare per la Calabria», disse, in sostanza, «tanto sono tutti uguali. La differenza è fra chi i programmi li realizza e chi no». Insomma: fra chi lo dice (risanare la Sanità, migliorare i trasporti, ripulire il mare… o vi aspettereste dicessero il contrario?) e chi lo fa. La differenza è fra persone. Si usa spiegare questa riduzione della politica dal cosa fare a chi la fa, con la fine della stagione delle ideologie, del mondo diviso in due blocchi contrapposti. Forse la cosa è più semplice e molto più antica; forse, pur al mutare dei tempi, delle tecnologie, è così da sempre.

E proprio la storia del successo di questa frase: “Comprereste un’auto usata da quest’uomo?”, lo dimostra. Fu un colpo di genio, di quei miracoli di comunicazione che sembrano terra terra, ma hanno insospettate complessità. L’auto usata è comunque per un pubblico di mezzi limitati, quindi per i più, non per i pochi (più democratica, diciamo). I venditori di auto usate normalmente non hanno una bella fama (sapete le barzellette sui chilometri che vengono scalati, per “ringiovanire” un motore spompato?), perché sospettati di promettere molto e rifilarti catorci, cosa che li accomuna a un’idea molto diffusa sui politici.

Ma a cogliere la forza evocativa di questa espressione fu John Fitzgerald Kennedy (il suo staff, anche se non si riesce a capire più chi: i successi hanno molti padri, e sempre a posteriori), nella sua vittoriosa campagna contro Richard Nixon. Kennedy era giovane, bello, eroe di guerra, con moglie affasciante, Jacqueline, ma da presidente commise un errore grave dopo l’altro, tanto che lui stesso lo ammise, stupito che questo non gli togliesse la simpatia di cui godeva: «Ma cos’altro devo fare, perché smettano di amarmi?», chiese ai suoi; Nixon era vice presidente degli Stati Uniti, era molto preparato, ma non si vedeva, aveva la faccia con le guanciotte calanti, la potenza comunicativa di una statua di cera un po’ sfatta e aggravava il tutto con una scarsa attenzione al look: insomma inclinava fra il moscio e il tetro, valeva molto più di quel che sembrava (la storia lo ha rivalutato), ma faceva scendere il latte alle ginocchia.

Kennedy lo inchiodò alla sua modesta apparenza, tingendola di sospetto: «Comprereste un’auto usata da quest’uomo?». A dar ulteriore potenza a questa trovata comunicativa che tagliava le gambe al suo mesto avversario, c’era che lo stesso Nixon si avvertiva perdente, nel confronto. Cosa che un grande comico (Bob Hope, se ricordo bene), raccontò con la battuta che diede, se non il colpo di grazia, una bella mazzata: «Nixon ha sognato di essere l’unico candidato alla presidenza degli Stati Uniti. E di arrivare secondo».

Quella fu la prima volta che la frase venne usata in campagna elettorale; poi l’hanno copiata tanti, ovunque. E ora la usiamo noi, ma con un intento un pochino diverso: non indicare qualcuno (un candidato) per renderlo sospetto, ma ricordare a chi sceglie che la sua responsabilità è maggiore di quella di chi viene scelto. Il candidato si propone, ma è chi lo elegge che lo mette nella condizione di fare.

Ecco, quei cartelloni stanno lì solo a rammentare quella che dovrebbe essere una banalità: se dai a qualcuno che sai inadatto il potere di far male, poi non puoi dire che è colpa sua. I candidati alla presidenza della Calabria non arrivano da Marte, si sa chi sono, che vita hanno fatto; chi di loro ha amministrato la cosa pubblica e come lo ha fatto, se ha badato più al bene di pochi, di una parte o di tutti, se ha speso bene o no i soldi della cassa comune (che non sono “di nessuno” perché pubblici, ma servono a curarci, dare una scuola ai figli, aggiustare le strade..), se è onesto ma incapace o capace ma disonesto, o l’una e l’altra cosa, di quale gente si circonda, se rispetta i suoi alleati e i suoi avversari o, rivelando meschinità, tradisce gli uni e diffama gli altri, se ha situazioni personali che possano renderlo ricattabile, creare problemi o imbarazzi nella gestione della cosa pubblica, se la politica è per loro un lavoro, un reddito o una passione (c’è chi la fa rimettendoci, e non è giusto, e chi solo per guadagnarci), se sono coerenti e disposti a correre il rischio della sconfitta, pur di non perdere il rispetto degli altri e di se stessi, o se per vincere sono pronti a ogni compromesso, cambio di casacca, a turarsi il naso dinanzi a qualsiasi nefandezza, considerando l’unico vero fine il restare a galla…

Insomma, ci siamo capiti: tutte cose che sappiamo, certo, ma di cui non sempre si tiene conto al momento giusto, quando tante di queste cose vengono scrollate di dosso con un’alzata di spalle e un “tanto si sa come vanno le cose, a che serve?”. Un atteggiamento dietro cui, spesso, si cela un piccolo interesse personale, una forma di pigrizia o di sconforto: “Non sarà certo il mio voto a cambiare le cose”’. E invece, i grandi numeri sono la somma di 1+1+1+1+1+1… Ognuno metta il suo grammo secondo coscienza. E prima o poi il peso di tanti anonimi grammi abbasserà il piatto della bilancia.

“Usa la testa. Vota bene” vuol dire che si sceglie chi può essere un presidente utile a tutti e non a chi lo vota, in uno scambio di “favori” che in alcuni casi arriva alla collusione con le massomafie. E certi legami, più o meno palesi, non sono un mistero, in Calabria, non prendiamoci in giro.

Chi vota lo sa. Ma a volte cerca scuse per se stesso, per poter fare quello che la coscienza gli sconsiglia. Allora: “Da chi di questi comprereste un’auto usata?”. Usa la testa. Vota bene. E se no, dopo non chiedetevi perché la Calabria resta ultima. Se non siete voi il cambiamento che volete, non potete accusare chi ha interesse a lasciare le cose così.

Vota bene. Usa la testa. Noi cercheremo di fare il nostro meglio per informarvi.

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