B come Beatrix Kiddo
Punterei, ad oggi, alla soglia di 38 punti, in attesa di capire se per il. Cosenza possa coincidere con lo spareggio o la salvezza diretta
Il 31 dicembre 1988, lo ricordo come se fosse ieri, tra la fine del cenone di Capodanno e la mezzanotte, prima dei botti dal balcone, facevo tabelle promozione. Eravamo nella casa di corso Italia di mio zio Nello e il bello è che non ero il solo a partecipare a quei conteggi. Il calendario (all’epoca si conservava per un anno intero quello di carta pieghevole che usciva ad agosto in allegato con la Gazzetta del Sud) lo aveva preso zio, mentre mio padre aveva conservato la copia di Forza Cosenza presa al San Vito, con la classifica aggiornata a matita, dopo i risultati del giorno. I cugini, infine, ricordavano come negli ultimi anni per la promozione in serie A fossero bastati tra i 43 e i 47 punti. Ce ne vollero 44, infatti, ma non furono sufficienti, come sapete.
Nulla di strano, dunque, che quest’anno si cominci a fare tabelle, stavolta per la salvezza, già tra febbraio e marzo. La vittoria in rimonta contro l’Alessandria è una buona notizia e poco importa come sia arrivata: la meccanica non mi interessa, direbbe la ragazza del Penthotal di Andrea Pazienza. E avrebbe ragione.
Non avrei infatti mai creduto possibile, senza uno straccio di vittoria per quindici partite, di ritrovare a marzo il Cosenza al quintultimo posto a pari punti con l’Alessandria e con la Spal a quattro lunghezze. Ovvero ferito, ma ancora tecnicamente in lotta per la salvezza.
Comincio facendo l’avvocato del diavolo. Punto primo: quello uscito vittorioso dal Marulla è un Cosenza ancora molto fragile. Bene che le reti siano arrivate da due giocatori (Camporese e Larrivey) finora molto in ombra (o “illuminati” da errori e prestazioni opache). Molto bene Florenzi mezzala e, ancora una volta, Caso: forse troppo difficile tatticamente vederli in campo insieme con Millico, conviene accontentarsi. Peccato per il pari di Crotone, ma non pensiamoci più. Anche perché, a guardare il calendario alle spalle, di punti persi (Pordenone e Vicenza, a stare stretti) ce ne sono stati troppi.
Torno un secondo su Crotone per una riflessione. Molti (me compreso) sono rimasti allibiti dai cambi (i cinque stopper) che hanno portato al 3-3. A mente fredda tocca dire che, come ha spiegato Bisoli, prendere una squadra a questo punto del campionato è come salire su un treno in corsa. Ci sono cioè momenti di una stagione in cui un allenatore deve contrastare certe paure e momenti in cui, cercando il risultato, deve invece rassicurare una squadra che, pure quand’è padrona del campo, vede fantasmi dappertutto. Temo che i cinque stopper o altre diavolerie simili ne vedremo ancora, insomma, ma la logica è questa. E non me la sento di disapprovare.
Insomma l’unica parola magica che il Cosenza deve ritrovare è intensità. Non il modulo, ma l’atteggiamento: stare sempre dentro la partita. Cambiare spesso disposizione tattica, urlare per novanta minuti e teleguidare la squadra è la ricetta di Bisoli. Siamo insomma dalle parti delle immortali lezioni di Pai Mei, che Beatrix Kiddo si trova costretta ad applicare nel momento più difficile della sua vendetta contro Bill: quando è sepolta in una bara, sotto metri e metri di terra. Non è la tua mano che deve temere il legno, ma il legno che deve temere la tua mano, altrimenti è come se ti arrendessi prima ancora di cominciare.
Tornando a bomba, mancano dodici partite alla fine. L’esperienza mi insegna a partire dai punti. L’anno scorso, se il Cosenza avesse vinto l’ultima, a 38 avrebbe centrato perlomeno il playout. Punterei, ad oggi, a quella soglia lì, in attesa di capire se possa coincidere con lo spareggio o la salvezza diretta: non me la sento di escludere al momento nessuna delle due eventualità, perché dietro si corre pochissimo, la Spal ha un cattivissimo calendario e quello dell’Alessandria è pieno di scontri diretti. Al Cosenza di punti ne mancherebbero dunque 15, che non sono pochi. Il primo snodo chiave dunque è con la Ternana, che nelle prossime due giornate potrebbe trovare punti facili tra Pordenone e Vicenza, che ci aiuterebbero anche a “coprirci” le spalle. Il secondo sarà la trasferta di Ferrara. Il terzo la terzultima di campionato contro il Pordenone. Se il Cosenza riuscisse a mettere nove punti in cascina in queste tre gare, e altri sei contro Parma e Reggina, arriverebbe già a quota 37.
Il problema è che tre di queste cinque partite sono in trasferta, e in trasferta il Cosenza non ha mai vinto in questo campionato (e in generale non vince dal 30 gennaio 2021). L’altro problema sono le rimanenti sfide in calendario: Benevento, Lecce, Monza (al Marulla); Frosinone, Cremonese e Pisa (fuori). Tutta gente in lotta per la promozione diretta o giù di lì. Vero è che, alla penultima, i nerazzurri potrebbero anche essere già in serie A, ma vai a sapere. Proviamo però a immaginare un Cosenza sconfitto da Parma o Reggina, ma corsaro all’Arena Garibaldi, e tre pareggi con Frosinone, Monza e Benevento. Difficile, vero? Anche perché si tratterebbe comunque di vincere da qui a maggio tante partite quante ne abbiamo vinto finora. Insomma, come al solito la strada è molto, molto stretta.
Forse, allora, conviene anzitutto concentrarsi sul calendario da qui al 20 marzo. Una vittoria (contro Reggina o Ternana) e due pareggi porterebbero intanto il Cosenza a quota 28. E ora come ora l’unico modo per digerire la sconfitta di Como e il pari di Crotone (che, se ci pensate, potevano essere tre punti facili in più, e ora saremmo a una lunghezza dalla Spal) è dare, da qui a fine marzo, continuità alla vittoria contro l’Alessandria. Anzitutto continuità di prestazioni. Negli ultimi anni diverse squadre, che parevano retrocesse a febbraio, sono poi riuscite a tirarsi fuori dai guai. Penso ad Ascoli e Cremonese, a noi stessi due anni fa. Le prossime cinque partite ci diranno se il Cosenza può essere o no la Beatrix Kiddo di questa lotta retrocessione.