Nervi saldi
Ancora una volta le decisioni arbitrali penalizzano i rossoblù, ma tocca guardare avanti. E restare lucidi. A cominciare dal derby con la Reggina
Alzi la mano chi, alla vigilia, avrebbe firmato per un pari con il Lecce. Alzi ora la mano chi si è mangiato anche i gomiti, dopo il gol di Blin. A occhio, miei cari lettori, avete entrambe le mani alzate. E come darvi torto. Dopo la sconfitta di Terni scrissi che, nelle due sfide successive, avremmo dovuto cercare di fare tre punti, ma molti di voi mi dissero che ero matto. Pensate che sarebbe successo se quei tre punti fossero arrivati subito, nella sfida del Marulla. E pensate che, quasi allo stesso modo, un’altra vittoria l’abbiamo buttata via all’Ezio Scida. Il Cosenza oggi avrebbe addirittura 28 punti. Meglio fare come Dargen D’amico e non pensarci troppo…
Quello che penso, invece, è che sette minuti di recupero come quelli concessi da Marinelli siano stati un abominio. Se è vero che, nel secondo tempo, ci sono stati cinque slot per i cambi e un paio di ingressi dei sanitari, il regolamento dice che di minuti aggiuntivi ne sarebbero bastati meno di cinque. E siccome non è la prima decisione controversa a nostro danno (lunga perifrasi per “torto arbitrale subito dal Cosenza”), bene ha fatto Bisoli a protestare con veemenza a fine gara. Non si può uscire da Frosinone a mani vuote per un rigore inesistente, non ci si può ritrovare con un punto solo dopo aver tenuto testa coraggiosamente al Lecce subendo la rete decisiva al minuto novantasei. E non ci si può nemmeno veder calendarizzato il recupero col Benevento in data 14 aprile, ovvero in mezzo a due sfide difficilissime con Monza e Cremonese.
Detto questo, però, non vorrei che entrassimo nel pericoloso campo delle profezie che si autoavverano. Ovvero che squadra e tecnico si convincessero che gli alti piani preferiscano un Cosenza in serie C e vi sia un enorme complotto per farci retrocedere. Questo è purtroppo invece il risultato di quattro anni di serie B durante i quali la società non ha imposto un minimo di potere negoziale.
Convincerci che ci vogliono fare retrocedere alla fine ci farà retrocedere davvero. Rischia di far cadere le braccia al primo gol subito sul filo del fuorigioco o davanti a un cartellino giallo di troppo. E invece, dopo il 2-2 col Lecce, Bisoli ha bisogno di costruire proprio lo spirito contrario. Non quello della vittima sacrificale che china il capo dopo il gol a freddo, ma di Matosevic che si trasforma in Robert Hatch e neutralizza il penalty del capocannoniere Coda.
È uno spirito che serve tenere caldo già nel derby a Reggio. Fermo restando che io continuo a sperare in un clamoroso harakiri della Spal, temo che la lotta playout di questo passo potrebbe veder rientrare anche il Crotone. Serve dunque guardarsi le spalle e servono, appunto, nervi saldi. Perché le partite sono sempre meno e quella del Granillo sarà fondamentale. Da quando è arrivato Bisoli, il Cosenza in trasferta ha offerto buone prestazioni solo contro il Frosinone e, in parte, allo Scida. Te ne fai poco, però, delle buone prestazioni se non gli dai continuità. Accanto al pari col Lecce, dunque, urge mettere un risultato positivo.
Perché di cose positive, contro i salentini, se ne sono viste parecchie. Di fronte a una squadra molto, molto più forte (benché rivoluzionata nella formazione di partenza) i ragazzi di Bisoli hanno tenuto alto il pressing fino a buona parte del secondo tempo. In molti hanno criticato i cambi e il ripiegamento difensivo degli ultimi venti minuti, ma temo si sottovaluti un fatto: all’uscita di Florenzi e Millico, tra i migliori in campo, le uniche opzioni alternative a Sy e Gerbo erano Kongolo e Arioli. Senza due settepolmoni, dunque, Bisoli ha provato a sfruttare il peso di Laura (che, a parte il gol capolavoro sfiorato, è apparso purtroppo sconnesso dal resto della squadra) come perno per far salire la squadra in ripartenza. Non ha funzionato, ma ripeto: alla vigilia per un pari avremmo messo la firma.
Se vuole centrare il playout, il Cosenza deve conservare questo spirito: pressione alta, grinta e la capacità di sfruttare quel po’ di individualità che ha. Il rientro di Caso, la vena ritrovata di Millico, la crescita di Florenzi, i buoni segnali offerti da Vallocchia sono quel che c’è. In una serie B come questa (l’anno scorso la zona playout a questo punto era a 29) potrebbe anche bastare.
Detto in due parole: è inutile, a questo punto della stagione, recriminare su una rosa che non abbiamo, su una società che non c’è e sui due mesi gettati alle ortiche a cavallo del mercato di gennaio. Non si dimentica nulla, da queste parti, e chi mi segue lo sa bene. Ma nelle teste basse dei calciatori che escono dal Liberati sotto i fischi voglio vederci l’inizio di una risalita. Anche al Marulla, come sempre, la spinta l’hanno data i tifosi. L’abbrivio, ora, tocca che lo prenda chi scende in campo.