martedì,Dicembre 10 2024

Torti, errori e orrori

Il Cosenza non esce sconfitto dal Granillo per il rigore negato a Laura, ma perché ha costruito tre occasioni da gol in novanta minuti. Eppure, tra le squadre in corsa per il playout, ha il calendario migliore

Torti, errori e orrori

Nel weekend in cui il Cosenza perde il derby con la Reggina, la notizia peggiore non arriva dal Granillo, ma dal Menti. E purtroppo era ampiamente prevedibile. Nelle ultime otto partite, che coincidono con la gestione Bisoli, il Cosenza ha racimolato cinque punti (anche se c’è ancora da recuperare la gara col Benevento), mentre il Vicenza ha pareggiato con la Cremonese e battuto Pordenone (e vabbè), Ternana e Ascoli.

Nella fase cruciale del campionato il Cosenza si ritrova a scontare tutti insieme i suoi “peccati originali”: la retrocessione dell’anno scorso, la mancata programmazione (che ha svuotato la rosa dei suoi elementi migliori), l’assenza di ambizioni (di cui è prova il mercato di gennaio) e i tre cambi di allenatore. E così anche quando offre buone prestazioni (Frosinone e Lecce), la squadra si rivela come una macchina con la batteria esausta: un po’ di carica coi morsetti l’aiuta a ripartire, ma al semaforo basta una brusca frenata a spegnere il motore e restare a terra. Come è accaduto a Reggio.

«Non ho mai parlato di arbitri in tutti questi anni da presidente del Cosenza, ma ora è giunto il momento di rimettere le cose a posto: o avrò risposte dai vertici federali in tempi brevi e certi o adotterò misure che non hanno precedenti nella storia del calcio italiano». Era il gennaio del 2020, ricordate? Il gol fantasma di Sciaudone nel derby al Marulla contro il Crotone: talmente “fantasma” da essere completamente ignorato dalla stampa nazionale. In fiduciosa attesa da due anni di quei gesti clamorosi, il Cosenza continua a tenere la testa sotto i piedi della classe arbitrale, come Troisi e Benigni nella famosa lettera a Savonarola.

È persino difficile commentarlo un derby come quello del Granillo. Primo per la sua bruttezza generale, prova di una serie B che a stento starebbe al passo con una C degli anni Novanta. Secondo perché sul conto rossoblù mancano un’espulsione a carico di Di Chiara, che avrebbe ridotto i padroni di casa in dieci uomini all’inizio della ripresa, e un rigore per il fallo su Laura (e se vi pare generoso, andate a vedere quello concesso al Vicenza contro l’Ascoli) cancellato dal Var (senza che ve ne fossero gli estremi). C’è però un confine sottile lungo il quale queste (legittime) proteste diventano alibi. E noi, come temevo nell’ultimo Minamò, lo stiamo superando.

Provo a fare ordine. Complice l’assenza di Palmiero, il Cosenza a Reggio ha completamente sbagliato formazione. Nel 3-4-3 iniziale perde qualsiasi capacità di costruire gioco in una mediana affidata a Kongolo e Vallocchia. Si abbandonano a se stessi due tra gli elementi più in palla, e cioè Caso e Millico, in un tridente mal assemblato che non riesce mai ad approfittare delle enormi distanze tra centrocampo e difesa amaranto. E ci si consegna alle folate in ripartenza della squadra di Stellone: da una di queste nasce l’azione del rigore dell’1-0. La cosa brucia particolarmente. Perché era un derby. Perché poteva essere non solo pareggiato, ma addirittura vinto. Perché la Reggina non ha fatto molto più di noi per vincerlo. E poi perché quei quasi venti punti in classifica di differenza tra noi e loro non si sono mai visti.

Il Cosenza però non esce sconfitto dal Granillo per il rigore negato a Laura e per le due traverse di Liotti e Larrivey, ma perché queste tre sono state le uniche occasioni da rete costruite in novanta minuti. Questo, per onestà, tra di noi ce lo dobbiamo dire. A meno da non volerci raccontare la favola di una squadra viva e che lotta, la stessa che ci ha portato all’agonia di Lignano Sabbiadoro un anno fa.

Insomma, la ricordate quella frase di Antonio Conte: «Non si può mangiare con 10 euro in un ristorante da 100»? Bene, ne consegue anche che, se non hai i soldi per pagare, non hai nemmeno il diritto di lamentarti della qualità del menu. A casa mia ha sempre funzionato così: se hai studiato anche le virgole, puoi contestare il voto del prof; se invece ai libri hai dato solo un’occhiata veloce provando a farla franca, devi stare zitto. E qui ovviamente mi riferisco alla dirigenza, non ai tifosi.

Dopo la sosta, con cinque partite in sedici giorni, il Cosenza si gioca l’accesso al playout. Lo fa con una gara in più da recuperare e un calendario migliore rispetto ad Alessandria e Vicenza. Se dovessi scommettere oggi su una formazione che il playout lo giocherà, punterei purtroppo proprio sui biancorossi. Perché mi sembrano i più in forma. Perché possono fare punti facili contro il Crotone. E perché sono convinto che daranno filo da torcere almeno a una tra Brescia, Benevento e Perugia. Siamo costretti a tifare Spal nello scontro diretto con l’Alessandria, che poi però affronterà Cremonese e Cittadella (avversari ostici), ma pure un Pordenone già retrocesso. A noi invece toccano subito Parma e Spal: ovvero due squadre che non hanno più nulla da chiedere al campionato. In teoria insomma, dopo la sosta, avremmo un’autostrada verso la salvezza. Un tesoretto di punti da conquistare e su cui costruire autostima verso il rush finale. A meno che, tra torti arbitrali, errori e orrori nostri, questa autostrada non la si voglia proprio imboccare contromano.