martedì,Dicembre 10 2024

I wanna Gemmi with you

Dopo due settimane di stallo, spunta il nome dell’ex direttore sportivo del Pisa, artefice di una saggia e oculata pianificazione che ha portato quest’anno i nerazzurri ai playoff. Se la trattativa andasse a buon fine, questa società non perda l’occasione di dimostrarsi finalmente seria

I wanna Gemmi with you

«Gli obiettivi non si dicono, ma si raggiungono». Badate bene, cari amici di Minamò, il mio non è un endorsement – ovvero una di quelle mosse con cui si cerca di accalappiarsi la simpatia di un nuovo (possibile) arrivato. Ma quando ieri è divenuta pubblica la corte del Cosenza a Roberto Gemmi la mia reazione è stata questa qui.

Sarà che mettere al posto di Jammin’ il cognome dell’ex direttore sportivo del Pisa è più facile che bere un bicchier d’acqua (e che io su calembour come questi potrei costruire una fortuna), ma qui in Toscana quest’uomo, un’onesta carriera da calciatore in serie C prima di andare a dirigere il settore giovanile dell’Hellas Verona e fare il capo scouting a Carpi, Palermo e Varese, lo abbiamo visto lavorare bene. E quella frase che ho messo in cima al pezzo è un po’ il riassunto del suo credo.

Faccio un passo indietro per dire che, come al solito, il teatrino di questi ultimi venti giorni mi è piaciuto davvero molto poco. A salvezza acquisita scrissi che Bisoli e Goretti avrebbero meritato la riconferma, e qui lo ribadisco. D’altra parte, però, dire ai quattro venti, come Goretti ha fatto, di voler fare piazza pulita nello staff odora di operazione ruffiana. Ovvero di un direttore sportivo che ha fiutato un clima ostile attorno alla società e cerca di costruirci attorno il proprio personaggio (un po’ come fece, a suo tempo, anche Trinchera).

Scene che sanno purtroppo di deja vu: ogni volta che un direttore sportivo a Cosenza negli ultimi anni ha provato ad alzare la posta, è stato accompagnato all’uscita. Sperare in una conferma di Goretti continua però ad avere delle sane ragioni. Su tutte la speranza che il ds abbia già sul suo taccuino nomi e cognomi di calciatori da coinvolgere in un progetto che parta dalla conferma di Larrivey, di Zilli e Florenzi, di Vaisanen e Rigione, dal ritorno di Camporese. Ma è un nodo che non credo possa ormai essere sciolto più tardi della prossima settimana. Per rispetto di tutti.

E qui comincia a girare il nome di Roberto Gemmi. Quando è diventato direttore sportivo del Pisa, era l’estate del 2018. L’anno prima si erano consumate la retrocessione in C e l’addio del vecchio proprietario Petrone. Quello nuovo, Corrado, al primo anno ne aveva cannato parecchie e quella affidata a Gemmi era una delle più classiche scommesse di fare le nozze coi fichi secchi. Se il Pisa quest’anno è arrivato a contendere la promozione al Monza, deve molto ai soldi freschi di Knaster ma tanto merito proprio a Gemmi. Fu sua l’idea nel 2018 di puntare in panchina su Luca D’Angelo, che aveva appena guidato la Casertana ai playoff. Di portare in nerazzurro Michele Marconi in cambio di Maltese all’Alessandria (un colpo da 10 e lode). Di monetizzare al massimo il talento del portiere Gori, ceduto alla Juventus. Di coinvolgere nel progetto giocatori come Mazzitelli, Soddimo e Siega. Risultati: una promozione in B, due salvezze. Ovvero le basi della stagione appena conclusa.

Il passaggio successivo, a Brescia, è andato a vuoto: dimissioni dopo 44 giorni (uno dei tanti record del presidente Cellino), pare per divergenze sull’arrivo di Olzer (giocatore assente quasi tutta la stagione per problemi fisici, ma su cui le Rondinelle pare vogliano continuare a scommettere).

Quello che mi attira soprattutto di Gemmi è la sua “filosofia”. Parolone, lo so, quando si parla di calcio, ma non distante da quella di un film che ho amato moltissimo, ovvero Moneyball.

Messa così la teoria di Billy Beane (Brad Pitt) e Peter Brand (Jonah Hill) sembra una barzelletta. In realtà valutare un calciatore in base a statistiche e algoritmi è uno strumento molto utile – ovvio, aggiunge Gemmi, «un calciatore poi devi sempre andarlo a vedere dal vivo», perché un calciatore è una persona e non un numero. Ma avere quel tipo di strumento, in un mondo che ancora considera «Johnny Damon una stella da sette milioni e mezzo di dollari l’anno», permette anche a una società piccola di avere un vantaggio. Quello di arrivare prima degli altri.

Ora, io credo che i tempi nella vita siano tutto o quasi. E i tempi determinano il resto. Aver tenuto a candire per due settimane Bisoli e Goretti ha sicuramente incrinato la fiducia reciproca. Soprattutto ora che sono iniziati a circolare nomi nuovi. Allora: o queste conferme arrivano subito, oppure questo inquinerà i pozzi per l’intero campionato a venire (proprio com’è accaduto nell’ultima stagione di Trinchera). Esiste una terza possibilità e, al momento, è rappresentata da un nome (quello di Gemmi) che io trovo sorprendentemente convincente. Che viene dalla costruzione di un progetto pluriennale (Pisa) e da una battuta a vuoto (Brescia) e dunque, proprio come Goretti un anno fa, ha bisogno di rilanciarsi.

C’è una sola condizione, credo: che il contratto con Gemmi non sia annuale. Ed è una condizione che non dovrebbe porre lui, ma il Cosenza. Fissando un budget dignitoso e stabile, con una crescita che sia garantita da una percentuale di reinvestimento sulle possibili cessioni future. Ci vorrebbe, insomma, una società disposta a rilanciare, per una volta, anziché ancora una volta sdraiata in spiaggia sull’amaca della sopravvivenza, spacciata ogni anno come traguardo “impossibile” e col quale titillare il nostro orgoglio. Perché di questo passo di “impossibile” ci sarà solo il limite della pazienza dei tifosi. Se insomma la trattativa con Roberto Gemmi andasse a buon dine, questa società non perda ancora una volta l’occasione di dimostrarsi finalmente lungimirante.