venerdì,Marzo 29 2024

Inflazione e aumento dei prezzi, quali sono le città più care d’Italia

A stilare la classifica è l'Unione nazionale consumatori: qual è la spesa media nelle città e nelle regioni? A maggio +0,8% su mese, +6,8% su anno

Inflazione e aumento dei prezzi, quali sono le città più care d’Italia

Inflazione e aumenti, con i rincari dei prezzi che colpiscono le famiglie di tutta Italia. Ma quali sono le città più care del Paese? A stilare la classifica è l’Unione nazionale consumatori. In testa c’è Bolzano, dove l’inflazione annua, pari a +9,1%, la più alta d’Italia, si traduce nella maggior spesa aggiuntiva annua equivalente, in media, a 2.419 euro. Al secondo posto Trento, dove il rialzo dei prezzi del 9% determina un incremento di spesa pari a 2355 euro per una famiglia media. Sul gradino più basso del podio Bologna, dove il +7,9 genera una spesa supplementare pari a 1971 euro annui per una famiglia tipo. Al quarto posto Brescia (+7,3%, +1925 euro), poi Verona (+8,1%, 1885 euro) e in sesta posizione Milano (+6,8%, +1846 euro). E ancora due città siciliane: Palermo e Catania, entrambe a +8,8%, pari a 1747 euro.

La città più virtuosa è Campobasso, con un’inflazione del 5,8% e una spesa aggiuntiva per una famiglia tipo pari a “solo” 1062 euro. Segue Ancona (+5,6%, +1113 euro) e Catanzaro (+6,2%, +1158 euro).

In testa alla classifica delle regioni più costose, con un’inflazione annua a +9%, il Trentino che registra a famiglia un aggravio medio pari a 2339 euro su base annua. Segue la Lombardia, dove la crescita dei prezzi del 6,6% implica un’impennata del costo della vita pari a 1715 euro, terza l’Emilia Romagna, +7%, con un rincaro annuo di 1665 euro. La regione più risparmiosa è il Molise, +5,8%, pari a 1062 euro, seguite da Puglia (+7,2%, +1166 euro) e Marche (+6%, +1170 euro).

Inflazione, pagano soprattutto le fasce di reddito più basse: 2300 euro in più per una famiglia con due figli

La prima guerra del Golfo. La liberazione di Nelson Mandela dopo 28 anni di carcere. Il maxi processo alla Mafia. I mondiali di calcio in Italia. E’ il 1990, c’è ancora il penta partito con Giulio Andreotti presidente del Consiglio. E l’inflazione, a novembre, viaggia vicina al 7%. Come succede oggi, 6,8% su base annua, certifica l’Istat.

Quando si parla di inflazione si fa giustamente riferimento al cosiddetto ‘carrello della spesa’, ovvero i prodotti acquistati quotidianamente e con maggiore frequenza. Bene, per trovare un carrello della spesa ‘pesante’ come oggi, +6,7%, è necessario tornare al 1986. E’ l’anno in cui esplode in fase di decollo lo Space Shuttle. Si consuma il disastroso incidente alla centrale nucleare di Cernobyl, in Ucraina. In Inghilterra si registra il primo caso di morte per la ‘mucca pazza’. C’è sempre il penta partito al governo, ma con Bettino Craxi presidente del Consiglio.

I cenni storici aiutano a comprendere quanto sia lontana nel tempo quella stagione segnata dalla corsa dei prezzi che oggi riviviamo con una fiammata tanto intensa da azzerare trentacinque anni di storia economica. Quali differenze ci sono, oggi rispetto ad allora? Diverse. la prima, più evidente guardando le serie storiche, è che nel 1986 l’inflazione stava scendendo. Aveva raggiunto un picco del 14,8% nel 1980, quando la rivoluzione iraniana aveva fatto salire alle stelle i prezzi del petrolio. Oggi invece l’inflazione sta salendo, spinta ancora dai prezzi energetici e, negli ultimi 4 mesi, dalle conseguenze della guerra in Ucraina.

C’è anche un’altra sostanziale differenza. Riguarda le protezioni offerte dal sistema ai redditi bassi, quelli più esposti all’aumento dei prezzi. E’ diverso il sistema economico, è diverso il sistema politico, e anche la società è profondamente cambiata dal 1986 e dal 1990. Ma innegabilmente è cresciuta la distanza tra chi l’inflazione la vive come un semplice dato statistico, chi come un fastidio accessorio e chi invece la sconta tutti i giorni, con un potere di acquisto che si riduce sistematicamente, mese dopo mese.

Come accade sempre quando sale l’inflazione, le associazioni di categoria e quelle dei consumatori producono stime e simulazioni che cercano di quantificare il costo pagato all’aumento dei prezzi. L’Unione nazionale dei consumatori stima per una coppia con due figli un aumento del costo della vita pari a 2302 euro su base annua: 996 per abitazione, acqua ed elettricità, 473 euro per i trasporti, 569 per prodotti alimentari e bevande, 588 per il solo carrello della spesa.

I conti possono anche essere approssimativi ma l’allarme resta. L’aumento dell’inflazione costa caro, soprattutto per chi non può permetterselo. Per questo il governo Draghi prova a fare il possibile per ridurre il peso sulle fasce più deboli. ”Noi vediamo che le politiche messe in campo nell’ultimo anno (bonus energia, tariffe e 200 euro), insieme sono in grado di annullare gli effetti dell’inflazione sul 10% delle famiglie più povere e di contenerlo anche su tutte le famiglie, ma in particolare sul 40% che si trova in maggiore disagio”, ha affermato il sottosegretario al ministero dell’Economia, Maria Cecilia Guerra, intervenendo a Radio anch’io.

Ovviamente non basta, e la coperta delle misure di sostegno resta comunque corta. Per abbassare l’inflazione serve la politica monetaria della Bce, che però se non viene gestita bene provoca le tensioni sullo spread che abbiamo visto negli ultimi giorni, e servono interventi strutturali che migliorino l’indipendenza dai fattori esterni che alzano i prezzi dell’energia. La strada è lunga ma non c’è alternativa.

Inflazione, a maggio torna ad accelerare

A maggio, dopo il rallentamento di aprile, l’inflazione torna ad accelerare salendo a un livello che non si registrava da novembre 1990. Lo rileva l’Istat a commento dei dati diffusi oggi. Accelera anche il ‘carrello della spesa’, a +6,7%, come non accadeva dal marzo 1986.

Nello scorso mese si stima che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, al lordo dei tabacchi, registri un aumento dello 0,8% su base mensile e del 6,8% su base annua (da +6,0% del mese precedente); la stima preliminare era +6,9%, stando a quanto emerge dai dati definitivi diffusi oggi dall’Istat. L’accelerazione dell’inflazione su base tendenziale, dopo il rallentamento di aprile, si deve ai prezzi di diverse tipologie di prodotto e in particolare dei Beni energetici, la cui crescita passa da +39,5% di aprile a +42,6% a causa degli Energetici non regolamentati (da +29,8% a +32,9%; la crescita dei prezzi degli Energetici regolamentati è stabile a +64,3%), dei Beni alimentari (da +6,1% a +7,1%), soprattutto dei Beni alimentari lavorati (da +5,0% a +6,6%), dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +2,4% a +4,4%) e dei Servizi relativi ai trasporti (da +5,1% a +6,0%).

Pertanto, l’“inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, accelera da +2,4% a +3,2% e quella al netto dei soli beni energetici da +2,9% a +3,6%. Su base annua accelerano sia i prezzi dei beni (da +8,7% a +9,7%) sia quelli dei servizi (da +2,1% a +3,1%); rimane stabile, quindi, il differenziale inflazionistico negativo tra questi ultimi e i prezzi dei beni (-6,6 punti percentuali come ad aprile).

L’aumento congiunturale dell’indice generale è dovuto, per lo più, ai prezzi dei Beni energetici non regolamentati (+3,6%), degli Alimentari lavorati (+1,3%), dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (+1,2%) e degli Alimentari non lavorati (+1,1%). L’inflazione acquisita per il 2022 è pari a +5,7% per l’indice generale e a +2,4% per la componente di fondo. L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) registra un aumento su base mensile dello 0,9% e del 7,3% su base annua (da +6,3% nel mese precedente), confermando la stima preliminare. L’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, al netto dei tabacchi, registra un aumento dello 0,8% su base mensile e del 6,8% su base annua.

Gli elevati aumenti dei prezzi dei beni energetici continuano a essere il traino dell’inflazione (con quelli dei non regolamentati in accelerazione) e le loro conseguenze si propagano sempre più agli altri comparti merceologici, i cui accresciuti costi di produzione si riverberano sulla fase finale della commercializzazione, rileva l’Istat a commento dei dati diffusi oggi. Accelerano infatti i prezzi al consumo di quasi tutte le altre tipologie di prodotto, con gli Alimentari lavorati che fanno salire di un punto la crescita dei prezzi del cosiddetto “carrello della spesa” che si porta a +6,7%, come non accadeva dal marzo 1986 (quando fu +7,2%).

fonte: Adnkronos

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