martedì,Dicembre 10 2024

Lo stupore e la fiducia

La scelta di Davide Dionigi lascia perplessi. Se il ds Gemmi vuole davvero eliminare gli alibi, c'è un solo modo: agire (e bene) sul mercato

Lo stupore e la fiducia

In un senso o nell’altro, penso che la scelta di Davide Dionigi la ricorderemo a lungo. In positivo, perché ci avrà “stupito”, o in negativo, qualora confermasse tutti i nostri pregiudizi nei confronti del nuovo allenatore rossoblù. Scrivo “nostri” perché sono molto perplesso anche io.

Provo a ricostruire, per quel che ne so, ciò che è accaduto dall’ultimo Minamò. E la premessa sarà sorprendente, ma vi assicuro di averla verificata a sufficienza, prima di scriverla. Quando il 14 giugno il Pisa e Luca D’Angelo hanno interrotto il loro rapporto, io ero sufficientemente sicuro che il nuovo tecnico del Cosenza sarebbe stato lui. Mi risultava infatti che fosse la prima scelta della società, e quando scrivo “società” intendo il proprietario, al quale pare che l’allenatore abruzzese piaccia da tempo. Faccio due più due, penso che Gemmi e D’Angelo hanno già lavorato, e assai bene, sotto la Torre pendente. E, tra l’una e l’altra cosa, mi ritrovo ad aspettare trattativa e firma come Pablo Escobar la fine della sua detenzione dorata in Narcos.

Invece Gemmi punta su Dionigi. E lo fa proprio a colpo sicuro, lasciandomi con una lista infinita di allenatori desiderabili (per il traguardo appena raggiunto e la sintonia con la piazza, senza dubbio Bisoli) o liberi (Longo su tutti) che avrei preferito di gran lunga rispetto all’ex reggino. A questo punto della mia ricostruzione, infatti, si innesta la riflessione con cui il ds si sarebbe opposto al nome di D’Angelo (Non è ancora il momento, sottinteso “per un allenatore come questo”) che mi costringe a guidarvi indietro nella nostra storia.

Nel 1999 il presidente Pagliuso riportò a Cosenza Bortolo Mutti. Si veniva da stagioni travagliate: la retrocessione di Padova, una promozione turbolenta (a febbraio Sonzogni stava per essere esonerato, nonostante il Cosenza fosse primo) e un ritorno in B agghiacciante (i Lupi che partono a razzo, la cessione di Morrone a ottobre e una salvezza agganciata all’ultima giornata, grazie a un Cesena già in vacanza). A Mutti fu garantito un biennale e, infatti, in due stagioni venne costruita una squadra, l’ultima, in grado di lottare per i piani alti.

Cosa significa allora non è ancora il momento? Significa anzitutto che Gemmi considera il suo mandato biennale, più che annuale (ne ha fatto cenno in un siparietto piuttosto divertente della conferenza stampa). Significa pure, per come la vedo io, che portare D’Angelo (ipotesi che, credetemi, pare non sia stata così peregrina) comportava costruire una squadra adeguata a un tecnico che vuole lottare per la promozione diretta. D’Angelo di oggi non è il D’Angelo del 2018, ma un allenatore che ha riportato il Pisa in B, lo ha salvato agevolmente per due anni di fila e si è arreso nella lotta promozione solo davanti al Monza. Più o meno il Mutti del 1999. Un biennio nel quale di soddisfazioni ce togliemmo parecchie.

A questo punto vi dico che, se la possibilità di portare D’Angelo (o un altro allenatore di quel livello) a Cosenza c’è stata davvero, non averla concretizzata è stato un errore. Perché il Cosenza viene da quattro stagioni in B vissute sul filo e di un nome “forte” aveva dannatamente bisogno. Ecco Dionigi, invece. Che Gemmi aveva conosciuto fugacemente a Brescia, in quei quaranta giorni ai quali il ds ha fatto riferimento in conferenza stampa quando ha detto: «Se io non sono messo nelle condizioni di decidere, si vede subito». Dionigi e Gemmi, un’estate fa, hanno trattato la rescissione del contratto, senza arrivare a un accordo. Quale scintilla possa essere scoccata durante una trattativa su clausole e postille, io sinceramente non so. Tuttavia so anche un’altra cosa. Che tutta questa tiritera sugli “allenatori leggendari” passati da Cosenza mi ha un po’ stufato. Quando Giorgi arrivò nel 1988 a Cosenza, era un paria che aveva fallito per due stagioni di fila a Brescia. Zaccheroni era reduce da un esonero a Bologna, con uno squadrone per le mani in serie C. E ricordo benissimo le smorfie di disapprovazione quando, a Cosenza, dopo quella A sfumata a Lecce, venne scelto Fausto Silipo come erede di Edoardo Reja.

È vero, Dionigi ha più esoneri alle spalle di quante corna abbia un panaro di lumache, e i miei ripetuti invece sanno di un Fantozzi che ha desiderato Sharon Stone e deve accontentarsi di Anna Mazzamauro. Però raccontiamola per intero, la sua storia (di Dionigi, intendo). Ha portato Taranto e Cremonese a giocarsi una finale e una semifinale playoff in C. Giusto ricordare i fallimenti di Reggio Calabria e Catanzaro, ma ha pure la salvezza dell’Ascoli nel 2020, rimettendo in carreggiata una squadra della quale né Paolo Zanetti (uno dei più brillanti della sua generazione) né Roberto Stellone erano venuti a capo. E poi, sì, Brescia, dove però arrivò come quarto tecnico (dopo Del Neri, Lopez e Gastaldello) e, dopo cinque giornate, gli venne fatto firmare un biennale per poi silurarlo dopo altre tre. Inoltre, farne uno Iemmello ante litteram per una rete del 1997, sinceramente, fa un po’ ridere.

Insomma, un tecnico che ne ha sbagliate molte, ma capitato spesso in situazioni limite e il cui nome è circolato anche altrove – segno che, al di là di possibili agganci di procuratori e relazioni, gli viene attribuito un valore. E un nome sul quale Gemmi si gioca dunque una grossa fetta di credibilità. Soprattutto personale, perché a Cosenza il dirigente campano cerca di rilanciarsi dopo il passo falso in terra lombarda. Dubito che un secondo fallimento lo terrebbe ancora a galla in serie B.

Per intanto, per una volta, non abbiamo sentito da un ds parole da miseria e carestia, storie di giocatori che non siamo riusciti a convincere ma frasi come se non riesci a convincere un calciatore, è colpa del ds, parole come vogliamo stupire anziché non abbiamo appeal. E soprattutto eliminare gli alibi. Parole, per carità, ma parole diverse dal solito.

“Stupire” è una parola importante in una serie B come quella che ci attende, tra corazzate retrocesse (Cagliari, Venezia, Genoa), neopromosse ambiziose (Bari, Palermo, Modena) e cadette blasonate (Parma e Spal). Stupire sarà molto difficile. O invece molto semplice, visto che questa piazza ha portato ventimila spettatori allo stadio per uno spareggio playout e viene da stagioni, attese per anni, troppo tribolate rispetto alle attese.

Su questa parola, insomma, basterà soffiare sopra da qui ai primi di luglio, con le prime mosse di mercato. Ci sarà “stupore” solo se si riuscirà ad allestire una squadra in grado di guadagnare da subito la fiducia di questa piazza. Se insomma, dietro le parole, ci sarà quella concretezza che, da queste parti, non è appartenuta né a Trinchera né a Goretti. E, come ben sappiamo, non solo per responsabilità loro.