venerdì,Marzo 29 2024

Praia, l’appello di Martina, 21enne non vedente: «Cerco amici, ho voglia di normalità»

La ragazza passa le giornate chiusa in casa, sognando una vita "normale", fatta di amicizie e piccoli momenti di felicità, ma anche di viaggi e divertimenti. Ma attorno a lei, fatto salvo per i famigliari, c'è il vuoto

Praia, l’appello di Martina, 21enne non vedente: «Cerco amici, ho voglia di normalità»

Martina Iseppetto, 21enne di Praia a Mare, da qualche tempo si trova a fare i conti con la solitudine e il senso di abbandono. La sua mente ritorna costantemente a quel 12 gennaio di nove mesi, quando nel giro di poche ore ha perso il suo papà, l’uomo che per tutta la vita l’aveva tenuta per mano e aiutata a conoscere il mondo. Pietro, così si chiamava l’adorato genitore, è stato la sua ombra fino all’ultimo dei suoi respiri.

Martina è affetta da cecità sin dalla nascita e con lui aveva esplorato ogni cosa, girato ogni luogo e conquistato traguardi importanti. Quando l’uomo si è spento in una stanza d’ospedale, la figlia è sprofondata nell’angoscia e subito dopo ha capito che niente sarebbe stato più lo stesso. Martina passa le giornate chiusa in casa, sognando una vita “normale”, fatta di amicizie e piccoli momenti di felicità, ma anche di viaggi e divertimenti. Ma attorno a lei, fatto salvo per i famigliari, c’è il vuoto.

I pochi amici che riesce a conquistarsi spariscono ogni qualvolta chiede di passare qualche giorno fuori, come se nessuno volesse prendersi la responsabilità di portarla al di là delle mura di casa. Martina è convinta che si tratti di un atteggiamento frutto del pregiudizio nei confronti di chi, come lei, è affetto da cecità. «Ma io sono una persona normale – dice con convinzione – non ho niente che non vada. A parte vedere, posso fare tutto». Così ha deciso di rendere pubblica la storia e chiedere maggiore inclusione sociale.

Chi è Martina Iseppetto

Ultima di cinque figli, Martina nasce e cresce a Praia a Mare, circondata dall’amore dei fratelli e delle sorelle, di mamma Dora e papà Pietro. Si appassiona alla musica e scopre di avere del talento. Prima comincia a cantare e a partecipare ai concorsi canori, raccogliendo le prime soddisfazioni, poi comincia a suonare diversi strumenti, da autodidatta, tra cui la tastiera e la fisarmonica.

Frequenta il liceo musicale, dove affina le sue potenzialità, e nel frattempo comincia ad esibirsi nei locali. Il papà la guida e le garantisce costantemente assistenza, è l’estensione del suo corpo. Il 12 gennaio scorso, però il tempo si ferma: Pietro si sente male e si spegne nel giro di qualche ora. Senza il suo amato papà, la 21enne si chiude in casa. A farle compagnia ci sono tanti animali domestici, ma ben presto si rende conto che quel vuoto che sente dentro non può essere colmato in alcun modo. Martina vorrebbe uscire per divertirsi e svagarsi, ma, famigliari a parte, non c’è nessuno che si prenda cura di lei o che la coinvolga in qualche iniziativa.

Voglia di normalità

Martina non ha bisogno né dello sguardo impietosito della gente né di pacche sulla spalle o parole di circostanza. Martina ha bisogno di vivere appieno la sua vita, con amici veri, quelli di cui in questo momento sente fortemente la mancanza. «Capita spesso che io stringa delle amicizie – dice – ma quando capiscono che io ho voglia di divertirmi, di viaggiare, di uscire fuori dal mio paese, è come se le persone non volessero prendersi la responsabilità di portarmi con sé». Come se Martina fosse un peso. E così la gente sparisce, a differenza dei pregiudizi. «Secondo una certa mentalità, i ciechi devono stare solo con altri ciechi. Io non sono d’accordo».

Guai, poi, a parlarle di disabilità. «E’ una parola che non mi piace. Disabile in che senso? Ci sento benissimo, parlo, cammino, ho mille interessi. Cos’è che non riesco a fare?». Tanto è vero che una delle sue più grandi passioni è andare al cinema, per godersi un bel film, possibilmente una serie animata. «Nessuno deve spiegarmi niente, grazie ai dialoghi riesco a capire perfettamente cosa sta accadendo». Anche perché la fantasia non le manca. «Ho scritto molte poesie, ora sono impegnata nella stesura di un libro per bambini, dovrebbe essere pronto per dicembre».

Insomma, la cecità non può essere considerata un limite. «Al contrario, io ho tanto da dare. Anche io potrei aiutare gli altri, ascoltare, dare consigli. Ma soprattutto ho voglia di vivere una vita normale perché io sono una persona normale». E magari poter smettere una volta per tutte di sentirsi un peso in una società che insegue un’effimera idea di perfezione.

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