La storia del Natale di sangue a Cerchiara e il mistero del fucile
L'antropologo Caravetta ha scovato questa testimonianza nerissima datata 1951 che narra di gelosie e misteri nel giorno più sacro dell'anno
Questa storia di Natale fu bagnata dal sangue e da mistero. Tutto si svolse in una fredda giornata di festa. La racconta l’antropologo Francesco Carravetta nei suoi “Antichi delitti”. Siamo a Cerchiara, è il 25 dicembre del 1951 e in casa Armentano-Vita si festeggia perché non solo è il sacro giorno di Natale ma è anche il giorno del fidanzamento tra due giovani del posto: Giuseppina e Pietro.
Tutto va per il meglio, c’è cibo in abbondanza e anche vino nei bicchieri di quello conservato per le occasioni. Accade che fa il suo ingresso nella casa di contrada Capraro, tale Antonio Lorenzo Natale (nomen omen), un giovane di appena 23 anni, cugino di Giuseppina. Il suo ingresso desta preoccupazione perché egli si presenta anziché con un presente con un fucile a spalla. Antonio alza la mano per rassicurare chi gli si avvicina chiedendo spiegazioni: «Non c’è da preoccuparsi – dice -è scarico». Così lo appoggia a un muro e chiede per tre volte, al Capo Ballo, Luigi Aloe, il permesso di danzare. Ma le sue insistenze iniziano a infastidire tutti. Così, seccato, riprende il fucile, saluta e va via.
Quello che accade in seguito è ancora avvolto dal mistero. Quello che è certo è che qualcuno ci rimette le penne. Mentre tutti accorrono fuori, richiamati dalla detonazione, il corpo sanguinante di Antonio Ruscelli, è agonizzante per terra. Il ferito viene caricato su un camioncino e trasportato all’ospedale. Le sue condizioni appaiono da subito molto gravi. Prima di spirare, il giovane risponde alla domanda del medico che gli chiede del colpevole. Lui farfugliando indica in Antonio Natale, l’uomo col fucile, il responsabile. «Ma è stato scasualmente – dice – è partito un colpo». Sono le sue ultime parole. Sembra proprio che si sia trattato di una disgrazia. Eppure, dopo alcune indagini, inizia a emergere una verità molto diversa. Pare che Antonio Natale nutrisse un certo risentimento nascosto nei confronti della vittima che aspirava a conquistare il cuore di sua sorella. Questo sarebbe un movente. Ma in queste storie, si sa, il diavolo si nasconde non solo nei dettagli ma anche nei passaparola. Così si fa strada anche l’ipotesi che il Natale si sarebbe difeso da un’aggressione del Ruscelli inviperito da avances mosse nei confronti della cugina, la promessa sposa Giuseppina Armentano. Com’è finita questa storia? Con una sonora condanna. Il 13 dicembre, la Corte ritiene l’imputato colpevole del reato di omicidio preterintenzionale e lo condanna a 7 anni e 2 mesi di reclusione. Un Natale che nessuno dimenticò mai.