Pensiero stupendo
Il Cosenza torna in campo senza aver ancora chiuso un vero “colpo” di mercato. A bloccare le operazioni il fallimento del “progetto Gemmi” e i nodi della gestione Guarascio, che tornano purtroppo di nuovo al pettine
Riprende il campionato e io non so cosa mettermi. Parafrasando un famoso monologo degli anni Settanta, mi trovo nella singolare situazione di non saper davvero come analizzare il tempo trascorso dall’ultimo Minamò. A due settimane dall’inizio del mercato di riparazione, la “montagna” Gemmi è riuscita infatti a partorire il “topolino” Micai. Va detto che, anche tra le squadre in lotta per non retrocedere (Cittadella a parte), poco s’è mosso finora: Spal, Perugia, Como e Benevento sono ancora ferme al palo, il Venezia ha preso il solo Jajalo.
Il lessico non mente mai e se i nostri avi hanno battezzato quello di gennaio (e, fino agli anni Novanta, di ottobre) mercato di riparazione un motivo ci sarà. Non ci si presenta alle trattative con l’acqua alla gola e mezza squadra da cambiare. Che invece è quello che sembra stia per avvenire in riva al Crati.
Fanno quasi tenerezza, a questo punto, le parole pronunciate da Gemmi a chiusura della sessione estiva. Che, vale la pena ricordarlo, stavolta non aveva nessuna spada di Damocle sulla testa: non c’erano cioè riammissioni da attendere o tempi stretti causa pandemia, e il ds stesso è in carica da giugno. Sono curioso di scoprire il potenziale di questa rosa, disse, difendendo la scelta di aver puntato su Gozzi e Panico (appena ceduto in prestito alla Feralpisalò) sulla corsia sinistra. Anche le parole venire a Cosenza dev’essere un orgoglio e, se qualcuno è titubante, meglio resti dov’è stridono con un corteggiamento nei confronti di Fiordilino e Capezzi che ormai rasenta i toni melodrammatici di Someone like you.
Il prototipo del calciatore che si muove a gennaio in serie B è molto particolare. Di solito ha giocato a poco nel girone d’andata (Embalo nel 2019, per restare ad esempi in rossoblù), ha problemi con la piazza o l’allenatore (Asencio nel 2020). Ha bisogno, insomma, di rilanciarsi (Casasola, ancora nel 2020). E dunque è lui stesso a orientare la scelta, perché alla società che cede (o presta) spesso basta liberarsene. In molti casi, per dirla con Ella Fitzgerald, non conta tanto da dove viene, ma dove vuole arrivare (pensiamo a Camporese lo scorso anno o a Sciaudone nel 2019).
In questa sessione però il Cosenza sconta tre problemi (e nessuno davvero nuovo). Il primo è all’origine ed è la gestione Guarascio: si contano sulla punta delle dita di una mano i calciatori valorizzati negli ultimi anni. Meno ancora quelli valorizzati e, poi, trattenuti. Quindi un calciatore sa che a Cosenza non ci sono progetti a media scadenza. Si dirà ma figurati se vengono in una squadra all’ultimo posto, ed è sbagliato. Perché all’ultimo posto ci si può anche ritrovare (e non sono poche le squadre che, date per spacciate a gennaio, in maggio hanno festeggiato la salvezza), ma non dopo quattro stagioni a giocare col fuoco. Il problema è la gestione generale: in quel caso, essere fanalino di coda diventa la cartina di tornasole.
Il secondo problema è avere alla guida un allenatore all’esordio in serie B. Lo dico senza cattiveria (che lascio volentieri alle tante vedove di Dionigi), ma è chiaro che non abbiamo a disposizione la classica telefonata con cui un tecnico carismatico spazza via gli ultimi dubbi di un giocatore che tentenna. Magari uno come Bisoli (e volo basso) avrebbe avuto altro effetto.
Il terzo problema è, purtroppo, Gemmi. Dico purtroppo perché ne avevo sponsorizzato (e molto) l’arrivo in estate. L’ultimo posto e le prime mosse di mercato certificano infatti il fallimento del lavoro estivo. E l’ultima cosa che può permettersi un calciatore che deve rilanciarsi è associare il proprio nome a una piazza che sta sull’orlo del baratro. Inoltre, aver cominciato la sessione cercando di piazzare gli esuberi non è stato il massimo. E faccio notare che tutti, da Panico, Vallocchia e Camigliano (gli affari fatti) a Merola e Brignola (quelli che si cerca di mandare in porto) tutti hanno mercato solo in serie C. Un motivo ci sarà.
Insomma, di quel verbo stupire che Gemmi indicava come la stella polare della stagione non resta nulla. È arrivato Micai, ed è un bene, ma in una lista di priorità sarebbero stati altri i ruoli ad avere più urgenza. Due titolari a centrocampo da affiancare a Florenzi, due o tre difensori e un attacco intero, visto che Larrivey non ha più di mezza partita nelle gambe, Zilli è stato gestito male e Nasti avrebbe bisogno di una gradualità d’inserimento che non possiamo permetterci.
Dunque il mercato di gennaio per il Cosenza avrebbe avuto un senso solo presentandosi subito con un botto. Un colpo che, prima dell’Epifania, dicesse a tutti che sì, siamo ultimi, ma ci bastano due vittorie in quattro gare per tirarci fuori. Questa serie B sarà strana, perché se davvero due o tre squadre nei bassifondi si rialzano, la classifica si ancora più corta di quel che è. Stavo per scrivere che rosicchiare subito tre punti al Benevento sarebbe cosa buona e giusta, ma facciate finta che non l’abbiate letto.
Il mio pensiero stupendo, pertanto, si riduce alla speranza che questa agonia finisca presto. Vorrei cioè che il mercato invernale fosse già archiviato, pur di non assistere ad altre due settimane di ore decisive per Fiordilino e si stringe per Capezzi, prima di veder arrivare il Mario Prezioso di turno. Oppure che Gemmi mi smentisca e faccia finalmente il suo dovere (c’è finora un solo giocatore che ha portato a Cosenza di cui possiamo dirci pienamente soddisfatti?), che è quello di costruire una squadra adatta alla categoria. E che la presidenza gli fornisca le risorse per farlo, se le interessa mantenerla.
E trovo insopportabile che questo scivolamento (copyright Occhiuzzi) avvenga in un clima di spalle strette e impunità generale, di risolini complici perché e che non lo sai che Guarascio è così?, nella balorda sensazione indotta che in fondo questo ci meritiamo, siamo una piazza di serie D (fatemi la cortesia: a questa gente cominciate a rispondere ma ci sarete voi, di serie D), nell’incapacità di pretendere (e ribadisco: pretendere) risposte (e ribadisco: risposte) da presidente e direttore sportivo sulla catena infinita di castronerie nel loro operato – anziché mendicare una soffiata sulle possibili destinazioni di Kongolo.
Perché, intendiamoci, sbagliare un’intera sessione di mercato è un errore, e pure grave (perché, almeno in B, è la quarta volta consecutiva), ma un errore resta. Per gli errori non si crocifigge nessuno. Degli errori però si chiede conto, gli errori si analizzano e si pretendono anche gli spazi pubblici dove questa analisi possa (debba) avvenire. Altrimenti gli errori servono solo ad autoassolvere sia chi li ha commessi, sia chi avrebbe dovuto analizzarli. E rende gli uni complici degli altri.