domenica,Marzo 26 2023

Autonomia differenziata, un cavallo di troia che ci riporta allo Stato pre-unitario

La Lega Nord procede spedita nel suo strisciante disegno secessionista, il punto di vista dell'associazione cosentina "Città & Futuro"

Autonomia differenziata, un cavallo di troia che ci riporta allo Stato pre-unitario

Riceviamo e pubblichiamo la riflessione di Franco Arnone dell’associazione Città & Futuro di Cosenza.

La Lega Nord con le sue note ambiguità, subdole, sull’autonomia aifferenziata, procede speditamente nel suo disegno secessionista strisciante. L’approvazione del disegno di legge Calderoli nel Consiglio dei Ministri del 2 febbraio scorso, sancisce il primo passo verso una riforma divisiva per l’Italia. Il testo di legge approvato, sebbene sia stato modificato rispetto alla prima bozza e che riporta solo dei principi generali che dovranno trovare sbocco nelle norme attuative, tutte da predisporre ed approvare successivamente, non fa altro che aumentare lo stato di diffidenza di chi ha a cuore le sorti dello Stato unitario.

Le procedure previste nel testo, dalla realizzazione dei Lep in sei mesi, da parte della cabina di regia, istituita con la legge di Bilancio 2023, alla ricognizione della Spesa storica degli ultimi tre anni (perché 3 anni se la spesa storica esiste da diversi decenni?) sostenuta dallo Stato sul territorio di ogni Regione per ciascuna funzione, che poi dovranno essere trasfusi nei successivi sei mesi in uno o più Dpcm, appaiono funzionali ad una visione “privatistica” della maggioranza al governo, in quanto relegano il passaggio parlamentare ad un solo parere consultivo. Così come l’invarianza finanziaria della riforma a costo zero per il Bilancio dello Stato, cioè dall’applicazione della legge e della intese con le singole regioni non dovranno derivare nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica, non pone seri dubbi su una vera rimozione delle diseguaglianze perpetrate per lunghissimi anni, col sistema dei trasferimenti statali basati sulla spesa storica?

Insomma un progetto di un profondo cambiamento del Paese con riflessi economico-sociali davvero importanti per tutti i cittadini soprattutto meridionali, non vede i nostri parlamentari e i partiti attivamente impegnati a dibattere e a incidere sull’opinione pubblica che appare disinformata e assente. Questa associazione auspica che si possano organizzare iniziative pubbliche a partire dall’Amministrazione Comunale e con la partecipazione attiva dei parlamentari meridionali. E’ ormai indispensabile aprire finalmente un dibattito su ciò che ha rappresentato il regionalismo in Italia nei 50 anni dalla sua istituzione, poiché viene spontaneo chiedersi se prima di ampliare e rafforzare i poteri alle Regioni, non sarebbe più sensato ed utile per il Paese, fare un’approfondita analisi ed un bilancio sull’autonomia regionale.

Le Regioni:
1) Hanno semplificato o reso più efficiente l’amministrazione dello Stato o piuttosto lo hanno complicato, producendo centinaia di società partecipate inefficienti ai soli fini clientelari ?
2) Non hanno moltiplicato il personale politico con qualche migliaio di consiglieri regionali e centinaia di assessori e 20 cosiddetti “governatori”?
3) Le due deleghe più importanti della sanità e formazione orofessionale sono state assolte nel migliore dei modi, o piuttosto sono il simbolo del fallimento dei loro compiti istituzionali?
4) Il divario Nord-Sud si è ridotto dalla costituzione dello Stato unitario del 1870, che fatto 100 il reddito pro-capite nazionale, il Nord era 110 ed il Sud 90, o piuttosto è peggiorato notevolmente dopo 50 anni di regionalismo, portando il Nord a 120 ed il Sud a 65!? (cfr. Piero Bassetti, primo presidente della Regione Lombardia, al cinquantenario dell’istituzione delle regioni).
5) L’enorme debito pubblico italiano non è aumentato smisuratamente dopo la loro istituzione, con lo Stato che paga a piè di lista mediante l’anomalo criterio della spesa storica ormai instaurato da lunghi decenni dai poteri politici più forti del Nord?
6) Non hanno forse rappresentato l’allontanamento del cittadino dall’interesse verso la cosa pubblica, ovvero la farraginosità burocratica vissuta come distanza dal cittadino, impedendo di fatto di stare al passo con le vere esigenze della società civile?
7) insomma hanno svolto le regioni le funzioni istituzionali di programmazione, legislazione, indirizzo e controllo demandate dalla Costituzione, ovvero hanno più precipuamente svolto attività di gestione? O davvero dobbiamo pensare che si possa pervenire ad una riforma dello Stato in senso federalista sul modello tedesco o statunitense?

La proposta Calderoli di rafforzamento dei poteri regionali chiarisce questi punti interrogativi, o piuttosto è un passaggio di poteri pasticciati che aggravano la disunione e la frammentazione del Paese, a causa della spinta corporativa di un partito del Nord che tenacemente non vuole rinunciare al suo originario fine della separazione di fatto? Si aggiunga inoltre la discussione sul presidenzialismo rientrante nel programma di governo della Meloni e del suo partito e come potrebbero conciliarsi le due riforme. L’accentramento politico del presidenzialismo va in sintonia col l’aumento dei poteri regionali? La doppia manovra rischia di scardinare il nostro assetto costituzionale di repubblica parlamentare.

Si potrebbe produrre uno Stato più autoritario con il rischio di più gravi differenze territoriali. Siamo davvero curiosi di capire come le due cose possono integrarsi senza causare un enorme danno per il Paese. Questa associazione Città & Futuro ritiene ormai improcrastinabile una profonda riflessione ed un ripensamento sull’autonomia regionale differenziata.

Solidarizza con il Coordinamento calabrese per la campagna ddl Villone ed auspica di fare rete con le altre associazioni presenti sul territorio che hanno a cuore una tematica così strategica per le sorti dell’intero Paese.
La parola passa ai nostri rappresentanti dei diversi orientamenti politici. Il nostro pressante invito è quello di provare a smuovere l’inerzia della classe dirigente e l’indifferenza dell’opinione pubblica.

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