giovedì,Marzo 28 2024

Come una volata (o una roulette russa)

Fanalino di coda in una classifica che racchiude nove squadre in cinque punti, il Cosenza va incontro a un calendario difficilissimo. Il mercato sembra aver colmato alcune lacune. Non tutte. Non abbastanza per prepararsi a un probabile arrivo di gruppo

Come una volata (o una roulette russa)

Vi hanno mai entusiasmato gli arrivi in volata? A me no. Nel ciclismo ho sempre preferito (e seguito con gli occhi incollati alla tv) tutte le tappe di montagna: gli scatti su Mortirolo e Alpe d’Hues, le fughe da lontano dei passisti. Eppure, col tempo, ho scoperto che il talento dei velocisti nasconde una disciplina particolare. Restare nascosti nel gruppo, uscire al momento opportuno, farsi tirare in testa dalla squadra, scegliere la scia giusta negli ultimi cinquecento metri. Ché, insomma, lo sprint finale non è altro che la messa in scena conclusiva di una strategia più lunga e complessa. Tipo Mario Cipollini a Zolder.

Se la conferenza stampa di fine mercato fosse una tappa di questo tipo, Roberto Gemmi sarebbe il direttore sportivo che, a dieci chilometri dal traguardo, è costretto a cambiare tutto: dal ciclista su cui puntare all’arrivo, fino alle biciclette e alle moltipliche dei corridori. Per sua stessa ammissione, la sessione invernale del Cosenza è partita da un fallimento: quello della sessione estiva. Non c’era ovviamente bisogno dei discorsi pubblici per accertarlo. Parlano le destinazioni finali dei calciatori ceduti: non ce n’è uno (a parte Larrivey) che sia rimasto in serie B. Quelli presi in estate non hanno reso per quello che speravamo, la frase stringata con cui il direttore sportivo ha analizzato l’ultimo posto in campionato, rivela anche quel ch’è stato il mercato estivo: una serie infinita di scommesse. Troppe, perché potessero andare tutte in porto.

L’usato sicuro è stato quindi il filo rosso del mercato di riparazione. Micai, Marras, D’Orazio e Finotto sono tutti elementi che conoscono bene la categoria. L’arrivo del portiere della Salernitana ha risolto i problemi tra i pali e dato maggiore sicurezza al reparto difensivo. Dove l’ingresso di D’Orazio ha tappato quella falla sulla fascia sinistra che ci ha accompagnato per l’intero girone d’andata. A centrocampo si è scelto di puntare sulla “regia occulta” di Florenzi. Anziché cercare un’alternativa a Calò, finora molto al di sotto delle aspettative minime, l’idea tattica sembra essere un 4-2-3-1, con Nuciddra a cercare l’intesa con i trequartisti (quella con Marras ha portato in dote il gol vittoria col Parma) per inserirsi tra mediana e attacco come Saronni a Goodwood.

Fin qui il mercato di riparazione ha avuto una sua logica: operazioni a basso costo (e quando mai…) per risolvere problemi che, purtroppo, da queste parti si segnalavano già a settembre. Logica che, tuttavia, salta per aria in attacco. L’idea di inizio stagione era quella di un Larrivey chioccia per Nasti e Zilli. L’esperimento non ha mai funzionato. Le trentotto primavere del Bati si sono fatte sentire, Zilli è stato marginalizzato e Nasti finora non ha dimostrato granché (almeno a me, perché invece Viali continua a puntare soprattutto su di lui). Risultato: Larrivey si accasa al Sudtirol quarto in classifica e, al suo posto, arrivano Zarate e Delic. Attaccante valido il croato, secondo Gemmi, ma tutto da verificare (in tempi stretti e in una situazione difficile: non le migliori condizioni possibili, insomma, per noi e per lui). Esperto e navigato l’argentino, che in tutta la sua carriera è andato però in doppia cifra solo due volte, entrambe negli anni Zero, con Velez e Lazio. Per caratteristiche fisiche un fantasista d’attacco più che un bomber vero, come testimonia anche l’impiego che ne ha fatto il Platense (dove il minutaggio di Zarate, da giugno a ottobre, è gradualmente sceso).

Dunque, con tutta evidenza, una nuova scommessa. Doppia. Che non ha smosso di un millimetro la contestazione in corso da parte della tifoseria. Perché la scommessa appare persino più azzardata rispetto agli anni scorsi, visto che questa lotta retrocessione ha tutta l’aria di anticipare proprio un arrivo di gruppo in volata. La divisione in tronconi mi sembra definitiva: sopra i trenta punti, con poche eccezioni, si lotterà per i playoff. E questa, numeri alla mano, non è una novità. Lo è invece il fatto che a quindici giornate dalla fine non ci siano ancora vittime sacrificali. Nelle ultime stagioni a questo punto erano almeno due o tre le squadre sotto quota 20 e, dunque, più o meno già condannate alla retrocessione. Con i nostri attuali 22 punti, nei precedenti campionati, il Cosenza avrebbe occupato quasi sempre il quartultimo posto. Oggi, invece, è il fanalino di un gruppone di nove squadre nel giro di cinque punti. Tra queste il Perugia con la cura Castori sembra aver imboccato la strada giusta, mentre Benevento e Brescia appaiono sempre più nel caos. Difficile azzeccare il pronostico sin da ora, ma non mi sorprenderebbe una lotta salvezza dove tutte restino matematicamente in gioco fino all’ultimo. A meno di Bradbury moments. Anche a campionato concluso.

Il calendario dice che, da qui a fine marzo, il Cosenza affronterà cinque formazioni di prima fascia: Bari, Sudtirol, Reggina, Genoa e Frosinone. Nel mezzo due scontri diretti: Como e Spal. Se ci si vuole provare a salvare, bisogna battere qualche colpo in queste sette gare. Perché il ciclismo insegna che non uscire dal “gruppone” al momento giusto per la volata condanna alla sconfitta.

Il rischio che vedo, invece, è che le cinque lunghezze che oggi ci separano dal Cittadella (dodicesimo) diventino (al massimo) la distanza tra l’ultimo posto (nostro) e la zona playout.  Una situazione che, matematicamente, ci terrebbe a galla fino ad aprile, quando il calendario mette in fila per noi cinque scontri diretti per giocarsi la salvezza: Cittadella, Perugia, Brescia, Venezia e Ascoli. Cinque potenziali spareggi, insomma. O, se preferite, una roulette russa. Alla quale, mi pare, siamo abituati purtroppo da un decennio.

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