Spaccio di droga a Rende, un uomo finisce in carcere. «Non punibile» la compagna
Dietro le sbarre il compagno, mentre la donna ha dimostrato la sua estraneità alla presunta attività illecita. Ecco cosa scrive il gip del tribunale di Cosenza
Finisce in carcere con l’accusa di spaccio di droga un uomo di Rende, Andrea Arena, arrestato nei giorni scorsi dai carabinieri di Rende, al termine di una perquisizione domiciliare effettuata nel corso della notifica di un provvedimento di aggravamento della misura cautelare per fatti precedenti a quelli contestati di recente.
Nell’appartamento durante il controllo vi era anche la compagna del soggetto che in un primo momento è stata sottoposta a misura cautelare a causa del ritrovamento nel vano cucina-soggiorno, all’interno di una madia, di un involucro di cellophane contenente 7 grammi lordi di cocaina, di un involucro termosaldato di 5,32 grammi lordi di cocaina, di una bustina in cellophane con all’interno 15 involucri termosaldati (cosiddette ciliegine) del peso lordo di 0.5 grammi cadauno per un peso totale di 7,5 grammi, di un bilancino di precisione perfettamente funzionante, nonché di una busta in cellophane recante fori circolari.
Ma la perquisizione domiciliare è proseguita anche nella stanza da letto, dove i carabinieri hanno trovato 24mila euro in contanti, rivendicati come propri dalla donna, la quale, nell’interrogatorio di convalida, ha dimostrato (secondo il giudice) la provenienza del denaro.
La stessa donna ha chiarito che non era a conoscenza della presenza della cocaina in casa, mentre Arena ha ammesso le sue responsabilità di assuntore, escludendo il coinvolgimento nelle presunte attività illecite della compagna di vita. La donna, tuttavia, poteva essere consapevole di cosa facesse il merito, come evidenziato dal giudice nelle motivazioni edotte contro l’indagato, ma di questo non poteva e non può rispondere dal punto di vista penale.
Il gip Manuela Gallo scrive: «In conclusione, si ritiene che gli elementi fin qui acquisiti nel corso delle indagini non siano univocamente probanti della partecipazione concorsuale» della donna
«all’attività illecita di Arena, ma piuttosto siano compatibili con una connivenza non punibile».
Se per la donna non sussistono i gravi indizi di colpevolezza, al contrario, per l’uomo la misura più idonea, a dire del giudice cautelare di primo grado, non può che essere quella della custodia in carcere. Entrambi sono difesi dall’avvocato Antonio Quintieri.
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