Inchiesta Covid a Bergamo, i pm: «La zona rossa avrebbe salvato almeno 4mila persone»
L'ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte e l'ex ministro della Salute Roberto Speranza, sono indagati in concorso con altre 13 persone
Non avere istituito la «zona rossa» nei comuni della Val Seriana, inclusi Alzano Lombardo e Nembro, «nonostante l’ulteriore incremento del contagio in Regione Lombardia registrato» il 29 febbraio e il 1 marzo 2020 e nonostante «l’avvenuto accertamento delle condizioni che, secondo il cosiddetto “piano Covid”, corrispondevano allo scenario più catastrofico» ha causato «la diffusione dell’epidemia da Sars-Cov-19 in Val Seriana, inclusi i comuni di Alzano Lombardo e Nembro» si legge nell’avviso di conclusione indagini della procura di Bergamo, che stima «un incremento non inferiore al contagio di 4.148 persone, pari al numero dei decessi in meno che si sarebbero verificati in provincia di Bergamo, di cui 55 nel comune di Alzano e 108 nel comune di Nembro, rispetto all’eccesso di mortalità registrato in quel periodo, ove fosse stata estesa la zona rossa a partire dal 27 febbraio 2020».
L’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte e l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, sono indagati in concorso con altre 13 persone, tra cui il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, per avere «in cooperazione colposa tra loro cagionato per colpa la morte» di 55 persone, di cui la procura di Bergamo elenca i nomi nell’avviso di conclusione indagini.
L’allora capo della protezione civile, Angelo Borrelli, l’ex assessore al Welfare di Regione Lombardia Giulio Gallera, il presidente dell’Istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro, l’ex direttore del welfare lombardo Angelo Cajazzo e Claudio D’Amario, direttore generale della prevenzione sanitaria del ministero della Salute, sono indagati dalla procura di Bergamo per epidemia colposa per non avere, in concorso tra loro e con l’allora ministro della Salute Speranza, per cui procede il tribunale dei ministri, rispettato le indicazioni del piano pandemico, nonostante «la raccomandazione di Oms del 5 e del 23 gennaio 2020; l’allerta di Oms e Paho (Pan American Health Organization) del 20 gennaio 2020; la dichiarazione del 31 gennaio 2020 con la quale il Direttore Generale di Oms dichiarava che il coronavirus rappresentava un’emergenza internazionale di sanità pubblica» e i documenti dell’Oms del 2014 e del 2017, si legge nell’avviso di conclusione indagini della procura di Bergamo.
fonte: Adnkronos
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